Don Eligio Scanabissi e Don Aggeo Montanari

Colpiti in mezzo al loro gregge

foto Don ELIGIO SCANABISSI

  Nato a Cazzano di Budrio nel settembre 1874: fu ordinato sacerdote il 23 marzo 1901 dal Card. Svampa. Cappellano prima a Le Budrie di Persiceto, fu poi per nove anni Direttore della «Fortitudo» in Via S. Felice. Cappellano militare nella guerra 1915-18, al ritorno nel 1919 andò parroco a Moglio. Ivi lo colse la morte nel bombardamento del 17 aprile 1945.
foto Don AGGEO MONTANARI

  Nato a S. Agostino Ferrarese il 22 maggio 1876 da Sante e Villani Rosa, fu ordinato il 20 settembre 1902 e mandato cappellano a Funo d'Argelato. Parroco prima a Badolo per sette anni, dal 6 gennaio 1924 fu parroco a Ponzano fino al 17 aprile 1945, quando lo colse la morte.

  Il martedì, 17 aprile 1945, più violenta è l'azione degli apparecchi nemici che si succedono sui dintorni di Bologna in un numero ancor più impressionante, approfittando della limpidezza cristallina del cielo. Si calcola fossero 1400 quadrimotori, secondo i dati di uffici competenti. Siamo assordati dai sibili degli sganci, dai tonfi degli scoppi, e ci angosciano le colonne di fumo che si alzano dense dalle periferie della città, tutt'attorno. Le formazioni, in ordine sparso, si accaniscono specialmente sulle vie di comunicazione di importanza assoluta pei tedeschi, come la strada di Pianoro e la Porrettana.
  Sono le ultime battute per costringere il nemico a sloggiare.
  Fra Casalecchio e Pontecchio nella sua bella chiesetta, che non ha mai voluto abbandonare anche quando la maggioranza dei suoi parrocchiani si era rifugiata in città, don Eligio Scanabissi sente l'inesorabile appressarsi del pericolo e con i congiunti e una decina di tedeschi si ritira nel rifugio scavato davanti alla chiesa e rinforzato con grossi tronchi, terra e paglia.
  La zona disgraziatamente viene bombardata a tappeto: la canonica, colpita in pieno, è trasformata in un mucchio di macerie, il campanile è centrato e fracassato, la chiesa incendiata e distrutta: di essa solo le pareti affumicate, come scheletrite reliquie, si protendono nude al cielo.
  La volontà di Dio permise che una grossa bomba si abbattesse in pieno sul rifugio e uccidesse tutti: una decina di tedeschi, don Eligio, le sue due sorelle, sua nipote e una parrocchiana di Pontecchio.
  Dei corpi non si sono trovate traccie, essendo stati sminuzzati e dispersi dallo scoppio: don Ottavio, il Parroco della vicina Pontecchio, non e riuscito a trovare che la sua dentiera e una scarpa.
  Don Eligio era rimasto perchè si sentiva sicuro accanto alla sua amata chiesina, e, nei mesi dell'inverno, si era prodigato con squisita carità per i pochi che non avevano voluto lasciare Pontecchio e Moglio.
  Ha scritto di lui don Ottavio Balestrazzi: «Quando penso a don Eligio Scanabissi mi sento commuovere. Lo ricordo ancora sereno e sorridente venirmi incontro per via D'Azeglio pochi giorni prima della liberazione: era venuto in città pel disbrigo di alcune faccende e al vedermi mi raccontò con occhi brillanti di gioia come egli era stato a benedire le case delle poche famiglie rimaste a Pontecchio, a celebrare la Messa alla tomba di Marconi, lieto di far sentire la presenza del sacerdote nella zona sottoposta a tanto strazio. Lo ringraziai commosso. Una settimana dopo don Eligio era già passato all'eternità... La chiesina che egli teneva così ordinata è semidistrutta e bruciata; la casa dove sacerdote buono, generoso, ospitalissimo, si prodigava instancabile, è un cumulo di macerie. Non c'è più nulla di attraente lassù... eppure la figura di don Eligio ha lasciato un'impronta indelebile: accanto a quelle macerie, in quel viale semisconvolto ove l'ho visto recitare il breviario e dove l'ha raggiunto la morte, si sente ancora aleggiare il suo spirito, par di vedere ancora il suo sorriso... I parrocchiani di Moglio e di Pontecchio gli volevano bene; l'hanno visto morire sulla breccia, vicino alla diletta chiesa. In tutti ha lasciato grande rimpianto, lui che con tutti sapeva trattare con squisita finezza di carità sacerdotale».

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  Forse le stesse massicce formazioni che avevano devastate le periferie della città estesero la loro azione anche sulla strada che dalla vallata del Samoggia porta, in collegamento con Bazzano, sulla via Emilia.
  Verso le ore 11 dello stesso 17 aprile, don Aggeo Montanari, il Parroco di Ponzano, ai primi sordi ronzii delle potenti formazioni, si era ritirato coi familiari e altri parrocchiani (circa una ventina in tutto) nella base del campanile, suo rifugio abituale durante i bombardamenti.
  Ad un certo momento don Aggeo, preoccupato per l'ostensorio che si era portato seco, pregò un parrocchiano che lo portasse più in alto sul campanile. Quello si era appena eclissato nei piani superiori che una bomba si abbattè violentemente ai piedi della torre e, scoppiando, uccise sul colpo il Parroco, i suoi parenti, e quanti si trovavano in basso con lui. L'uomo invece che era salito con l'ostensorio precipitò sì fra le macerie del campanile smozzicato, ma rimase salvo ed è tuttora vivo.
  Così periva don Aggeo Montanari, e i suoi parrocchiani, specie gli «Uomini di Azione Cattolica» che egli curava con predilezione, rimpiansero amaramente la scomparsa del pastore zelante e gli tributarono onori funebri imponenti.

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  Queste due vittime, mietute quasi contemporaneamente, completano la serie di olocausti sacerdotali che ci è costata la nostra liberazione troppo a lungo attesa e, perciò, troppo sanguinosa.