La parola del papa e dei vescovi - 28

L'OMELIA DELL'ARCIVESCOVO

I tremendi ricordi suggeriscono silenzio e preghiera.

È la prima volta che vengo qui, in questo luogo che ha conosciuto in maniera tanto tragica gli orrori della guerra e che ha visto stroncate vittime innocenti: i figli, i nonni, gli anziani e anche un gruppo di sacerdoti esemplari.
Istintivamente vorrei tacere.
Di fronte a ricordi così gravi vorrei fare silenzio e pregare, non dire nulla. Anche perché sono tormentato da un pensiero. Le cose accadute allora avvengono anche oggi: il disprezzo della vita, la strage degli innocenti, le prepotenze, le violenze, le ingiustizie, la nessuna considerazione della dignità dell’uomo, sono tutti fatti contemporanei, sono notizie di cronaca quotidiana.
Pensate al Libano; all’aereo di linea coreano, abbattuto dai Russi con quasi 300 passeggeri innocenti; pensate alla interminabile guerriglia nell’America Centrale; pensate a chi muore di fame in Africa; pensate a tutte le cose orrende che, istintivamente, vi possono venire in mente, mentre richiamo queste spaventose espressioni della bestialità umana.
Capite, allora, perché vorrei piangere, pregare e tacere! Se le vicende della storia continuano, anche oggi, a svolgersi in modo così disastroso, è segno che non abbiamo risolto il problema fondamentale. Quale? Quello del misterioso e prepotente dinamismo del peccato, che opera ancora tanto terribilmente nel mondo. Per redimerci dal peccato, Cristo ha accettato l’immolazione sulla Croce; ma essa non pare abbia prodotto i frutti di liberazione, che il mistero pasquale del Signore ha certamente acquisito per noi. Che dire di questa angosciosa situazione?

In Dio consolazione e speranza

È bene prestare attenzione alla parola di Dio. Il servizio ad essa compete specialmente al Vescovo. Posso dirvi, fratelli che nella parola di Dio, che abbiamo appena sentito proclamare, trovo consolazione e speranza. Perché Dio è buono: è Padre. Non si stanca dell’uomo, e viene a lui incontro specialmente per ricostruirne la distrutta dignità.
Il Padre aspetta il figlio che si è perduto, che ha dissipato i suoi beni in un paese straniero, concedendosi a tutti i vizi.
Il fratello maggiore è preoccupato del patrimonio dissipato. Gli uomini sono attenti alla ricchezza, si preoccupano dell’interesse economico. Il Padre, è in ansia per la desolazione interiore di quel povero ragazzo, che si è allontanato da casa. E quando, finalmente, lo rivede è felice di dire: "Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato".
Dio è così! La parola di consolazione che il Vangelo ci dona è questa. Dio è sollecito della dignità della nostra vita e la ricostruisce pazientemente, continuamente, attraverso il perdono.
C’è tanto male nel mondo. Ma Dio c’è. Ed è buono. Gli uomini si rifiutano di realizzare la verità e l’amore. Ma Dio non si arrende. Dio è misericordioso. Dio è onnipotente. Dio è paziente. Dio apre sempre le braccia. Non bada alle cose materiali. Non è preoccupato, anzitutto, della repressione e neppure della giustizia. In primo luogo, Egli cerca l’anima, la vita perduta dell’uomo.

Fino a dare per noi il suo Figlio unigenito

La prima lettera di S. Paolo a Timoteo dice che Dio è stato così generoso nell’esprimerci il suo amore paterno, da dare per noi il Figlio Suo, Gesù Cristo, venuto nel mondo per salvare i peccatori. Paolo dice: "questa parola è sicura e degna di essere da tutti accolta". È l’equivalente della espressione di Gesù nel Vangelo: "In verità... in verità vi dico". Cioè: è parola certissima... è parola di Dio! "Cristo è venuto nel mondo per salvare i peccatori". E aggiunge: "di questi il primo sono io". Lo ha detto anche prima, ringraziando il Signore per essere stato giudicato degno di fiducia e chiamato al ministero apostolico, lui che per l’innanzi era stato "un bestemmiatore, un persecutore, un violento". Ma soggiunge: mi è stata usata misericordia". Il Signore è stato largo con me: la sua grazia "ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è Cristo Gesù".
S. Paolo mette se stesso al primo posto tra i peccatori riconciliaci con il Padre, per mezzo di Cristo, perché è l’Apostolo, il fondatore e il capo della comunità ecclesiale.
"Appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Gesù Cristo ha voluto dimostrare in me, per primo, tutta la sua magnanimità, ad esempio di quanti avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna ".

La Chiesa sacramento della riconciliazione

Ma non solo l’Apostolo, o il Vescovo, sono incaricati della missione di annunciare al mondo l’infinita misericordia del Padre verso ogni peccatore. Tutto il popolo di Dio - insegna il Concilio - è un popolo messianico, assunto da Cristo per essere strumento della redenzione di tutti. Esso è per l’intera umanità un germe validissimo di unità, di speranza e di salvezza.
Incorporato in Cristo, è come un sacramento, cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano. Ciò vuol dire che la medesima missione che Paolo si attribuisce, mentre sta parlando di sè come apostolo, conviene a tutto il popolo di Dio.
Tutti noi, fratelli, quando siamo riconciliati con Dio, dobbiamo mostrare al mondo una vita così trasfigurata dalla divina misericordia, una dignità umana tanto profondamente ricostruita per mezzo del mistero pasquale del suo Figlio Unigenito, da essere esempio per quanti sono chiamati a credere "in Lui per avere la vita eterna".

Ha bisogno di conversione

Allora, ecco la ragione della mia angoscia. Il fatto che il male continui ancora ad imperversare con forme violentissime, si tramuta per me (e penso anche per voi, fratelli) in una domanda: non sarà forse questa violenza tragica, che continua ad esplodere ostinatamente in tutto il mondo, anche la conseguenza di una insufficiente conversione da parte nostra?
Forse non siamo come dovremmo, in una maniera esemplare, memoria viva del Cristo, che muore per la riconciliazione degli uomini col Padre. Non potrebbe essere anche questa una delle ragioni del persistere di tanta atrocità nel mondo? Nel libro dell’Esodo, Mosè si sente solidale col popolo infedele e intercede per lui, benché non abbia peccato, adorando il vitello d’oro. Cristo è innocente. Egli è il nuovo Mosè, il vero servo del Signore. In Lui non c’è peccato. È sempre in perfetta comunione con il Padre. Eppure paga per tutti.
Per mutare il corso tragico di questa interminabile storia di peccato, di violenza, di morte, è indispensabile che almeno un minuscolo resto, anche solo una minoranza fervorosa di credenti, una piccola porzione di Chiesa veramente riconciliata con Dio, si manifesti come memoria viva del Cristo, che muore per riconciliare tutti gli uomini con il Padre.

Dal peccato alla vita ricostruita

Dobbiamo essere più preoccupati della ricostruzione dell’uomo che dell’attuazione della giustizia. Non cadiamo nella tentazione del fratello maggiore: e il patrimonio? i diritti? e io? e lui? Io sono rimasto sempre al mio posto; lui è sparito e si è mangiato tutto! È questa logica che continua a incrementare l’interminabile processo di violenza e di morte che anche in questo momento abbiamo dinanzi agli occhi!
L’Apostolo dice: "Questa parola è sicura e degna di essere da tutti accolta". Domando: quale parola, esattamente? Egli risponde: "Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori". Ancora chiedo : dove nel Vangelo Gesù precisamente dice di essere venuto per salvare i peccatori?

Mediante la riconciliazione e la riparazione

Luca narra l’incontro di Gesù con Zaccheo. Il piccolo Zaccheo sale sull’albero per vedere il passaggio di Gesù e il Maestro lo chiama, entra in casa sua e mangia con lui.
Tutti mormorano: "È andato ad alloggiare da un peccatore!". Zaccheo trasformato dall’incontro dice: "Ecco, Signore, io dò la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno restituisco quattro volte tanto". È in quel momento che Gesù dice: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa... Il figlio dell’uomo, infatti, è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto ".
Questa è la parola sicura, che è degna di essere da tutti accolta! Cosa voglio dire? Voglio dire che una cosa è la riconciliazione con il Padre, per mezzo di Cristo, e la conseguente ricostituzione della dignità dell’uomo nuovo; un’altra cosa è la traduzione in atto, l’espressione pratica di questa avvenuta riconciliazione, cioè la riparazione.
Cristo non ha impedito affatto a Zaccheo di restituire ciò che aveva rubato. Non ha condannato il buon proposito di colui che, avendo frodato gli altri, voleva aggiustare i rapporti con loro secondo equità e carità. Esiste, certamente un dovere di riparazione; la riconciliazione ravviva l’impegno della giustizia!

Forse, anche da questo punto di vista non abbiamo imitato nè Cristo nè Mosè: non siamo stati disponibili nè ad intercedere per gli erranti, nè a porre rimedio ai nostri e agli altrui disastri. Riconciliati con Dio, abbiamo spesso trascurato l’impegno della riparazione dovuta a Dio, all’umanità, alla società, per far cessare, o almeno rendere sempre più difficili le tante depravazioni che vengono compiute dall’uomo quando impazzisce.

Mediante la preghiera e la penitenza

Dico a me Vescovo; dico a voi confratelli sacerdoti, se permettete; dico a tutto il popolo di Dio:
- intercediamo per i nostri fratelli che sbagliano, pregando il Padre per loro come Cristo e come Mosè?
- facciamo penitenza per loro?
- siamo veramente impegnati a ricostruire con i fatti e con coerenza un mondo diverso? Ad operare una trasformazione della convivenza umana secondo giustizia e carità?
- lottiamo senza violenza, con la forza dell’amore, perché non vengano continuamente calpestati e strumentalizzati gli ultimi: i bambini, gli anziani, le donne? Lavoriamo con ogni energia perché siano riconosciuti ad ogni uomo che vive sulla terra un ruolo onorato, un lavoro sicuro, dignità e libertà, secondo le intenzioni di Dio?
Questi, fratelli miei, sono i pensieri che mi vengono suggeriti qui, dalla divina parola. Preghiamo serenamente per coloro che sono morti; e vediamoli beati nella luce della resurrezione del Signore: questa sia la certezza che ci dona consolazione!
Ammiriamo e imitiamo, noi preti, la generosità e la dedizione di quei giovani sacerdoti che hanno voluto perdere la loro vita per condividere la tragica sorte del loro popolo. Essi hanno dato al mondo la stessa testimonianza esemplare di Gesù: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.
Preghiamo anche per chi ha sbagliato; perdoniamo di tutto cuore chi ha sbagliato! Al Signore la grazia che ciascuno di noi, come gli è chiesto da Dio, proceda lungo il cammino sincero e rigoroso di conversione e di riconciliazione, e diventi testimone della divina misericordia e strumento di quella riparazione che dona un assetto più giusto e pacifico alla convivenza umana. Così questo pellegrinaggio a Monte Sole sarà, come lo esige l’Anno Santo della Redenzione, un gesto serio e costruttivo, che tocca la nostra vita e la fa fiorire nell’amore secondo i desideri del Padre.

La parola del papa e dei vescovi
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