La parola del papa e dei vescovi - 46

OMELIA NELLA MESSA PER IL RITORNO DELLE SALME DI ALCUNI CADUTI IN RUSSIA

Basilica di S. Petronio
Sabato 15 febbraio 1992



Con una celebrazione mesta e commossa noi accogliamo questi fratelli nella nostra e nella loro terra; nella terra da cui mezzo secolo fa erano partiti fiorenti di giovinezza e pieni di una voglia di vivere che non sarebbe stata esaudita.
E’ una celebrazione che tocca l’animo di tutti e specialmente consola i credenti, perchè ravviva la persuasione, offertaci dalla parola di Dio, che i nostri caduti vivono nella luce eterna e che l’offerta del sacrificio eucaristico a loro favore è "un’azione nobile e buona", suggerita dal pensiero della risurrezione (cfr. 2 Mac 12,43-44).
Ci consola anche se non vince la pena e la tristezza suscitate in noi dal pensiero di quanto sia stata amara la loro sorte.
Questi giovani sono stati doppiamente vittime: vittime prima di una cieca volontà di potenza e di aggressione, che si è avvalsa dei loro giusti e fiduciosi sentimenti di lealtà civile e di amor di patria per lanciarli in un’avventura ingiusta e senza speranza; vittime poi di una incredibile e inutile disumanità, che per tanti anni ha negato alle famiglie perfino il poco conforto di piangere sui loro poveri resti, e anzi così a lungo le ha lasciate nella tremenda e insopportabile angoscia di non avere alcuna notizia.
Troppo abbiamo aspettato di compiere questo rito. Perciò non possiamo reprimere in noi la domanda: se sono potuti arrivare adesso, perchè non sono arrivati prima? Quale assurdo calcolo politico, quale ideologia impermeabile a ogni pietà ha potuto ostacolare l’adempimento di un gesto, che le genti di tutte le epoche e di tutte le fedi hanno sempre ritenuto sacro e non ricusabile?
Sono arrivati tardi, ma sono arrivati. Ed è doveroso esprimere gratitudine e plauso a quanti - di ogni nazionalità e condizione - si sono a vario titolo adoperati perchè quest’ora di preghiera e di santa emozione ci fosse consentita.

A tutti - a noi, ai parenti, agli uomini responsabili dei destini umani - il Signore Gesù ha una parola da dire.
A voi, che sui vostri cari avete ormai pianto tutte le vostre lacrime, ma ancora siete afflitti e avete nel cuore qualche ferita che non cessa di gemere, egli assicura: sarete consolati (cfr. Mt 5,4). Sarete consolati almeno nella vita futura, quando vi saranno restituiti gli affetti di cui siete stati derubati e si ricomporrà ogni lacerazione di cui avete patito.
A tutti noi, che siamo tentati talvolta di violenza e di ribellione di fronte all’iniquità e alle prevaricazioni in cui ci imbattiamo, egli ricorda: "beati i miti, perchè erediteranno la terra della promessa (cfr. Mt 5,5).
A questi morti, che hanno tragicamente concluso la loro breve esistenza avendo dentro un’acuta e insaziabile fame e sete della giustizia, egli si fa garante: "sarete saziati" (cfr. Mat 5,6). Anzi già siete stati saziati perchè già fate l’esperienza dei nuovi cieli e della nuova terra in cui, secondo la promessa di Dio, la giustizia ha la sua stabile dimora (cfr. 2 Pt. 3,13).
A quanti nel nostro popolo avvertono ancora i morsi del rancore e dell’odio, il Figlio di Dio, che è morto innocente pregando per i suoi uccisori, rivolge l’esortazione al perdono: "beati i misericordiosi, perchè troveranno misericordia" (Mt 5,7).
A tutti - ma particolarmente a colore che sono in grado di influire efficacemente sui comportamenti delle nazioni - propone di farsi artefici di solidarietà e di concordia, perchè il mostro della guerra non torni più a percorrere e a insanguinare le nostre contrade: "Beati gli operatori di pace, perchè saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,9).

  Tu, che sei vita e luce di tutti,
  guarda ai tuoi figli
  che vivono nel rimpianto e nella pena del cuore;
  fa’ che ci sentiamo rasserenati dalle certezze
  donateci da Gesù,
  il crocifisso Salvatore del mondo,
  e ricongiungi in una famiglia finalmente felice
  quanti sono stati quaggiù tormentati e divisi.
  Amen.

La parola del papa e dei vescovi
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