Cronistoria della parrocchia di San Giacomo di Lorenzatico

Enrico Donati

Nell’opera Le chiese parrocchiali della Diocesi di Bologna ritratte e descritte, al tomo 3°, p.38, alla voce "San Giacomo di Lorenzatico" è detto: "pare, se pure non era un’altra chiesa, che avesse in antico il titolo di Santa Maria e vi fosse congiunto o sottoposto un monastero di Benedettini di qualche nome; poichè nella Storia della Badia di Nonantola del Tiraboschi non solo parlasi di un codice di quell’archivio, contenente la nota delle pensioni che si riscotevano dai monaci, nel quale è espressamente nominata Ecclesia Sanctae Mariae de Laurentiatico; ma è esposto ancora che nell’autentico registro dei privilegi del monistero di San Benedetto di Monte Cassino, fatto nel sec. XII da Pietro Diacono, conservasi un diploma di Desiderio re de’ Longobardi segnato in Pavia nel dicembre del quinto anno del suo regno (...) nel qual diploma conferma il re al monistero i beni di cui godeva, e nella loro enumerazione si legge anche Monasterium Sanctae Mariae in Laurentiatico".

Oltre a ciò in una memoria inserita nel medesimo registro (Tiraboschi, v. I°, p.447, nota B) è ricordato In primis Monasterium Sanctae Mariae in Laurentiatico, posto allora in comitatu Motinensi; ripetendosi sulla fine: Monasterium autem Sanctae Mariae in Laurentiatico est ultra flumen Gallico (ivi, p.450). "E Lorenzatico è tuttora comune e parrocchia del distretto di San Giovanni in Persiceto, ma non sappiamo che sia avvenuto della chiesa e monastero di Santa Maria".

"Quello che si sa di certo si è che la chiesa di San Giacomo di Lorenzatico vanta anch’essa una assai lontana antichità, poichè in un Elenco delle chiese bolognesi del 1366, pubblicato da Melloni (v. II°, p.383) trovasi registrata Ecclesia S. Iacobi de Laurentiatico sine cura, la quale poi è nominata siccome parrocchia negli altri elenchi del 1378 e 1408 (e infatti i suoi libri battesimali cominciano nel sec. XVI); e fin d’allora, come è al presente, era sottoposta al plebanato persicetano, avendone il giuspatronato il vescovo di Bologna. E poichè nel 1494 Lorenzo Gozzadini, chiarissimo professore di medicina, offrivasi di restaurare ed ampliare la chiesa e la canonica minaccianti rovina, fu convenuto di cedere ad esso e a’ posteri suoi un tale giuspatronato da mons. Bartolomeo Dalla Rovere patriarca di Gerusalemme e luogotenente generale del fratello card. Giuliano, allora vescovo di Bologna, che fu poi Giulio II d’immortale memoria. Non varcarono due anni, che il Gozzadini ebbe mantenuto non solo quanto prometteva, ma assai più ancora, giacchè rifabbricava dalle fondamenta la chiesa e ne risarciva ed allargava la canonica; laonde il vicario generale del vescovo (a rogito Cesare Bianchetti de’ 20 luglio 1496) decretava doversi pienamente eseguire la cessione suddetta. E quindi il giuspatronato della chiesa rimanea nei Gozzadini fino al 1631, in che per morte di Pantasilea Gozzadini passava ai conti Ercole e Lodovico Bonfiglioli, e da questi a’ loro eredi".

Il Forni nella Storia monografica delle chiese (...) Persiceto o San Giovanni in Persiceto (p.120 e segg.) deriva il nome Lorenzatico da Laurentiaticus, "denominazione d’origine romana (...) e sta ad indicare una località già posseduta da un Laurentius, come Liberaticius, poi nel medioevo Liberaticius o Livradigo, via Levratica, da un Liberius".

Egli pure afferma che in detta "località di Lorenzatico, costeggiante il Samoggia e compreso fra la parrocchia di Decima a settentrione e quella di Zenerigolo a mezzodì, esisteva al tempo dei Longobardi un monastero di Santa Maria in Lorenzatico ultra fluvium Gallicum, donato insieme ad altri dal re Desiderio alla famosa Abbadia di Montecassino, e poi compreso fra i beni che l’altro monastero di San Benedetto in Adele presso Sant’Agata possedeva nel distretto persicetano"; e si riferisce egli pure per queste notizie alla Storia dell’Abbazia di Nonantola del Tiraboschi.

Per quanto riguarda le origini della nostra chiesa il Forni cita ancora il Tiraboschi, il quale allega in proposito un codice dell’Abbazia Nonantolana del sec. XII, che afferma la nostra chiesa debitrice all’Abbazia stessa di un’annua pensione; e aggiunge: "non sappiamo se quella chiesa venisse demolita ed altra ne fosse in detta località costruita e dedicata a S. Iacobo o Giacomo, ovvero se la chiesa primitiva cangiasse il nome del titolare. Vero è che nel 1291 troviamo un don Pietro prete della chiesa di S. Iacobo di Lorenzatico, e nei memoriali di Bartolomeo del Legarobba dell’anno 1323 si legge che Nicolò q. Matteo de Boni era prete di detta chiesa, e che infine nell’elenco pubblicato dal padre Melloni (Atti e memorie degli uomini illustri in santità, v. I) trovasi sotto l’anno 1366: Ecclesia S. Iacobi de Lorenzatico sine cura, alla quale nel 1399 (rogito Giovanni Albiroli 20 settembre) venne fatto un legato per la sua riparazione. E sine cura rimase per molto tempo, e benchè negli elenchi del 1378 e 1408 sia qualificata parrocchiale, in posteriori documenti invece è sempre detta sine cura (...) Ed essendo provvista di meschinissime rendite (come tante altre chiese rurali), così (atto di Pietro de Bottoni del 1° agosto 1457) rileviamo che don Marsilio de Carpi, rettore della chiesa di S. Apollinare e canonico della collegiata, ottenne che a quella fosse unita con altra anche la nostra chiesa, la quale due anni dopo era unita a quella di S. Biagio di Zenerigolo". In seguito "con decreto 20 dicembre 1490 del vicario vescovo di Bologna mons. Alessandro de Longari da Perugia, ad istanza di don Pietro de Caprioli, rettore della chiesa di S. Lorenzo, venne ratificata l’unione a quella chiesa, attesa la tenuità delle loro rendite, della chiesa nostra e di S. Biagio di Zenerigolo senza cura d’anime". Questa volta però, "i parrocchiani di Lorenzatico si opposero a quest’unione, e con procura e rogito del notaio persicetano Alessandro Gottardi del 2 gennaio 1491, essendo allora la nostra chiesa retta e governata da un preposto o cappellano in persona di don Pellegrino Nicolai, nominarono in loro procuratori Lorenzo de Gozzadini, chiarissimo dottore in medicina, e Costantino de Serasini, per tutte le liti e cause che fossero per avere in occasione di detta chiesa, ed in ispecie con don Pietro de Caprioli (...). Il quale dottore Gozzadini tanto prese a cuore la causa dei parrocchiani di Lorenzatico, da addossarsi la cura e le spese per ricostruire la chiesa e la canonica minaccianti rovina; in contemplazione del qual onere con rogito dott. Cesare Bianchetti del 20 luglio 1496 gli venne concesso per sè e successori il diritto di giuspatronato, che (...) la famiglia Gozzadini conservò fino al 1631".

E qui, a corredo di quanto sopra affermato, si riporta l’iscrizione che venne murata nel 1496 nella nostra chiesa: Deo op max/divoq ia apost / celeberrimus / artium et doctor / magister / laurentius / gozzadinius / patronus pro / prio ere / erexit / MCCCCLXXXXVI / mense maio.

Questa lapide, secondo mons. Bussolari, arcivescovo di Modena e abate di Nonantola, oriundo di questa parrocchia, segna il passaggio da S. Maria in Laurentiatico a S. Giacomo in Lorenzatico: ciò egli ebbe a manifestare all’estensore di queste note più volte, ed è un parere molto attendibile, come di personaggio assai colto e dato agli studi storici, oltrechè ecclesiastici.

E così la nostra chiesa fu parrocchiale, continua il Forni "sotto la cura del primo rettore conosciuto don Girolamo Baldi, alias de Cattani; poi nel 1525 di un don Antonio q. Matteo de Orlandis, colla qualifica di vicerettore. Ma poichè non aveva redditi sufficienti da poter da sola provvedere al sostentamento del parroco, perciò al momento in cui veniva rinunziata dal parroco don Antonio Melegatti venne unita alla parrocchia di S. Giovanni Battista di Tizzano, dalla quale, con rogito del dott. Periteo Bagliossi venne dal vescovo Gabriele Paleotti disgiunta soltanto nel 16 dicembre 1567; ma al tempo della visita apostolica di mons. Ascanio Marchesini del 6 novembre 1573 risulta unita alla chiesa di S. Apollinare del Castello e alla chiesa di S. Giacomo di Liveratico; distrutta questa e ridotta la chiesa di S. Apollinare a semplice benefizio, S. Giacomo di Lorenzatico riebbe vita autonoma, e nel 1603 era retta da un don Lutio, che in data 25 gennaio di quell’anno rilasciò agli uomini della Comunità di S. Giovanni in Persiceto per incarico dei suoi parrocchiani, che cioè la chiesa di S. Iacobo di Lorenzatico ha sempre reso ubbidienza, così in corporale come in spirituale, al Castello e alla Pieve di S. Giovanni (...). Nel 1624 era rettore don Giovanni Battista Rosa (...) e fu durante la sua cura, che, mancata ai vivi nel 1631 la signora Pantasilea Gozzadini nei conti Bonfiglioli di Bologna, il diritto di giuspatronato passò a questa nobile famiglia. A don Rosa succedè l’anno 1636 nella cura della parrocchia don Matteo Pagani, che morì il 2 aprile 1641, e gli successe don Giovanni Battista Pupini, che resse la parrocchia per ben 49 anni. A questo tempo i parrocchiani di S. Iacobo di Lorenzatico dipendevano in parte dal massaro del comune di Bagno di Piano, in parte dal massaro del nuovo comune di Decima, ed in gran parte dal console di S. Giovanni, come incorporati nel quartiere di S. Lorenzo del Castello; ma con partito del 28 aprile 1663 il senato di Bologna accordò facoltà a tutti gli uomini e famiglie sottoposte in spirituale alla chiesa di S. Iacobo di Lorenzatico, tanto nel comune di S. Lorenzo quartiere di S. Giovanni, quanto nei comuni di S. Matteo della Decima e Bagno di Piano, di unirsi in un sol comune e di crearsi il proprio massaro, separandosi dai predetti tre comuni, con diritto agli utili e sottoponendosi agli oneri consueti, senza pregiudizio dei diritti della Camera di Bologna; al quale provvedimento deve avere contribuito l’influenza della nobil casa Bonfiglioli, che nel 1676 fece costruire ai piedi del Samoggia un oratorio a capo della lunga provana della sua tenuta, rassomigliante nella forma all’antica chiesa della B. V. di Loreto, e che possiede una statua in legno di molto antica fattura, sul quale oratorio, detto perciò comunemente la chiesa di Loreto, venne nel giorno 17 ottobre di quell’anno inalzata la croce da mons. Orazio Bonfiglioli preposto dalla congregazione di Fano; e nel dicembre stesso anno fu benedetto, colla celebrazione di gran numero di messe, messa cantata e gran concorso di popolo, essendo la prima messa stata celebrata dal rettore di S. Giacomo, il sopranominato don Giovanni Battista Pupini, che mancò di vita nel 1692 annegato nel torrente Samoggia il 29 settembre, tornando dalla festa patronale di S. Michele di Bagno, ed ebbe per successore don Girolamo Selleri; ma questi rimase per breve tempo in possesso della sua cura, essendo venuto a morte il 19 febbraio 1695".

Queste le notizie, che ho desunte dalle due opere di Giovanni Forni sopracitate ed esistenti in questo archivio parrocchiale; notizie che mons. Bussolari pensa essere, almeno sostanzialmente, vere, e ha consigliato l’estensore di queste note di attenersi ad esse per una breve memoria delle origini della nostra parrocchia; mentre esse ci danno un’idea di quel che è stata la nostra chiesa e la parrocchia nostra.

Credo poter aggiungere alle suddette notizie che quasi certamente alla nobile casa Bonfiglioli devesi l’origine per donazione dei due fondi "Chiesa" e "Logazzo" (o "Gazzo"), costituenti la dote beneficiaria della nostra chiesa, in quantochè per la loro ubicazione evidentemente facevano parte della tenuta Lorenzatico, allora proprietà dei conti Bonfiglioli.

E quanto alla chiesa penso interessante riportare l’elenco dei sacerdoti e parroci, che furono al governo della nostra parrocchia, elenco desunto dalle due opere sopracitate, dai libri d’archivio, da una nota manoscritta del parroco don Didimo Bortolotti, e specialmente dall’archivio arcivescovile di Bologna, nella speranza di avere attinta la verità:

Pietro, 1291-1300; Giacomo, 1310; Nicolò q. Matteo Fanti, di Bologna, 1323-1332; Galvano cappellano (?), 1324; Bartolomeo fu Tapolo, di Piumazzo, prete, 1 luglio 1326; Ugolino, prete, 1329; Vallino, prete, 3 agosto 1336; Giovanni, fu Bartolomeo Corti, 1356; Rustighello di Bartolomeo Rustighelli, chierico, rinunciò, 20 aprile 1374; Giovanni da Bolzano, 1 marzo 1386; Brandolino di Zaluffo Zaluffi, 14 novembre 1396; Bartolomeo di Giovanni, da Castelfranco Emila, rettore, 1 aprile 1447; Ferdinando q. Nicolò da San Giovanni, 1447-1469/70; Francesco Cipolla, 1490 (?)-1502 (?); Pietro Caprioli, 1490; Pellegrino Nicolai, sui iuris, della Samoggia, cappellano, 1491; Alessandro q. Galeazzo Cambi, 1500-1521; Antonio Orlandi q. Matteo, vicerettore, 1502-1525; Franzio Gozzadini, 25 agosto 1527; Francesco Pepoli Pirano, rinuncia nel 1533; Cattani, alias Sonzini Giovanni Battista, morto nel 1539; Melegatti Antonio Maria, rinuncia nel 1562; Francesco da Fianello Bresciano, vicerettore, 28 febbraio 1572; Baldi alias Cattani Girolamo (Sonzini), non risiedette, 1562-1567; Trevisani Matteo, cappellano, 1554-1563; Manfriani Antonio Maria q. Rabbone, imolese, 1567-1585; Manzi Lorenzo, cappellano, 1579-1581; Pontelonghi Lucio q. Orlando,+ 1 giugno 1609; Franchi Antonio Maria di Sebastiano, + 1 giugno 1614; Vaccari Giuseppe, cappellano, 1610; Rosa Giovanni Battista fu Pellegrino, 17 maggio 1614, rinuncia il 13 novembre 1630; Tartaglini Antonio Maria, cappellano, 1615; Pagani Matteo q. Giovanni, 15 novembre 1630, + 2 aprile 1641; Baroni Bernardino, cappellano-economo, 1641; Puppini Giovanni Battista q. Antonio, 27 aprile 1641, + 29 settembre 1692, d’anni 80, annegato nel Samoggia; Selleri Girolamo, 29 novembre 1692, + 19 febbraio 1695, d’anni 43; Sarti Cesare, economo, 3 febbraio 1695, cappellano ad 1707; Biavati Pier Giovanni di Andrea, 28 marzo 1695, + 13 agosto 1726, d’anni 63; Guerrini Andrea, economo, 16 agosto 1726; Fangarezzi Giuseppe Maria, cappellano, 1711-1726, economo, 23 agosto 1726, poi ancora cappellano ad 1731;
Serrazanetti Benedetto q. Giovanni Battista, 14 settembre 1726, + 1 marzo 1751, d’anni 66; Evangelisti Giuliano, cappellano dal 1746, economo dal 1 marzo 1751; Pistorozzi Giacomo Maria di Salvatore, 13 marzo 1751, + 20 aprile 1805; Pistorozzi Giuseppe, cappellano dall’aprile 1803 al 13 aprile 1805; Pallotti Giovanni Battista di Giovanni Antonio, 1 giugno 1805, + 30 gennaio 1857, d’anni 83; Bazzani Felice, cappellano, 1809, + ivi il 7 aprile 1813, d’anni 29; Ciameroni Luigi, economo dal 31 gennaio 1857, poi cappellano; Bortolotti don Didimo, di Luigi, di Ronchi di Mezzolara, 25 agosto 1857, + 26 gennaio 1920, d’anni 90; Rizzi Germano, cappellano, 1892, + ivi nel 1895, d’anni 26; Bovina Pietro, cappellano, 1895, + ivi nel 1896, d’anni 26; Donati Enrico di Augusto, di Baricella, 10 dicembre 1920, nominato arciprete titolare nella S. Visita pastorale del 22 aprile 1926.

A riguardo dei parroci di questa chiesa è doveroso rettificare quanto scrive il Rambelli, nella sua monografia sopracitata Le chiese parrocchiali della Diocesi di Bologna, a riguardo del parroco don Pistorozzi: "ha congiunta (la chiesa) comoda canonica che l’odierno parroco (don Pallotti) ha abbellita di molto, togliendola allo squallore in che l’aveva lasciata il suo antecessore don Giacomo Pistorozzi di Pavana pistoiese, che governò questa cura 51 anni".

Prima di tutto è da notare che don Pistorozzi fu parroco per 55 anni. Poi, affinchè ad ognuno sia dato il suo, va notato che a don Giacomo Pistorozzi la chiesa di San Giacomo di Lorenzatico, oltre gli importantissimi, radicali restauri, deve i due apparati in terzo, rosso l’uno, di sarnice d’oro l’altro, il velo omerale solenne, il baldacchino in broccato d’argento (che doveva essere molto bello, ma venduto dal parroco don Bortolotti, come è stato assicurato), quasi tutta l’argenteria, e non so quant’altro. Era egli diligentissimo nelle cose sue, come può rilevarsi dai libri d’archivio; e nei fabbricati del benefizio curò importanti lavori, per cui non credo abbia voluto trascurare la sua canonica, almeno fino al punto di lasciarla nello squallore.

Chi scrive, in riconoscenza di quanto il don Pistorozzi ha fatto per la sua chiesa, ha creduto bene far murare nella cappella del Sacratissimo Cuore di Gesù (6 luglio 1933) la lapide marmorea già sulla sua tomba, e che si pensa corrisponda a verità: Iacobo Pistorozzi/ pastori huius ecclesiae/ quam rexit annos LV/ pietate eximio/ sacris litteris exculto/ in eam maxime liberali/ Salvator Pistorozzi S.T.D./ archiep. Porrectae/ et Ioseph Pistorozzi ex F.F.N.M.P.P./ vixit annos LXXXVII/ obiit XX aprilis MDCCCV.

Questa lapide si presenta affumicata, perchè da vari anni trovasi nella rimessa della stalla di canonica assieme ad altre, e fu ridotta a tal punto dall’incendio sviluppatosi la mattina della domenica 29 aprile 1934, e che distrusse completamente il fabbricato.

Sempre a riguardo della chiesa, credesi interessante aggiungere notizia di quelli che furono i rimaneggiamenti, ampliamenti e restauri vari a cura dei parroci prima, dei patroni poi, e, dopo la cessazione del giuspatronato laicale, ancora dei parroci; e, inoltre, dei lavori eseguiti nei fabbricati colonici, nonchè degli acquisti di sacri arredi, come e in quanto ciò può essere suffragato dalle memorie potutesi desumere dai documenti d’archivio.

Edificati ab imis chiesa, campanile e canonica nel 1496 dal dott. Lorenzo Gozzadini primo patrono, nell’anno 1621 il rettore don Giovanni Battista Rosa fece abbattere, perchè labente, e ricostruire la cappella maggiore, che venne alzata di piedi quattro; rifatte le finestre, costruita la balaustra. Questi lavori, incominciati il 16 agosto 1621, furono inaugurati la domenica 24 ottobre stesso anno. Concorsero i parrocchiani col trasporto dei materiali (mattoni e sabbia), la chiesa e il parroco.

Nel 1754, a cura del parroco don Giacomo Pistorozzi furono eseguiti i seguenti lavori: 1 - innalzamento dei muri della chiesa sino al coro, in lunghezza di piedi 34, in altezza di piedi 8 e per una lunghezza totale di piedi 102. Rifacimento del coperto, riducendolo a due acque; 2 - chiusura delle due finestre laterali della facciata e apertura dell’unico finestrone mediano, come è attualmente; 3 - apertura di due finestre nel lato a cornu Evangeli del corpo della chiesa (le quali furono chiuse nei restauri del 1926-1926); 4 - innalzamento della facciata in altezza di piedi 10, e fattura della cornice che gira esternamente anche a lato Evangeli fino al transetto; fatto inoltre il piedestallo della croce sulla facciata stessa; 5 - riparazioni alle due cappelle laterali; 6 - pulizia e imbianchimento di tutta la chiesa all’interno e all’esterno.

Durante i suddetti lavori si ufficiò nell’Oratorio della B.V. di Loreto.

Attesa l’importanza dei suddetti lavori, venne emanato dal vicario generale di Bologna il seguente decreto.

"Concediamo licenza al rev. sig. don Giacomo Pistorozzi, curato della chiesa di Lorenzatico di questa diocesi di Bologna, di poter far condurre alli carreggiatori in giorno festivo di precetto li materiali che devono servire per l’incominciamento, progresso e terminazione della fabrica di detta di lui chiesa, e ciò durante il bisogno, purchè i detti carreggiatori, et altri, che danno opera a detta fabrica, non tralascino d’ascoltare la S. Messa".

Don Giacomo Pistorozzi, il quale morì [il] 20 aprile 1805, ci ha lasciato anno per anno una cronaca breve ma interessante degli avvenimenti principali ed altre cose riguardanti la nostra parrocchia.

Diligente com’era e zelante della sua chiesa, egli ha lasciato un ricordo bello di sé, e di quanto ha operato avrà avuto già, sperasi, da Dio.

Si notano qui succintamente e per ordine cronologico le opere principali e l’acquisto di sacri arredi a datare dalla riedificazione della chiesa a cura e spese del primo patrono Lorenzo Gozzadini: da ciò apparirà viemeglio l’attività e lo zelo del parroco su lodato don Giacomo Pistorozzi.
1496: ricostruzione della chiesa, campanile e canonica a cura e spese del dott. Lorenzo Gozzadini, primo patrono.
1577: costruzione dell’ancona sopra l’altare di San Giacomo e altri Sancti.
1621: ricostruzione della cappella maggiore.
1715: turibolo, navicella e aspersorio d’ottone.
1754: innalzamento del corpo della chiesa, chiusura delle due finestre laterali e apertura del finestrone centrale nella facciata, innalzamento della facciata stessa.
1757: costruzione della volta della chiesa.
1759: costruzione della stalla di canonica; due lampade di ottone, che costarono £. 28, in aggiunta alle vecchie.
1762: rifusione delle due campane esistenti e fusione di una terza; innalzamento del campanile.
1764: "portico nuovo contiguo alla stalla" e copritura "del pozzo della casa del Gazzo".
1765: "portone di nuovo dai fondamenti vicino alla canonica:" costo £. 190.
1766: baldacchino di broccato d’argento con frange e fiocchi in oro fino: costò £. 800.
1772: balaustra in ferro e ottone per l’altar maggiore ad opera di Antonio Fontana magnano per £. 175 moneta di Bologna, più £. 173,70 per ottoni. Fatti i due bracci per le lampade altar maggiore, coi relativi pesi e fiocchi: £. 7,50.
1773: parato in terzo rosso per £. 160 in sola stoffa, escluso gallone, fodera e fattura.
1778: cantoria sopra la porta maggiore; n. 4 portavasi; n. 6 candelieri; n. 4 vasetti di ottone.
1779: organo nuovo, con una spesa £. 400, più £. 100 valutato il vecchio organo ceduto.
1785: ostensorio tutto d’argento; costò £. 562.
1787: nuovo macero nel luogo Gazzo.
1788: ciborio (parte anteriore monolito) di marmo di Carrara: £. 60, rivestimento in seta e gallone: £. 13,50, sportello; placca di rame e doratura £. 35, sportello di legno e accessori £. 60 e 18 baiocchi.
1789: portapalme n. 4 e 3 cartelle per l’altar maggiore: tutto di ottone.
1790: rifatto il tetto della chiesa.
1791: parato in terzo di samice d’oro con piviale: spese £.318.7.9.
1795: ampolle di cristallo, finimento in argento - messale edizione, con legatura in velluto e finimento in argento e dicitura "pro eccl. S. Jaco. De Lorenz. fieri curavit Iacobo Pistorozzi A.D. 1795".
1796: Martyrologium ediz. Venetis 1746, acquistato nel 1754, per la no stra chiesa da don Giacomo Pistorozzi parroco, al quale, nel lungo suo ministero di 51 anni, si devono certamente altri arredi e oggetti sacri (per esempio: pissidi e calici), che non portano alcun segno di provenienza, nè data di fabbrica.
1797: bacile e aspersorio di ottone.
1803: aspersorio d’argento, turibolo e navicella d’argento, baciletta d’argento per le ampolle.
1806: Via Crucis in terracotta simile e compagna di quella eretta nella chiesa del Castello, con relative croci e cartelli e "brazzetti", convenuta in £. 100 e saldata in £. 86.
1875: baldacchino a 6 aste, 2 paliole, lampioni, spese £. 2115,50.
1919: riparazione e doratura dei reliquiari, autentiche di tutte le reliquie della nostra chiesa: spese £. 530.
1921: nuovo locale ad uso di battistero (soppresso poi nei restauri del 1924-26), compresa perforatura vasca: £. 1063.
1924: n. 6 panche acquistate presso la chiesa parrocchiale di Amola per £. 420, riparazione dei due confessionali £. 320.
1926: acquistato apparato in terzo nero in seta filugello: £. 1240.
1928: bugia d’argento, donata dal parroco Donati don Enrico: costò £. 300.
1935: pisside d’argento; capacità particole 350: costò £. 300.

Il 1° giugno 1805 prese possesso di questa parrocchia don Giovanni Battista Pallotti, il quale la resse fino alla morte, avvenuta il 30 gennaio 1857. Durante il suo governo la nostra chiesa venne arricchita della bella Via Crucis (1806). Venne pure acquistato (1823) il piccolo campanello d’argento; venne costruita la cantoria a lato dell’altar maggiore, nonchè il pulpito, cui si accedeva dalla canonica, e che venne soppresso nei restauri del 1924-26, e col quale è stato costruito altro pulpito smontabile. Nessuna notizia si è trovata circa la cronaca della parrocchia. Peccato! Perchè certo non saranno mancati avvenimenti di qualche rilievo, atti a fare un po’ di luce su un periodo sì lungo, ben 46 anni!

Il 25 luglio 1857 fece ingresso in questa parrocchia don Didimo Bortolotti (fino al settembre 1873 ha firmato gli atti parrocchiali col cognome Bertolotti), che resse la parrocchia fino al 26 gennaio 1920, giorno della morte. Nel lunghissimo suo governo (più di 62 anni!) furono i seguenti gli avvenimenti principali:
a) nel 1858 restauro di tutta la chiesa parrocchiale a cura del patrono De Ferrari, con ampliamento a cornu Evangeli della cappella maggiore, colla costruzione di un locale per gli uomini.
b) nel 1874 nuovo restauro della chiesa in preparazione alla s. visita pastorale del card. Morichini.
c) nuovo baldacchino a 6 aste, 2 paliole e 2 lampioni, a cura dei parrocchiani: il baldacchino costò £. 1546,50, le paliole £. 192,20, i due lampioni £. 235. Si costruì inoltre un armadio a muro nella sacrestia, incontrando una spesa di £. 110. Si spesero infine £. 25 per un mazzo di fiori di filugello, e fiocchi.
d) con decreto arcivescovile in data 10 febbraio 1887 venne canonicamente eretta la Pia unione del Sacro Cuore di Gesù, il cui quadro in oleografia fu benedetto ed esposto alla venerazione dei fedeli la domenica 9 settembre.
e) solenni festeggiamenti nei giorni 3-4 ottobre 1886 per la ottenuta conservazione dell’Oratorio della Madonna Lauretana, che pensavasi demolire per far posto alla costruzione del ponte sul Samoggia, ponte che di fatto venne gettato l’anno seguente più a sud, deviando la strada, appunto volendo conservare l’oratorio stesso.
f) costruzione del ponte sul Samoggia, detto in seguito "ponte di Loreto", perchè accanto all’oratorio omonimo. Prima di esso il passaggio del Samoggia avveniva più a sud, in corrispondenza alla via Salde, che divide le parrocchie di Bagno e Sala, chiamato perciò "passo del Sale o delle Salde", cui si accedeva per la via Biancolina, che rasentava la nostra chiesa e continuava per la Cà Lunga; parte di via, che ha preso, a cominciare dal "Cristo", il nome di "Biancolina Vecchia" restando il semplice nome di "Biancolina" a quella che da via Cento al ponte Rosso conduce al nuovo ponte suddetto.
g) solenni festeggiamenti pel 6° centenario della Traslazione S. Casa di Loreto.

Si trascrive qui una "Memoria" scritta lì 18 maggio 1878 dal nominato parroco don Didimo Bortolotti:

"Nella circostanza, che ieri fu atterrato per ordine dell’affittuario signor Filippo Zucchi un grosso gelso che era nell’angolo verso la chiesa a lato della stanga e sul ciglio del fossato, che dalla Biancolina fa il principio del viale Loreto, mi è venuta la volontà di effettuare, siccome da gran tempo lo rifletteva, alcune memorie in iscritto, che altra volta mi furono raccontate sul Crocifisso che ora trovasi nella casa de contro, detto appunto, "Luogo Crocifisso", dal più vecchio della parrocchia d’anni 82, Martinelli Giovanni dimorato sempre o nel d’intorno o nel luogo stesso del Crocifisso, quindi dalle nuove interrogazioni da lui desunte, faccio la presente memoria e cioè: dapprima questo vecchio gelso conta un’età molto antica perchè il suddetto Martinelli non l’ha veduto piantare e fin da bambino si ricorda che era grosso, e faceva capo ad un filaro gelsi che andava in quel pezzo di viale fino alla Cà Rossa voltando poi per una stradella che andava al luogo Nicoli, ed allora fino a Loreto non vi era viale ma una cavedagna: di poi quella stradella fu acquistata nel periodo dal 1815 al 1820 circa, ed allora fu attivato per bene il cavedagnone viale di Loreto, anche nella riflessione che il passaggio della barca di Samoggia allora era al punto dell’argine Loreto ed era tal barca tenuta in appalto dalla finanza della padronanza Malvezzi. Ciò posto in memoria del Crocifisso affisso al luogo così detto: si annota che, vicino al suddetto gelso, e propriamente nella punta del terreno sul ciglio del fossato interno, vi era un alto olmo coltivato con tondatura in cerchio dentro il quale vi era questo Crocifisso non ricordando alcuno nè come, nè perchè ne da chi collocato. Desso trovasi affisso all’olmo dentro ad una specie di nicchio in pietra (che tuttora conservasi dentro la cassetta di legno dove ora è riposto). Di questo alto olmo poi, dice il buon vecchio d’aver sentito dire che nell’anno di sua nascita cioè nel 1796, al tempo della mietitura venne qui pure un picchetto di francesi e collocarono sulla punta di quest’alto olmo che faceva capo diritto alla strada Biancolina un vessillo francese che faceva segnale agli altri posti nel dintorno di Persiceto. Intorno a questa sacra immagine, ricorda il vecchio suddetto, eravi nei popolani un certo sentimento e concetto di venerazione; ed ogni anno nella circostanza delle solennità di San Giacomo e di Santa Croce veniva l’albero predetto coltivato con la tondatura de’ brocchi e fogli circondanti. Avvenne poi che dai popolani fu ritenuto una vera grazia ciò che successe ad un certo Biondi domiciliato presso la Samoggia al n. civico ora 10, il quale era stato nell’esercito francese, ricordando Martinelli d’averlo veduto colla divisa militare: questi in progresso di tempo fu colto da cattiva malattia che lo ridusse a non poter girare se non sostenuto dalle grucce, quando dopo molto tempo di questa stentata vita fu visto un giorno nel 1819 circa venire ad inginocchiarsi davanti a questo Crocifisso e stato molto tempo sul terreno s’alzò avviandosi per la stradella Mascellaro verso Zenerigolo; ma dopo aver fatto non poco tratto di essa, ritornò indietro, inginocchiandosi di nuovo davanti alla suddetta sacra immagine, e dopo lungo tempo di preghiera alzatosi, potè girare senza appoggio, e lasciò collocate le grucce una per lato all’immagine del Crocifisso. Queste insegne ricorda Martinelli che vi sono sempre state fino all’atterramento dell’olmo suddetto, nel qual tempo, desse pure logore dal tempo e dalle intemperie della stagione, furono consunte e perdute. Da quel momento poi verificatosi della grazia, oltre il lume che veniva anche in antecedenza dalla pia famiglia decontro tenuto acceso, la immagine sacra col nicchio di terra fu posta dentro ad una custodia di legno (come ora pure si trova), e sempre affissato all’albero olmo predetto, e di più d’avanti al quale fu fatto un inginocchiatoio in legno che insieme alla custodia fu opera del falegname di Loreto, Lorenzo Busacchi, il quale inginocchiatoio serviva a qualche pio viandante per una preghiera. Ma col tempo l’olmo logoratosi, anche per la sevizia di un fulmine, vedevasi sostenuto solo dalla scorza, e rimastovi soltanto un brocco alto, che messo in quadro con pertiche, formava cornice al detto Crocefisso: e fu dopo la morte del vecchio agente Malvezzi signor Giovanni Maccaferri che dal figlio in allora desso pure agente poi affittuario signor Ferdinando; circa nel 1840 venne questo storico albero del Crocefisso atterrato, ed allora collocata la sacra immagine nella casa decontro del luogo Crocefisso, dove pure ora si trova. Davanti al quale, dice il vecchio Martinelli, ancora collocato nella casa, per un tratto di tempo fu seguitato dalla pia famiglia che nel podere dimorava, e che era la madre di Vincenzo Risi, fu seguitato a mantenersi accesa la sera la lampada; ma poi fu cessato, per riflessioni, dicevasi, fatte dal padrone di allora, sulla povertà della famiglia, mancante del frumento necessario al mantenimento e le riflessioni concludevano poi sul discorso di mantenere l’olio di detta lampada; e da quel tempo non fu più veduta accendersi (diceria forse non lontana dal vero, perchè propria d’ogni liberale). Nel mio tempo poi (lorchè dimorava in questo podere il colono Pietro Vignoli) venne ancora a cadere, perchè logora, la custodia affissa al muro, e tutto cadde in terra: ma esso Vignoli la fece tutta rinnovare in legno dal falegname d’allora di Loreto, Luciano Busacchi, figlio di quel Lorenzo che fece la prima, e di nuovo collocata come ora si vede nel muro di facciata alla strada. Dice ancora questo vecchio che i luoghi di Gazzo dove ora sono braccianti Cocchi Felice e Nepoti Massimiliano, dove egli ha lavorato quando erano a colonia, erano poderi fino alla strada Gazzetto di Tassinara, e tutta questa strada era il confine della parrocchia di Lorenzatico, ed al di là della strada fino all’argine Romita ha sempre sentito dire esser terreno sotto la parrocchia di Zenerigolo; come pure ricorda che la strada Biancolina dalla voltata Gazzo Tassinara, venendo alla nostra chiesa, anche questa strada trovasi sempre detto sotto Lorenzatico, e che non potevano per di qui adire quelli di Zenerigolo alla casa dell’Aia Riso che pure abita come allora Fiorini, la quale già aveva svuoto per un cavedagnone apposito nella strada Puglia".

Interessante monografia Dell’acqua medicata di Tassinara - Osservazioni di Antonio Gnudi medico condotto nella comune di S. Giovanni in Persiceto - 1824: si riferisce all’acqua di un pozzo nel fondo "Cassina" ora "San Giovanni", che l’autore magnifica per le sue doti terapeutiche: attualmente detto pozzo è ostruito e l’acqua da molti anni è dimenticata.

Nel gennaio 1893 furono tenuti al popolo i sacri esercizi dai cappuccini padri Serafino da Ligornetto e Angelo da Castel San Pietro. Nell’occasione furono distribuiti i ricordi lasciati al popolo di San Giacomo di Lorenzatico.

Trovandosi da vario tempo insufficiente il vecchio cimitero, ed essendosi abbandonata l’idea di ampliarlo per la giusta opposizione del parroco don Didimo Bortolotti, il comune di San Giovanni in Persiceto iniziò trattative col su nominato parroco per la cessione del terreno: le trattative si iniziarono nel 1890 e si conclusero (senza i prescritti permessi, che vennero in seguito sotto forma di sanatoria) colla cessione di mq. 2211.35 di terreno del podere denominato Chiesa, prospiciente in via Boschi, distinto dal n. 27 della mappa di Lorenzatico, dietro il corrispettivo di £. 0,22 al mq., per l’importo complessivo di £. 486,50, investite nell’acquisto del titolo di rendita nominativa n. 253.958.

Nell’anno stesso in cui si conclusero le trattative, e fu nel 1892, venne costruito il cimitero, e cioè la cappella ad abside semicircolare e due locali laterali rettangolari, e inoltre il muro di cinta: la costruzione venne aggiudicata per asta pubblica del 17 settembre 1891 a Fantoni Raffaele di Zenerigolo per la somma di £. 5480. E’ in istile romanico ed è riuscita un gioiello del genere, quantunque il materiale usatosi, e specialmente quello di coesione, sia deficiente: basti dire che nel 1934 una parte del muro di cinta lato nord, alto appena m. 2,50 , ebbe a cedere al vento! Di chi la colpa? Dell’esiguità della somma aggiudicata, oppure del capomastro, che non si è accontentato? A parte questo inconveniente, certo non lieve, il nostro cimitero si può giudicarlo il meglio riuscito del Comune, anche perchè in posizione elevata e curato molto bene lo scolo delle acque, dimodochè è sempre asciutto come nell’ossario, così nei depositi aggiuntisi in seguito e tutti coi loculi sotterranei, essi pure all’asciutto. Quando sarà compiuto il giro delle arcate da ambo le parti il nostro cimitero non temerà confronti.

La benedizione del nuovo cimitero venne impartita il 6 novembre 1892 dal parroco locale don Didimo Bortolotti, espressamente delegato dalla curia arcivescovile, come da decreto n. 189 in data 4 agosto. Di questa sacra cerimonia nulla risulta nell’archivio: la data di essa è accennata nel nulla osta del municipio di San Giovanni in Persiceto, prot. 189 in data 4 novembre 1892.

L’espurgo del vecchio cimitero attiguo alla chiesa parrocchiale venne iniziato il 30 marzo 1903, previa autorizzazione della curia arcivescovile, come da decreto prot. n. 50 in data 26 febbraio 1903, e previo avviso del municipio al reverendo parroco e alla popolazione.

Non risulta il giorno in cui venne eseguito il trasporto dei resti al nuovo ossario. In un foglietto il parroco ha lasciato scritto: "Pro memoria - A suo tempo con molta solennità fu fatto il trasporto ossa sacre dal cimitero vecchio al cimitero nuovo, e tutte le ossa calate nell’apposito ossario. d.D.B., lì 6 luglio 1906".