La parola del papa e dei vescovi - 33

OMELIA NELLA MESSA PER LA STAZIONE QUARESIMALENEL RICORDO DI TUTTI I SACERDOTI UCCISI DURANTE E DOPO LA GUERRA

Santuario della B. Vergine del Soccorso
Domenica 3 marzo 1985

Il nostro itinerario quaresimale ci porta oggi, per l’ascolto della parola di Dio e la celebrazione dell’Eucarestia, a radunarci nella memoria dei numerosi sacerdoti della Chiesa bolognese, che negli anni tremendi della guerra e negli anni segnati dall’odio, dallo spirito di vendetta, dall’accecamento ideologico che sono seguiti, hanno avuto una morte violenta per mano di uomini.
Moltissimi di loro hanno dato col sangue una testimonianza eroica di fedeltà alla loro missione e di carità pastorale. Tutti sono stati uccisi perchè, essendo pubblicamente impegnati nel servizio della comunità cristiana, si sono trovati esposti, senza possibilità di sottrarsi, ai colpi della ferocia.
Noi li onoriamo tutti. Il mondo per decidere se deve o no dare ossequio ed esaltazione a chi è stato ucciso incolpevole, di solito guarda alla denominazione e alle bandiere degli uccisori. Noi no; noi guardiamo soltanto alle vittime; e se riconosciamo in loro non dei prepotenti che hanno a loro volta infierito, ma dei sacrificati inermi, nostri fratelli di fede, membri della pacifica famiglia dei figli di Dio, noi li ricordiamo e li celebriamo tutti, quale che sia la parte da cui è ad essi arrivata la loro tragica sorte.
Verso questi sacerdoti la nostra Chiesa ha un debito di riconoscenza. Ricevendo l’ordinazione dalle mani del vescovo, essi hanno accettato di andare, secondo la parola di Gesù, "come agnelli in mezzo ai lupi"; e hanno fatto la fine sanguinosa degli agnelli. Con la loro immolazione ci richiamano che cosa può comportare l’impegno del sacerdozio, la totale dedizione al servizio della Chiesa, o anche solo una coerente professione cristiana.
Avrete tutti notato che, nei ripetuti massacri che ogni tanto contrassegnano e profanano i nostri giorni, i credenti non sono mai dalla parte di chi infligge la morte, e sono spesso — troppo spesso — tra quelli che la subiscono. Questa è, in fondo, la nostra gloria. Dovrebbe bastare questo a far capire, a chi non è prevenuto, quanto sia più alta, più nobile, più vera, più degna dell’uomo la fede di Cristo, di tutte le dottrine e i programmi che via via si impongono nella storia, i quali per migliorare le condizioni dell’uomo credono sia giusto infliggere agli innocenti uno spietato tributo di angoscia e di sangue.

* * *

Di fronte a tante vite sacerdotali stroncate, e spesso nel fiore dell’età, siamo tentati anche noi di lamentarci con il Padre dei cieli, che sembra non difendere i suoi. Ma il nostro lamento ci si spegne sul labbro quando riflettiamo che, come ci ha detto san Paolo, Dio "non ha risparmiato il proprio Figlio", ma lo ha abbandonato alle mani assassine dei suoi nemici. Non è intervenuto a impedire lo spargimento di quel sangue purissimo, ma ha fatto di quel sangue il prezzo del nostro perdono.
Questa è la logica del suo agire, questo è il suo disegno. Noi sappiamo che entro questo disegno di redenzione e di grazia anche la morte dei sacerdoti che oggi commemoriamo, riceve arcanamente un posto e un valore; noi sappiamo che nessun sacrificio resta inutile, nessuna morte del giusto è sciupata; noi sappiamo che ogni dolore, quando è unito nella fede alla sofferenza di Cristo, acquista sempre un significato e una efficacia di riscatto, di liberazione, di salvezza.
Certo, di fronte al mistero di questo divino progetto, così fortemente marcato dalla croce, abbiamo bisogno di essere aiutati a credere. E il Signore puntualmente ci aiuta, offrendo alla nostra debolezza questo cammino quaresimale che, giorno dopo giorno, ci fa crescere nella comprensione del Salvatore crocifisso e risorto e dell’ordine di provvidenza che di fatto è stato scelto per noi. Il Signore vede che facciamo fatica a seguirlo nei suoi progetti, che eccedono le nostre menti; e pietosamente ci soccorre.
Anche l’episodio della Trasfigurazione (cioè dell’improvvisa manifestazione dello splendore sublime del Figlio di Dio, fino a quel momento velato dalla normale quotidianità dell’esistenza umana) è stato da parte di Gesù un modo di venire incontro alle interiori difficoltà degli apostoli; e può giovare anche a noi, alle nostre perplessità, alle nostre tentazioni contro la fede.

1. La Trasfigurazione avviene pochi giorni dopo il preannuncio, dato per la prima volta a Cesarea di Filippo, della passione e della morte di Cristo; un annuncio che aveva sconvolto gli apostoli e aveva lasciato ad essi come una spina nel cuore. La rivelazione aperta della sua gloria vuole consolarli e rianimarli.
Con la Trasfigurazione, non si rinnega quanto è stato detto sulla necessità della sofferenza e della croce, ma se ne dimostra visivamente lo scopo, l’esito, il risultato definitivo. Gesù vuole che i suoi discepoli sappiano che la sua non è la religione del Calvario, ma del Calvario che porta alla gioia e alla gloria. Una vita religiosa equilibrata e completa (anzi una vita compiutamente e autenticamente umana) non può mai dimenticare che, se la croce è la nostra strada inevitabile, il Regno di Dio col suo splendore e la sua gioia senza fine è immancabilmente la nostra mèta.
2. C’era una seconda spina nel cuore degli apostoli. Gesù veniva accusato dai suoi nemici di essere un rivoluzionario religioso, uno che voleva rompere con la fede tradizionale del popolo ebraico, uno che era venuto a eliminare la legge e i profeti. Questo lasciava nello smarrimento gli apostoli, che amavano Gesù ma non per questo si sentivano di rinnegare la religione dei loro padri.
Nella Trasfigurazione Gesù si mostra accanto ai due personaggi che sono un po’ il simbolo di tutta la storia d’Israele: Mosè, il depositario della Legge di Dio e il suo estensore; ed Elìa, il più grande e popolare di tutti i profeti, il rappresentante più tipico di tutto il misterioso fenomeno del profetismo; quasi a insegnare ai suoi discepoli che egli è il continuatore non il distruttore, il compimento non l’annientamento dell’antica fede della sua gente.
E così ricorda anche a noi che nessun vero rinnovamento, anche decisivo, in campo religioso, avviene attraverso le rotture e i rinnegamenti del passato: la strada di Dio si svolge con continuità. Dove si disprezza ciò che è stato creduto, amato, vissuto dal popolo di Dio nelle epoche che ci hanno preceduto, ci si colloca fuori dalla strada di Dio e non si fa crescere davvero la comunità cristiana.
3. C’era poi una terza spina, la più pungente e tormentosa. Gli apostoli erano ancora nell’incertezza a proposito di Gesù. Gli volevano bene, l’avevano seguito; ma, in definitiva, chi era quest’uomo misterioso che li aveva affascinati? Era la loro una crisi di fede.
La voce che ascoltano dal cielo nel momento della Trasfigurazione li rassicura: "Questi è il Figlio mio prediletto... Ascoltatelo". Questa voce è rivolta anche a noi: non cerchiamo altrove la fonte della verità, il senso della nostra esistenza, il Signore dei nostri cuori. Il risultato più importante e più bello del nostro cammino quaresimale deve essere proprio quello di crescere nella comprensione e nella comunione vitale con il nostro Salvatore, l’unico Maestro che non ci inganna, l’unica speranza che non delude.
Come si vede, la scena della Trasfigurazione è stata un atto di misericordia verso gli apostoli, le loro sofferenze interiori, i loro dubbi, i loro smarrimenti. Ma anche i nostri giorni sono spesso ansiosi e nebbiosi. Chiediamo che questa celebrazione e tutta la Quaresima che stiamo vivendo sia un atto di misericordia anche per noi. Abbiamo tutti bisogno di un po’ di luce e di un po’ di coraggio.

La parola del papa e dei vescovi
1   2   3   4   5   6   7   8   9   10   11   12   13   14   15   16   17
18   19   20   21   22   23   24   25   26   27   28   29   30   31   32   33   34
35   36   37   38   39   40   41   42   43   44   45   46   47   48   49   50   51