Vecchio scarpone

Suor Sebastiana, al secolo Rita Maccaferri, suora Minima dell’Addolorata, da tanti anni missionaria in Africa.

“Don Guido per me era un uomo tutto di Dio e tutto degli uomini proprio per il suo modo di relazionarsi con tutti, bimbi, giovani e adulti, si vedeva in lui la presenza di Dio e del suo amore.
Quando venne a Persiceto nel maggio del 1948 per prendere possesso della parroc­chia, ricordo che in tanti eravamo sulla piazza antistante la chiesa ad aspettarlo. Io avevo solo 9 anni ma ricordo l’impressione che fece quando lo vidi arrivare in piazza dal laterale Vicolo Quartirolo, in talare nera, con due scarponi sporchi da montanaro, completamente tosato, e da solo (mi sembra ricordare). Ci fu un mormorio generale di sorpresa; se ricordo bene anche suo fratello don Enelio, che fungeva temporanea­mente da amministratore parrocchiale rimase un po’… così. Don Guido per prendere possesso del nuovo gregge che Dio tramite il Vescovo gli affidava aveva voluto en­trare in città senza tante cerimonie e ‘calcando’ da subito il terreno della parrocchia. Questo già dice molto sulla scelta o il programma di una vita semplice, povera, sobria ad imitazione di Gesù di Nazareth.

(Un po’ celiando, don Enelio, pure lui uomo e sacerdote eccezionale, usava dire che non era tanto semplice convivere con un fratello santo…).

Ricordo ancora che le suore in vari modi cercavano di aiutarlo regalandogli qualcosa di cui, notavano, aveva bisogno. Una volta era molto freddo e gli procurarono sciar­pa, guanti, cappello, scarpe e altro... ma dopo alcuni giorni vedevi il tutto addosso a qualche poveretto del paese. Mia mamma, vedova con nove figli, tante volte è stata da lui consigliata, confortata e anche lodata per l’impegno che aveva nel custodirci; la stimava moltissimo e quando è morta non lo avvertimmo (don Guido non era più a Persiceto) e lui mi confessò che ne aveva avuto molto dispiacere. Tutti i poveri di Persiceto lo conoscevano. Quante famiglie ha aiutato, quanti giovani ha indirizzato nella via del bene! Da lui ho imparato ad amare tutti e non pensare mai male di nes­suno anche di fronte agli avvenimenti più brutti e dolorosi. Diceva: siamo tutti poveri peccatori, tutte pecorelle smarrite ma sempre ricercate con amore dal Signore. Quale grande testimonianza di bontà, pur unita alla sofferenza quando fu ucciso Giuseppe Fanin! Sapeva unire mitezza e dolcezza con la verità e la giustizia nel modo che solo un uomo pieno di Dio può fare. Lo ricordo poi tante volte in ginocchio in Chiesa da­vanti al tabernacolo, per lungo tempo a pregare, assorto completamente in Dio.

Uno spirito veramente missionario, missionario itinerante, sempre fra la sua gente, per ascoltare, consigliare, aiutare...

Fu lui che iniziò nel 1968 per la nostra diocesi ad occuparsi, anche fisicamente, dei nostri fratelli africani, individuando nella parrocchia di Makiro l’obiettivo di un ge­mellaggio per ottenerne reciproci vantaggi spirituali e materiali.
Se sono suora lo devo a lui che mi ha aiutato a scoprire e seguire la volontà di Dio nella mia vita e conservo ancora, come una reliquia carissima, due sue lettere scritte in occasione della mia vestizione e professione religiosa.