Il 4 novembre 1973, nella Chiesa parrocchiale di S. Giovanni in Persiceto, il Card. Arcivescovo ha celebrato la liturgia della Parola, all’inizio della S. Messa concelebrata da numerosi sacerdoti, nel venticinquesimo anniversario del martirio del Dott. Giuseppe Fanin, che ha offerto la sua vita per la sua fedeltà al Vangelo e al mondo del lavoro.
"Sono passati pochi giorni dal due novembre, quando la Chiesa rinnova la memoria di tutti i morti. Tutti, a iniziare da quelli a noi più vicini e cari, parenti, amici, benefattori, fino a quelli più lontani, sconosciuti o dimenticati. Il messaggio di Cristo ci impegna persino ad amare, con il perdono, anche coloro che fossero nemici o persecutori. Cristo é venuto per tutti. Ma ci ha segnalato, proprio nel discorso della montagna, coloro che sono operatori di pace, coloro che sono perseguitati a causa della giustizia.
Alcuni di questi sono noti nella comunità in cui sono vissuti; altri, per il valore del loro sacrificio, sono ricordati anche oltre i confini della propria terra. Sembra, infatti, che la loro morte sia un messaggio di aiuto per affrontare la vita. Essi sono a noi presenti con la splendida testimonianza delle loro idee e iniziative. La loro scomparsa, con la tragica fine, costituisce senza dubbio un risveglio di energie e un richiamo di coerenza.
Tra questi, va certamente collocato il nostro sempre caro e rimpianto dott. Giuseppe Fanin: giovane lieto e robusto, carattere forte e gioviale, impegnato con piena dedizione di solidarietà per il progresso sociale nello spirito evangelico.
In questa stessa giornata del 4 novembre - sono ormai venticinque anni - egli cadeva, vittima dell’odio di parte, per il suo ideale di fedeltà alla Chiesa e al mondo del lavoro.
In questo stesso anno si é pure ricordato il sacerdote romagnolo don Giovanni Minzoni che - sono ormai cinquant’anni - cadeva vittima di una diversa fazione, me per lo stesso ideale di libertà e di giustizia sociale. Uno laico, l’altro sacerdote, ambedue cristiani di nome e di fatto, disinteressati e altruisti, giusti e generosi, non certi pavidi di fronte alle difficoltà e per il timore della morte.
Valga il loro esempio di amore e di fortezza a risanare le molte ferite di cui persistono tuttora segni psicologici e morali in questa nostra terra.
Valga a rinnovare la deplorazione e l’avversione per ogni atto di violenza, qualunque sia la sorgente dell’odio e l’ideologia da cui scaturisca.
Sia per tutti noi un richiamo alla coerenza evangelica, che non può attenuarsi di fronte alle difficoltà e alle mutate condizioni dei tempi.
Valga inoltre a richiamare la riflessione di coloro che, per debolezza o per convenienza, fossero venuti meno agli ideali più elevati, che pure avevano liberamente proclamato e professato. Soprattutto, dovremo ricordare che il sacrificio della morte risplende in proporzione alla nobiltà della vita. Si elevi dunque la nostra preghiera al Principe della Pace, al Dio di ogni consolazione, perché la vera ed effettiva fraternità umana tra le persone e tra i popoli si affermi e si diffonda nel pieno rispetto della libertà, nel riconoscimento dei doveri e dei diritti, segno di genuino progresso e di buona speranza".