Tra il dire e il fare… una ricchezza per la comunità

Ing. Guido Beccantini, già direttore del centro INAPLI

I corsi di formazione della parrocchia.

Nei primi anni del dopoguerra, dal 1946 in poi, una forte disoccupazione colpiva la nostra zona soprattutto fra i lavoratori dei campi e i giovani in attesa del primo lavoro. Ad abbassare la richiesta di manodopera nelle campagne, che fino ai primi anni ’50 occupava più del 60% dei cittadini, contribuirono la meccanizzazione ed altre cause, ad esempio l’uso delle sementi selezionate e dei diserbanti.

I giovani di conseguenza cominciarono a cercare un futuro di lavoro nei setto­ri industriale e terziario che, viceversa, stavano sviluppandosi assai rapidamente. Ad alimentare queste aspirazioni non era trascurabile il fatto che, per la mentalità corrente, lo stato di lavoratore dei campi non era tanto considerato nella scala sociale. Anche a quei tempi, perfino la più candida delle ragazze ben sapeva che un boaro era un boaro e non aveva il fascino dei cow boy dei film americani. Sapeva pure, quella candida giovane, che l’attività di magliaia o di camiciaia oppure i tasti di una mac­china per scrivere non fanno screpolare la pelle. Era indispensabile conseguire nuove abilità, perché non si lascia da sprovveduti la vanga per la fresatrice meccanica o la zappa per una macchina da maglieria o un libro mastro.

«Il lavoro, fondamentale per la dignità dell’uomo, s’impara da giovani, quando si è grandi, è più difficile».

Era questa la convinzione di don Guido Franzoni, Parroco di San Giovanni in Persice­to, e questa convinzione alimentava, nel Pastore premuroso, la preoccupazione per il futuro dei giovani. Pertanto, avendo egli davvero a cuore la sorte di tutti coloro che il Signore gli aveva affidato, nessuno escluso, si dava da fare.

“Darsi da fare”, per don Guido, voleva dire, letteralmente, “fare”.

Il Parroco non prediligeva le riunioni, a volte interminabili, spesso dedicate all’elabo­razione di ampollose dichiarazioni e spessissimo sterili di frutti utili.

«Tra il dire e il fare c’è di mezzo… il fare».

C’è di mezzo il fare: proprio così. Per passare dal dire al fare occorre fare; non è ne­cessario vedersela col mare.

Don Guido spesso citava il vecchio adagio modificato, in forma e sostanza, a suo uso e consumo, e sempre lo adottava come regola per agire. Si dava così da fare per trovare posti di lavoro e, intanto, si adoperava affinché nuove aziende scegliessero S. Giovan­ni in Persiceto come sede delle loro attività produttive.

Consapevole allo stesso momento del fatto che senza capacità e conoscenze appro­priate era difficile trovare un’occupazione, si ripromise di offrire ai giovani la possibi­lità di formarsi per nuove professioni.

Oggi la Formazione Professionale spetta alle Regioni, a quei tempi la competenza era dello Stato. Gli Uffici Provinciali del Lavoro, organi periferici del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale approvavano e finanziavano Corsi di Formazione proposti da Enti o Istituzioni che disponessero di attrezzature e locali idonei e, innan­zitutto, proponessero obiettivi formativi di sicuro interesse ai fini dell’occupazione di manodopera.

Gli Ispettori del Lavoro controllavano la regolarità dello svolgimento dei corsi stessi in fatto di: tenuta della contabilità e impiego corretto dei finanziamenti statali, condizioni igieniche e di sicurezza di locali e attrezzature, regolare applicazione dei programmi nell’insegnamento. I detti ispettori, spesso, si fermavano nelle aule o nei laboratori per assistere alle lezioni e così valutare di persona il progresso degli allievi e le prestazioni del docente.

Alla formazione delle donne e ragazze persicetane provvide, con l’aiuto di don Gui­do, suor Nazarena, suora Minima di S. Clelia, molto dinamica e con grandi capacità organizzative. Suor Nazarena incominciò l’attività formativa organizzando corsi di maglieria e di sartoria. Di questa attività e dei suoi sviluppi fino al giorno d’oggi è riferito ampiamente in altro articolo di questa pubblicazione.

L’industria meccanica, già con una buona tradizione nella nostra zona, era allora in un momento di grande sviluppo e richiedeva con insistenza nuovi addetti: ecco dunque che la formazione dei ragazzi doveva necessariamente occuparsi di capacità impiega­bili in quel settore.

Che la Parrocchia di Persiceto potesse organizzare anche corsi per meccanici era im­pensabile. Impensabile ipotizzare che si potesse in quell’ambito ‘religioso’ ideare un laboratorio meccanico, con relative macchine utensili.

E invece don Guido tanto fece, tanto s’ingegnò che riuscì a offrire possibilità di for­mazione, dopo le giovani, pure ai ragazzi.

Incominciarono così i corsi di formazione per meccanici, nell’autunno dell’anno 1958; i laboratori erano in locali già occupati dalla falegnameria Fratelli Parmeggiani. Qualcuno forse ricorderà la falegnameria situata dietro l’edificio dove oggi si trova ÆmilBanca; al suo posto oggi ci sono gli esercizi commerciali di Via Muzzinello.

Ebbene proprio in quei locali, un tempo dedicati alla lavorazione del legno, si passò alla lavorazione del metallo.

Vi si attrezzò un laboratorio per le esercitazioni di corsi per meccanici con banchi da lavoro, macchine utensili e posti di saldatura, in parte acquistati dalla Parrocchia e in

parte forniti da imprenditori generosi.

Il primo corso di formazione si svolse, con orario serale, nell’anno formativo 1958-1959.

Il bello doveva ancora venire, ma intanto si era incominciato.

INAPLI

Don Guido era contento, ma non del tutto. Pensava sempre, il Parroco intraprendente e tenace, al futuro dei giovani e voleva per loro una vera grande scuola; una di quelle scuole, chiamate Centri di Formazione Professionale, con tante aule e tanti laboratori ben attrezzati per soddisfare le necessità di formazione. Una scuola come il Centro di Formazione Professionale INAPLI esistente a Sant’Agostino.

Don Guido continuò a lavorare e a muoversi per trovare la strada che portasse all’obiet­tivo che aveva in mente. «Per concludere qualche cosa è necessario consumare le suo­le delle scarpe» soleva dire. Bussò a tante porte e tanto consumò le scarpe che a Roma incontrò chi lo poteva aiutare a realizzare il progetto.

Il dottor Castellucci era allora presidente dell’INAPLI, Ente di diritto pubblico che si era meritato un’ottima reputazione operando con successo nella formazione di lavora­tori per l’industria. Non era tipo da scrivania, aveva viaggiato, e viaggiava instancabile per visitare i Centri dell’Istituto, controllarne il funzionamento e rilevarne le necessità nonché per scoprire siti, privi di scuole di formazione per i lavoratori, nei quali fosse opportuno l’intervento dell’Istituto. Don Guido illustrò al dottor Castellucci la situa­zione di S. Giovanni in Persiceto; insistendo sulla necessità di offrire ai giovani di Persiceto e dintorni l’occasione di imparare un mestiere.

Chi ha conosciuto don Guido e ricorda la sua tenacia sa che non era facile confutare le sue argomentazioni né accantonare le sue proposte. Il dottor Castellucci venne a Persiceto, si rese conto della situazione, riconobbe che la richiesta del Parroco era ben motivata ma aggiunse che non poteva esaudirla perché l’INAPLI, allora molto impe­gnato ad aggiornare i Centri di Formazione che già aveva, non disponeva di risorse per costruire nuove sedi.

Don Guido non si diede per vinto e il dottor Castellucci, alle insistenze del Parroco ostinato, rispose con una sfida o forse una scommessa.

«La Parrocchia metta a disposizione l’area edificabile e l’INAPLI farà il Centro».

Il terreno per la costruzione di un Centro non era affare da poco; si trattava di un onere che la Parrocchia non poteva sostenere. Partita dunque chiusa. Sulla carta.

Il molino Tamburi, il “mulinone”, era, allora, una delle poche industrie di rilievo attive nel persicetano, e il titolare, il Commendatore Tamburi non era taccagno. Don Guido pensò che la Provvidenza sarebbe potuta intervenire anche nelle vesti di mugnaio.

L’idea di proporre “l’affare” al Commendatore non entusiasmò i collaboratori del Par­roco, tanto che alcuni di essi affermarono con tono apodittico: «Tamburi dirà di no».

«Il no lo deve dire il signor Tamburi, non noi» osservò don Guido.

Tamburi, sostenuto dalla sua gentile consorte, disse invece di sì. Con il sì del Tamburi e altri sì provvidenziali la Parrocchia poté acquistare il terreno per ottenere la costru­zione del Centro di Formazione e per attività parrocchiali. La prima pietra del Centro fu posata nell’anno 1959, il giorno quattro novembre anniversario dell’uccisione di Giuseppe Fanin.

Parteciparono alla cerimonia il vescovo Baroni e il ministro Zaccagnini. Era trascorso appena un anno dall’inizio dei Corsi ospitati nella falegnameria Parmeggiani.

LA “SCUOLA DEI PRETI”

L’apertura del cantiere per la costruzione del Centro di Formazione Professionale in­curiosì i persicetani; e, come di solito avviene, anche per questo avvenimento non da poco l’opinione pubblica persicetana si schierò: favorevoli e contrari, pochi gli indif­ferenti. Ci fu chi plaudì subito all’iniziativa che sanava una lacuna del sistema sco­lastico locale; altri, attendisti o diffidenti, prima di esprimersi volevano vedere come sarebbe andata a finire quella difficile e inusuale iniziativa del Parroco. I comunisti, maggioranza assoluta a S. Giovanni in Persiceto, erano contrari, vedendo una nuova, pesante, intromissione del Clero nell’ambito assai rilevante della Formazione Profes­sionale per lavoratori.

Proprio un’insopportabile ingerenza! Il Centro fu quindi battezzato o meglio, sopran­nominato: ‘Scuola dei Preti’. Fantastico!

Questa ‘Scuola dei preti’ fu subito oggetto di pettegolezzi e di apprezzamenti non lusinghieri e, anche dopo l’inizio dell’attività, continuò la maldicenza strisciante indu­cendo alcuni genitori molto scrupolosi ad informarsi ben bene sulla validità del Centro prima di affidargli la formazione dei figli. Due anni dopo la posa della prima pietra, siamo nel dicembre dell’anno 1961, l’ INAPLI iniziò l’attività con il primo anno di un corso triennale per meccanici: un biennio seguito da un anno di specializzazione. Milleduecento ore di lezione l’anno con trentasei ore settimanali di attività: un terzo per le materie teoriche ed il resto per le esercitazioni pratiche al banco, alle macchine utensili e saldatura.

Al corso diurno si aggiunsero corsi serali per tornitori: più brevi di quelli diurni, fu­rono frequentati anche da molti lavoratori che intendevano cambiare mestiere o che volevano migliorare le loro competenze professionali.

L’INAPLI era molto rigoroso nella scelta dei docenti, ne controllava l’attività e ne curava la formazione permanente. La botte dà il vino che ha; il vecchio detto si può applicare anche alla scuola, dove, come di solito accade, la bontà del vino dipende dalla qualità delle persone che vi lavorano.

I docenti, sia di pratica, sia di teoria, reclutati anche fra persone con buona esperienza maturata con mansioni importanti in aziende meccaniche di prestigio, furono selezio­nati, non in base ai titoli esibiti, ma, in modo non superficiale, mediante severe prove d’idoneità. I processi industriali mutavano rapidamente e si arricchivano di innovazio­ni. Alle novità si rispondeva con l’aggiornamento dei docenti e dei direttori mediante appositi corsi e con l’ammodernamento dei programmi e dei mezzi didattici.

La Scuola, attiva con aule e laboratori moderni e ben attrezzati, fu, in sostanza, un patrimonio donato alla comunità di S. Giovanni in Persiceto grazie all’oculatezza, alla volontà, all’impegno e alla perseveranza del parroco don Guido.

Tra il fare e il dire …

Tanti giovani, occupati come lavoratori autonomi o dipendenti oppure in attesa di prima occupazione, frequentarono corsi diurni o serali. Ebbero fiducia nella Scuola ed ebbero ragione perché la ‘Scuola dei Preti’ non ha mai “sfornato” disoccupati. Sfornò anche delle eccellenze: vi furono premi nazionali conseguiti dagli allievi ed anche un sesto posto assoluto europeo. Tanto sicura era l’occupazione, che gli allievi, ancora prima di finire il corso, erano interpellati dai datori di lavoro che intendevano assumer­li nelle loro aziende. L’attività del Centro Tamburi non produsse effetti benefici sol­tanto sulle competenze individuali dei lavoratori, ma diede impulso anche alle inizia­tive imprenditoriali, come risulta dal fatto che i titolari di molte aziende meccaniche persicetane furono allievi di quella scuola. Infine, la presenza in loco di manodopera qualificata favorì l’insediamento di nuove aziende nel territorio.

In conclusione, non si può negare che la ‘Scuola dei Preti’ abbia favorito, con la dif­fusione e lo sviluppo di attività produttive, il miglioramento del benessere della nostra zona. Il Pastore aveva pensato al futuro, all’avvenire dei giovani e al bene della popo­lazione, trovando la risposta adatta al fabbisogno e ‘consumando scarpe’ per rispon­dere con i fatti.

Tra il dire e il fare…

Grazie, don Guido. Grazie!

(estratto da una più corposa memoria dell’ Ing. Beccantini custodita nella Biblioteca capitolare).

Note
Un anno dopo la partenza di don Guido, le competenze sulla Formazione Professionale vennero trasferite alle Regioni. In particolare il Centro Tamburi fu trasferito alla Regione Emilia-Roma­gna che, nel luglio 1972, ne assunse la gestione per poi delegarla al Comune di San Giovanni in Persiceto, competente per territorio.
Dal primo gennaio 1997 il centro Tamburi fu gestito da “Futura” S.p.A. e poi , dal 1° Novembre 2012, da ‘Futura Società Consortile r.l’, nella quale il Comune di San Giovanni in Persiceto ha la maggioranza assoluta.


Centro professionale.

Il Centro viene intitolato al figlio, scomparso prematuramente, del comm. Tamburi.