“Ma tu, uomo di Dio...”

Ho letto con grande piacere gli articoli riportati in questo volumetto. Le memorie di tanti col-laboratori di don Guido danno voce alle ancora più numerose testimonianze di affetto, rispetto e riconoscenza che in questi anni ho raccolto personalmente da tanti parrocchiani.

Non ho avuto la grazia di conoscere personalmente don Guido, e leggendo queste testimonianze capisco di aver perso molto. Mi viene un po’ di invidia per quanti hanno potuto godere di un ministero presbiterale così esemplare!

Posso testimoniare, come attuale parroco di San Giovanni, che la fecondità del ministero di don Guido è ancora molto evidente: quanto ha seminato nei 23 anni trascorsi nella nostra parrocchia ha portato tantissimi frutti, e continua a farlo. Tante belle iniziative, molte partico-larità di cui ci possiamo fregiare non sarebbero mai esistite se non vi fossero state le intuizioni illuminate, coraggiose e a volte santamente incoscienti di don Guido!

Fonte di tutta questa ricchezza è stata senza dubbio la sua ricchissima vita interiore che, asso-ciata ai doni della sua umanità, ne hanno fatto un buon servo di Dio e dei fratelli.

Sentendo parlare di don Guido, mi viene in mente una frase della prima lettera di San Paolo a Timoteo: “Ma tu, uomo di Dio, fuggi queste cose; tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza” (1Tim 6, 11-12).

Prima di tutto, ed essenzialmente, un sacerdote deve essere un uomo di Dio: non uno che svol-ge un mestiere, ma una persona che si lascia plasmare dal proprio rapporto con il Signore, per poterne essere poi ministro presso i fratelli. Similmente a San Giovanni Maria Vianney, don Guido ha realizzato nella propria vita una mirabile sintesi tra la propria umanità e il proprio sacerdozio. Penso che anche a don Guido si possano applicare le parole usate per descrivere il grande sacerdote francese, patrono dei parroci: A ben vedere, ciò che ha reso santo il Curato d’Ars è stata la sua umile fedeltà alla missione a cui Iddio lo aveva chiamato; è stato il suo co-stante abbandono, colmo di fiducia, nelle mani della Provvidenza divina. Egli riuscì a toccare il cuore della gente non in forza delle proprie doti umane, né facendo leva esclusivamente su un pur lodevole impegno della volontà; conquistò le anime, anche le più refrattarie, comuni-cando loro ciò che intimamente viveva, e cioè la sua amicizia con Cristo. Fu “innamorato” di Cristo, e il vero segreto del suo successo pastorale è stato l’amore che nutriva per il Mistero eucaristico annunciato, celebrato e vissuto, che è divenuto amore per il gregge di Cristo, i cristiani e per tutte le persone che cercano Dio (Papa Benedetto XVI - Udienza Generale, 5 agosto 2009).
Certamente la fedeltà alla missione pastorale ha comportato per don Guido anche tante diffi-coltà, ostilità e amarezze. In mezzo a tutto questo, però, come ci è testimoniato da coloro che gli sono stati più vicini, mai ha perduto il desiderio di fare il bene per tutti e tutti condurre al Signore. La fermezza nella lotta contro il male, semmai, è stata per lui segno grande di amore per le persone “Sono contro l’errore ma non contro le persone, e con quello non vengo a pat-ti”, secondo il perenne insegnamento della Chiesa.
Perché in fondo in questo consiste il ministero sacerdotale: nel generare Cristo nel cuore e nella vita degli uomini. Tutte le altre opere hanno come fine di donare a ciascuno la ricchezza più grande e duratura, la comunione con il Signore Gesù, unico Salvatore del mondo.
“Oh! Che cosa grande è il Sacerdozio! Non lo si capirà bene che in Cielo… se lo si compren-desse sulla terra, si morirebbe, non di spavento ma di amore!” (S. Giovanni Maria Vianney)

Don Giovanni Bonfiglioli



Quei giovani mi portarono un giorno al rifugio Gardeccia, appollaiato nelle rocce come un nido d’aquila; ricordo ancora il gelo di quella notte in quel letto di ghiaccio, e l’ebbrezza della scalata e discesa a corda doppia, con don Tita regista.
Le guglie delle Dolomiti, quei silenzi, quel sole senza velina, quel bianco immacolato delle nevi sullo sfondo azzurro terso, ci estasiavano.
(Don Guido, ‘Auguri al Cat Gardeccia per il suo quarantesimo’, 11 Febbraio 1989)

"... tu, uomo di Dio..."

Don Guido tra don Tita Soraruf (celebre guida alpina della Val di Fassa) e Giuseppe Bussolari.