I tre nodi

    Sebbene la tattica dei due documenti segreti, usata dai comunisti di Pechino, sembrasse fallire o per lo meno abortire, tuttavia non fu in realtà né un fallimento né un aborto, perché tutto rientrava nel calcolo del loro programma. Erano prodromi e puntatine.
    Il 23 settembre 1950 tutti i giornali di Pechino facevano rilevare a caratteri cubitali un avvenimento importantissimo.
    Si trattava di un manifesto redatto da una quarantina di rappresentanti della Chiesa Protestante che si dicevano disposti e si sentivano onorati di collaborare col Governo comunista; il manifesto fu sottoscritto da più di 1.500 firme. Mille e cinquecento firme raccolte in un batter d'occhio possono sembrar molte e... poche, secondo le circostanze. E sono proprio le circostanze che ne svuotano completamente il valore. Con facilità mille diventeranno tra poco diecimila! Eppoi... centomila. Evviva Pitagora!...
    I mille e cinquecento primi firmatari erano gli associati alla nota ed estesa Organizzazione Giovanile degli Uomini Cristiani (Young Men Christian Association). La fondarono i Protestanti circa il 1890 ed è tutta a sfondo nazionalista. Fin dai primordi si è retta da sé e si attiene, in linea di massima, ai principi cristiani nelle realizzazioni sociali ed individuali; ma considera il cristianesimo unicamente come una sana filosofia etica, prescindendo da ogni rivelazione o dogma.
    Per questo suo vago e utopistico cristianesimo si accosta moltissimo alle idee moderniste. Con questo spirito, il Manifesto si permise accusare il cristianesimo (leggi: Chiesa) «di essersi allontanato dal messaggio rivoluzionario del Cristo, per predicare soltanto un sonnifero evangelico di salvezza individuale, o un vangelo addolcito per tranquillizzare la tenera coscienza dei capitalisti e delle classi abbienti. La Chiesa deve rompere i suoi rapporti con il capitalismo e unirsi strettamente con gli amici della pacifica democrazia». Inoltre:
    «La Chiesa deve confessare di aver crocifisso di nuovo Gesù Cristo e di averlo strettamente fasciato con panni mortuari; deve capire che ella non è la sola venditrice di un rimedio universale per il mondo sofferente perché, al contrario, Dio ha strappato dalle sue mani le chiavi della salvezza dell'umanità e le ha passate ad altri (ai rossi!). Con questo non si vuol pretendere che la dottrina cristiana non si trovi anche in altre correnti del pensiero, no, che anzi sosteniamo si trovi in molte altre parti, nelle più svariate manifestazioni, proprio come lo stesso Gesù predisse: Molti verranno dall'Oriente e dall'Occidente e siederanno nel Regno dei cieli, mentre i figli del Regno (i cristiani fino ad oggi) saranno immersi nelle tenebre esteriori. È chiaro quindi che Gesù non esclude una resurrezione della Chiesa che ha già perduto completamente la vita, ma è altrettanto chiaro che questa sua resurrezione può venire unicamente nell'unione con il nuovo movimento pieno di vitalità, foriero della rinascita dei popoli (comunismo!)».
    Per mantenere la tesi che i «Missionari stranieri sono venuti in Cina con gli stessi intenti degli imperialisti invasori», i redattori del manifesto preferirono passare da ignoranti, commettendo un imperdonabile e grossolano errore storico, col dire che il cristianesimo era venuto in Cina insieme all'imperialismo, cioè cento quaranta anni fa! (Gli altri due secoli di cristianesimo non sono scritti nei volumi della storia?!). «Il cristianesimo ha per sè ottime idee riguardo la riforma sociale, ma corre un gravissimo pericolo di farsi ingannare dal suo compagno di viaggio: l'imperialismo, il nemico acerrimo del popolo, del progresso e della civiltà. Questo pericolo può essere eliminato soltanto con una risoluta ed energica solidarietà dei cristiani cinesi nel formarsi una chiesa tutta propria in collaborazione con il nuovo Governo popolare».
    In pratica il manifesto eccitava i cristiani cinesi a promuovere ed aderire al grande movimento per la pace mondiale, ad opporsi accanitamente al capitalismo usuraio, all'imperialismo piovresco, sviluppando soprattutto nei loro cuori il vero amor patrio come lo ebbe Gesù Cristo. Per riuscire al colpo era indispensabile che i cristiani cinesi si fossero costituiti in una chiesa nazionale con missionari soltanto indigeni, restando indipendenti sia finanziariamente che gerarchicamente dall'estero.
    Questo manifesto, uscito nel luglio del 1950 e diffuso su tutti i toni e con tutti i mezzi che sa suggerire la propaganda comunista, andava acquistando terreno in tutta la Cina protestantica con una rapidità fulminea, tantoché nel gennaio del 1951 l'adesione dava il totale di circa novantamila firme. Fu proprio esso che diede corpo e anima al movimento della famosa «triplice indipendenza», sotto il giudizio della quale doveva cadere anche la nostra Chiesa Cattolica.

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    Che posizione prenderà la Chiesa? Questa deve essere stata la domanda dei comunisti; per noi la risposta era assoluta e categorica.
    Tutti i giornali della Cina comunista, incominciando dagli ultimi mesi del 1950 ma soprattutto dai primi del 1951, non facevano altro che parlare su questa triplice indipendenza della Chiesa cinese come unica soluzione per allontanare definitivamente il mostro dell'imperialismo invasore, e come unico mezzo per dimostrare un sincero amor patrio: la Chiesa cinese deve reggersi economicamente da sé, far propaganda religiosa da sè e governarsi gerarchicamente da sé!
    1. - Indipendenza finanziaria (Tze Yang). Fino ad oggi la Cina ha ricevuto tanti sussidi dall'estero in beni mobili ed immobili: Chiese, Scuole, Ospedali, Orfanotrofi, ecc, tutti col titolo della carità; ma in realtà gli stranieri l'hanno fatto per speculare sui cinesi e per mascherare la loro nefasta opera di imperialisti invasori, i quali, con la veste di agnelli che copriva la loro avidità e ferocia di lupi rapaci, hanno tradito la loro missione e ingannato i nostri connazionali. Ora che li abbiamo smascherati, diciamo ad essi che non abbiamo più bisogno dei loro soldi né dell'oro.
    2. - Indipendenza di propaganda (Tze Ch'uan). I Missionari stranieri, venendo in Cina, non si sono spogliati del loro spirito razziale, per cui molte volte hanno propagato il loro nazionalismo e non la religione cattolica; ora noi vogliamo rinverdire la pura fede cattolica, purgandola dallo «stranierismo». Non abbiamo più alcun bisogno di missionari: la nostra religione la propagheremo da noi.
    3. - Indipendenza gerarchica (Tze Chih). I Missionari stranieri fino adesso han voluto sempre comandare, lasciando a noi cinesi appena gli ultimi posti, ma ora noi non abbiamo più alcun bisogno di essi. Ci siamo noi. Essi, se ne vadano!
    Nessuna frase esplicita alla separazione dalla Chiesa di Roma, ma l'allusione era chiara. Basterebbe avere soltanto una superficiale infarinatura dei principi della dottrina cattolica per riconoscere in questa «triplice indipendenza» un programma scismatico ed apostata.
    I Protestanti aderirono quasi subito a questo movimento e senza difficoltà; ma non così i cattolici.
    Il protestantesimo, sorto sotto l'impulso del nazionalismo e per una esigenza individualistica, non teme le scissioni gerarchiche, ma le pone come fondamento. Considera la religione come un qualche cosa di essenzialmente soggettivo e perciò concepisce le differenti spiritualità come pure conseguenze della naturale varietà dei tipi e delle intelligenze umane. Quindi per essi una Chiesa nazionale cinese era quel che di meglio si potesse desiderare.
    Il cattolicesimo invece ha una natura e un fine diametralmente opposti: l'unità dei fedeli (ut unum sint!). Poiché uno è il Corpo, uno l'organismo: la Chiesa, Tempio vivente fatto di anime e non di calce e mattoni, uno deve essere anche il tessuto connettivo dei vari membri. La gerarchia è quella piramide che ha per base il mondo con un vertice solo: il Papa di Roma!
    Ciononostante il cattolicesimo o cristianesimo universale ammette, anzi esige un movimento indigeno nel clero di ogni nazione per cui venga rispettata qualunque sana mentalità locale, senza pretendere l'introduzione di usi e costumi nostrani, romani o comunque europei; ma riserva a Roma il diritto di decidere su materia di fede e morale.
    I comunisti ben capivano quali e quante difficoltà avrebbero incontrato sull'elemento cattolico, e per questo non proposero mai direttamente la separazione dalla Cattolicità. Anzi, se qualcuno proponeva al propagandista comunista delle difficoltà di questo genere, si sentiva rispondere esplicitamente: «Con questo movimento non si intende separare la Chiesa cinese dalla Chiesa di Roma, ma soltanto distinguerla».
    La stessa risposta alla stessa obbiezione la darà l'astutissimo Ministro degli Esteri Chou En Lai in una riunione del clero cinese di Pechino.
    Con questo metodo dell'equivoco e della frode, i comunisti seppero fare buon giuoco per inoculare nei cristiani i germi della loro propaganda.
    In un secondo momento si mobilitarono tutti i giornali per mettere in mala luce l'opera del Papato nella storia e in particolare la Persona del Papa attuale.
    Tutte le caricature su Pio XII mettevano in derisione la religione, il culto, la preghiera; e facevano risaltare come il Papa fosse in combutta con l'imperialismo americano che cerca solo le distruzioni e le guerre.
    Nel medesimo tempo fioccavano altri manifesti «indipendentistici» scritti da sedicenti cattolici di varie città; e in alcuni apparivano anche le firme di Vicari Generali, come quello di Ch'ung Ch'ing, e di altri Sacerdoti cinesi.

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    Il Governo centrale di Pechino, credendo fosse giunta l'ora opportuna per vibrare il colpo, si decise a mandare un invito alla Curia per convocare il clero cinese e scambiare così qualche idea.
    Lo stesso Chou En Lai, primo Ministro, se ne prese la responsabilità, e la riunione fu tenuta all'Hotel de Pekin (Pei Ching Fan Tien), nel pomeriggio del 17 gennaio 1951. Erano presenti anche due Vescovi cinesi oltre al Vicario Generale.
    Tra gli invitati c'erano anche alcuni Pastori protestanti. Furono molti a parlare in quelle cinque ore di riunione, ma i principali oratori furono tre. tra cui lo stesso Ministro degli Esteri.
    Un oratore elogiò i Protestanti per aver lanciato il movimento della triplice indipendenza, proponendoli all'ammirazione di tutti e spronando i cattolici ad affrettarsi a fare altrettanto; citò anche l'esempio di altre città in cui gli stessi cattolici, veri patrioti, avevano aderito al movimento.
    Il secondo oratore non fece altro che maledire l'imperialismo, specialmente quello americano, che «si servì e si sta servendo della religione cattolica per fare opera di aggressione e di invasione contro la Cina!» Il primo oratore aveva anche accennato al principio di libertà di religione; fu qui che il Vescovo Mons. Chang obbiettò: «Ma perché allora a me e a tanti miei confratelli non si permette di poter ritornare nella nostra missione e seguitare a fare opera di propaganda? Noi siamo cinesi!» Gli venne risposto elegantemente: «Oggi il Governo non ha ancora preso il controllo totale e perfetto delle zone occupate, per cui non può garantire la libera circolazione a tutti, ma ciò avverrà presto».
    Ad un'altra obbiezione di un Sacerdote, che raccontava le sevizie dei comunisti contro i cristiani e i Sacerdoti cinesi, si rispose: «Questi sono abusi locali, dovuti ad iniziative personali che dal Governo vengono riprovati e i responsabili saranno puniti»,
    Infine tenne un lunghissimo sermone di due ore il Ministro Chou En Lai, maestro nella parola e nell'astuzia.
    Un Sacerdote presente ne fece gli appunti; io li tradussi letteralmente dal cinese e li spedii ai miei amici in Italia. Li riproduco testualmente: «Circa mezz'anno fa io più volte ebbi occasione di abboccarmi con i Protestanti e discutere con essi su alcune questioni pratiche di religione, e come risultato si ottenne l'odierno movimento delle tre autonomie o indipendenze. Veramente questo movimento non è stato mia iniziativa, perché incominciò sotto il Governo reazionario di Chiang Kai Shek, ma senza frutto.
    «Appena si ebbe modo di studiare questo movimento mi parve necessario che il Governo lo promuovesse e lo aiutasse in tutti i modi.
    «I Protestanti hanno già iniziato le sottoscrizioni in vasta scala: so che circa novanta mila hanno già aderito al movimento.
    «Inoltre so che anche tra i cattolici ci sono di quelli che pensano di dover promuovere questo movimento, perché sentono il dovere di amare la Patria. So bene che i cattolici in Cina sono circa tre milioni e mezzo, tra i quali molti della classe operaia ed agricola. Questi, in passato, sotto il Governo reazionario, hanno sofferto l'insoffribile, ora invece sotto il Governo popolare possono finalmente respirare e godono vantaggi di ogni genere. Ma tra essi vi sono anche reazionari e questi dobbiamo estirparli ad ogni costo!
    «Per esempio avete quel beccamorto-delinquente di Yu Ping (Arcivescovo di Nanchino): il quale combatte ostinatamente il potere popolare, non pensando affatto alle sofferenze del popolo; e con la stessa ostinazione loda il potere reazionario, aiutandolo in ogni modo; inoltre sta facendo propaganda in tutte le nazioni d'Europa e d'America, Il popolo cinese deve troncare ogni relazione con lui.
    «Che anche tra i cattolici ci siano dei reazionari, tutti lo sanno, e noi non ci meravigliamo, perché tutte le società hanno sempre dei membri buoni e cattivi. Anche dal nostro stesso partito ne abbiamo dovuto epurare molti, tra cui, poco tempo fa, il famoso Chang!
    «Tra gli Apostoli di Cristo ci fu Giuda che lo tradì: anche nella Chiesa di oggi ci sono dei Giuda, ma tutti questi cattivi debbono essere distrutti per il bene dei buoni e di tutta la società.
    «Se nella vostra religione ci rimanessero dei cattivi farebbero cattiva propaganda alla religione stessa ed i buoni ci farebbero brutta figura, quindi è tutto interesse vostro distruggere gli elementi guasti. I Missionari stranieri hanno propagato per molti anni la religione in Cina ed hanno fatto del bene, perché sono stati virtuosi e ferventi e facevano opera di sola evangelizzazione!
    «Oggi io potrei dividere tutti i Missionari stranieri in tre categorie: ci sono i buoni, gli indifferenti e i cattivi!
    «Questi ultimi, che oggi costituiscono la maggior parte, noi li cacceremo certamente via; agli indifferenti lasceremo libertà di scelta: se aderiscono al movimento della triplice indipendenza, assoggettandosi a noi cinesi, bene! diversamente non li sopporteremo; i buoni — ma si contano sulle mani — possono anche restare, e noi li difenderemo come difendiamo gli stessi connazionali. Inoltre se gli indifferenti e i buoni vorranno compiere soltanto l'opera di evangelizzazione, noi li lasceremo fare, se invece volessero fare della politica, noi non lo potremo permettere assolutamente e li cacceremo via.
    «Il nostro movimento patriottico non è contrario a che i cattolici di tutto il mondo formino una sola comunità! Io dico soltanto che questo movimento propone e promuove l'amor patrio e l'unione di tutti i cinesi: noi tutti siamo cinesi, voi tutti siete cinesi e come cattolici cinesi dovete amare la Cina, la vostra Patria. In che modo? Col mantenervi da voi, anche se da principio troverete delle inevitabili difficoltà (e il Governo vi appoggerà molto); col propagare la religione da voi stessi, e col governarvi da voi.
    «La religione sotto la nostra protezione avrà certamente un buon avvenire; in Russia, per esempio» dopo trentatré anni di socialismo, in moltissime località molti credono alla religione ed esercitano le loro cerimonie di culto. Perciò anche noi cinesi, se ci appoggiamo veramente al popolo, possiamo mandare avanti bene la religione, che per il passato in Cina è stata propagata, mantenuta e diretta dagli stranieri, ed è proprio per questo che moltissimi nostri connazionali non la comprendono: perché la considerano come una religione straniera! Ma d'ora in poi se ci sforzeremo di fare da noi stessi, saremo certamente una cosa sola con il popolo cinese e non saremo disprezzati come lo sono gli stranieri, e tutto questo, mi pare, va a vantaggio del popolo e della religione stessa.
    «Ecco perché il movimento della triplice indipendenza si propone di farci amare la Cina democratica e tutti i suoi alleati, di opporci accanitamente ai nemici del nostro Governo e di tagliare ogni relazione con essi.
    «Il Governo da parte sua ci assicura aiuto e sostegno per la difesa e la protezione dei buoni e per la radicale estirpazione dei cattivi.
    «Questo movimento è una bellissima occasione che il Governo ci presta per vedere se realmente amiamo la nostra Patria democratica».
    Il giorno dopo questa famosa riunione, mi recai dal Vicario Generale per saperne personalmente lo svolgimento e le decisioni; egli mi fece un breve resoconto e mi assicurò che noi stranieri avremmo potuto seguitare a fare opera di cooperazione con i Cinesi per la diffusione del Vangelo, ma senza immischiarci nella politica del Governo!