Sarte, magliaie, camiciaie e cuochi, pasticceri, baristi. Cosa c’è in comune?

Suor Marina Bovina, presidente della fondazione Opera Madonna del Lavoro.

Nel periodo dell’immediato dopoguerra, fino al 1950, San Giovanni in Persiceto ed i comuni limitrofi, ad eccezione di Crevalcore, erano privi di scuole professionali.

La nostra zona era prevalentemente ad attività agricola ma a causa di una profonda crisi di ridimensionamento e le basse paghe, i giovani abbandonavano sempre di più i campi. Non potendo però venir assorbiti adeguatamente da altri settori per mancanza

di preparazione specifica, si trovavano in un’imbarazzante situazione di abbandono. Pochi erano poi i ragazzi che frequentavano la scuola dopo le elementari, sia perché mancavano le possibilità economiche per proseguire gli studi sia per scarsa inclina­zione a farlo.

Si sentiva quindi l’esigenza di fornire ai giovani una buona formazione professionale. Come avvenne in altri ambiti educativi, sociali ed assistenziali, anche in questo settore il mondo cattolico si attivò per supplire a quella necessità.


Laboratorio di maglieria.


Nel 1949/50 Suor Nazarena Vecchi, delle Suore Minime dell’Addolorata, con l’appro­vazione e l’incoraggiamento di mons. Guido Franzoni, aprì un laboratorio di maglieria e sartoria, ricevendo commesse anche dall’Esercito Italiano per confezionare le divise. Inizialmente la sede fu un locale al pianoterra della parrocchia, ma presto essa si dimo­strò insufficiente a causa della grande affluenza di ragazze desiderose di imparare un mestiere. A quel punto mons. Franzoni mise a disposizione alcuni locali sovrastanti la Sacrestia, opportunamente adattati per poter accogliere diversi turni dei diversi Corsi professionali. Si poterono così accettare le ragazze che uscivano dalla Scuola Elemen­tare e per chi non aveva compiuto i 14 anni allora prescritti per l’obbligo scolastico, con Atto del Provveditorato Scolastico di Bologna furono istituite, sempre nel Centro, le classi di 6°, 7°. 8° post-elementari.

L’iniziativa fu coronata da largo successo: si pensi che dall’anno 1954/55, quando le allieve frequentanti e promosse furono 36, si arrivò a toccare, nell’anno scolastico 1960/61, il numero di 170. Come sopra si è scritto, i Corsi di Addestramento Profes­sionali del Centro, approvato giuridicamente con decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, venivano sempre svolti in locali precari della parrocchia.

Frattanto mons. Guido Franzoni e suor Nazarena, coadiuvati da un comitato di col­laboratori persicetani, dopo molti viaggi a Roma al Ministero del Lavoro ottennero si aprisse un cantiere di lavoro gratuito e una sovvenzione per costruire quello che divenne il ‘Palazzo Fanin’, dedicato alla memoria del giovane Giuseppe, ucciso per il suo ideale a favore dei lavoratori.

Tutto il paese, affascinato dall’idea geniale di don Guido, contribuì alla realizzazione con preghiere ed offerte. In tutti i negozi venne messa una cassettina-salvadanaio formato “mini palazzo Fanin”. Parteciparono con offerte le banche, gli enti pubblici e privati, e le aule vennero intestate al nome dei benefattori. Attualmente la sede del Centro è posta al secondo piano dell’edificio e siccome nulla è statico nemmeno nel campo del lavoro, non vengono più svolti da tempo i corsi professionali per formare sarte, magliaie, camiciaie, pantalonaie ecc. ma, secondo la richiesta del mercato, oggi si formano degli “Addetti alla Ristorazione”, e cioè cuochi, pasticceri, baristi, came­rieri di sala. Vengono condotti anche corsi ad indirizzo amministrativo ed informatico. Il piccolo Laboratorio Professionale iniziale è diventato nel frattempo un Ente Dioce­sano con la denominazione “Fondazione Opera Madonna del Lavoro” - Centro Fanin.

Non possiamo quindi che riconoscere la lungimiranza di mons. Guido Franzoni e di suor Nazarena, i quali con l’intuizione, il coraggio, la tenacia e la fede, dal piccolo seme hanno fatto crescere la pianta che ha allungato le radici fino a Bologna, dove è sorto da tempo un secondo importante centro di formazione, anch’esso nel settore della ristorazione.


Le future camiciaie.