Un servitore che mai ha voluto farsi servire

Don Giovanni Volpato, già cappellano a san Giovanni e poi parroco a Monastier di Treviso

Per me, come per coloro che l’hanno conosciuto veramente, don Guido è stato un santo. Servitore di tutti, mai ha voluto farsi servire. I miei primi 15 anni di sacerdozio - dal 1956 al 1971 - li ho trascorsi come cappellano al suo fianco e dal suo esempio e le parole di incoraggiamento ho ricevuto tanto. Gli sarò sempre riconoscente e lo invoco giornalmente, assieme a Santa Clelia e Giuseppe Fanin, frutti entrambi della terra persicetana.

Le doti umane che ho ammirato maggiormente in lui? L’equilibrio, la riservatezza, il far del bene senza pubblicizzarlo, lo spirito di povertà che lo portava ad aiutare i poveri, di risorse e di spirito, la delicatezza d’animo. Come sacerdote non posso invece dimenticare le tante ore, anche notturne, da lui passate in preghiera davanti al SS. Sacramento, che aveva voluto in una cappellina vicino alla sua camera. E le sue tantissime confessioni e direzioni spirituali. La sua venerazione per la Madonna,
il S. Rosario, la pia pratica dei 5 primi sabati del mese. La sua grande gioia quando tornando da Lourdes nel primo centenario delle apparizioni riuscimmo a collocare una riproduzione della statua della Madonnina - fatta e donata da Arnaldo Graziani (a cui nel ricordo siamo tutti riconoscenti) - in una nicchia della Sede da cui sembrava guardare ai ragazzi che affollavano l’oratorio. Di lì a poco venne il cardinale Lercaro a benedire sia quella Immagine che la Sede e da allora questa mi sembrò un oratorio in ‘cammino’.

Quante preoccupazione e cura per i malati in don Guido: voleva sempre essere in-formato di chi soffriva per compiere una visita e portare conforto soprattutto con la Comunione Eucaristica. (Questo aiuto incommensurabile veniva ricevuto di frequente anche dai nostri giovani, perché l’Eucarestia è la vera forza che dà la gioia di vivere). Come cappellano per i giovani ed i ragazzi debbo dire che il parroco mi lasciava molto libero di agire, anche se era contento quando gli esponevo i tanti casi in cui mi imbat-tevo e gli chiedevo consiglio.

Delegava, al massimo coordinava le diverse iniziative, non era un despota.

Mi è tanto dispiaciuto di non poter intervenire alla sua sepoltura, essendo quel giorno io impossibilitato a venire ai funerali: non ho però mai mancato di andare a salutarlo sulla sua tomba ogni volta che mi è capitato di tornare a Persiceto. In verità, don Guido lo sento sempre vicino, non da morto ma da vivo.


Don Novello ritorna a Persiceto come "Monsignore", festeggiato dal clero e i "chierichetti" locali.