Ai cari e lagrimati Sacerdoti che lungo i tristissimi giorni della guerra e dopo avvenutane la fine tanto desiderata sono caduti vittime di morte violenta, si aggiungeva ieri Don Giuseppe Rasori, Arciprete-parroco di Casola S. Martino, da 38 anni pastore zelante di quel piccolo gregge, dove aveva profuso la sua attività per il bene spirituale e materiale della sua Chiesa e del suo popolo: ne abbiamo visitato la salma composta nel sonno della morte, provando una immensa, indicibile costernazione.
Troppe volte già - fin dal nostro primo grave monito del 21 ottobre 1944, reso pubblico nel Bollettino della Diocesi (pag. 157) - abbiamo intimato le terribili sanzioni della Chiesa contro coloro che si rendono colpevoli in qualunque modo di violenza contro la sacra persona di Sacerdoti o di Chierici, dichiarando incorrere nella scomunica riservata al Vescovo secondo il can. 2343, pena gravissima che separa dalla vita della Chiesa e priva di tutti i beni spirituali; pena non mai caduta invano, come attesta la Storia, su quanti l’hanno incorsa. Oggi col cuore straziato dal più forte dolore paterno dobbiamo nuovamente intimarla su quanti si sono resi colpevoli dell’atto sacrilego ed inumano ieri compiuto.
Ma purtroppo innanzi al ripetersi di essi - lo confessiamo - ci manca quasi la parola, perchè‚ vediamo che disgraziatamente il sangue non cessa di essere versato da mani fratricide e perfino patricide, quando si tratta di Sacerdoti che sono i padri delle anime e ci chiudiamo sgomenti nel triste pensiero che i castighi di Dio non debbano cadere terribili su tutti, se la sete di sangue di menti sconvolte e traviate dovesse continuare a seminare vittime e se non ci levassimo concordi a farla cessare; e nel tempo stesso non sentissimo tutti il dovere di placare la divina giustizia senza dubbio provocata da questi orribili delitti.
Mentre dunque ci rivolgiamo agli uomini, supplicandogli a voler spegnere questi odii fraterni che armano le mani all’uccisione dei fratelli e degli stessi padri, ci rivolgiamo a Dio misericordioso per impetrare e pietà e grazia di conversione.
In tutte le Parrocchie e Chiese dell’Archidiocesi ordiniamo perciò che nelle prossime tre domeniche - 7, 14, 21 luglio - adunato il popolo in ora conveniente, esposto il SS.mo Sacramento si recitino le litanie dei Santi, si canti il Miserere con i tre Oremus: Deus cui proprium est misereri -- Deus qui culpa offenderis -- Omnipotens sempiterne Deus - che sono al termine delle litanie stesse; si canterà pure il De profundis con la orazione: Deus qui inter apostolicos Sacerdotes, esortanto i fedeli tutti alla riparazione e al suffragio pei cari morti.
Come il sangue e le preghiere di S. Stefano, queste nostre suppliche ottengano la conversione degli infelici autori di questi atroci fatti e la fine di dolorosissimi giorni, che gettano senza dubbio una così sinistra luce sul nostro povero paese già tanto martoriato e penante. Dio pietoso benedica.
Bologna, 3 luglio 1946.