Di fronte a questa sovrastante potenza la Chiesa ed il popolo cristiano cinese si sono venuti a trovare oggi: o si pensa come vuole il governo materialista senza tener conto dei principi cristiani e si vivacchia; o ci si vuol attenere alla religione ed ai principi cristiani e si viene affamati, boicottati, sospettati e condannati al carcere di rieducazione forzata. Qualunque via di mezzo ha dovuto venir tollerata come buona per il momento presente dalla quasi totalità del clero cinese, anche se questa via di mezzo nell’intenzione dei materialisti e degli apostati dovrebbe essere il semplice palliativo per indurre la cristianità cinese a fare dei passi verso lo scisma propriamente detto e verso la distruzione della stessa religione. In vista di tale pericolo mons. Focaccia permise di accettare tutto quello che in base al suo senso ovvio è ancora essenzialmente accettabile secondo la fede e la dottrina cattolica, senza tener conto della mente degli scaltri persecutori, i quali con le parole «imperialisti ed imperialismo» vorrebbero significare almeno una buona parte del personale dirigente della chiesa, non pochi articoli del diritto canonico e anche la propaganda missionaria in genere. La questione fu così abbastanza chiarita e molti cristiani vennero tolti d'imbarazzo potendo intendere cattolicamente quello che forse nella mente altrui poteva avere delle mire tutt’altro che cattoliche.
Un altro fatto veniva ad affliggere la cristianità cinese: le nuove condizioni economiche e politiche del popolo sotto il regime comunista, che comportano un asservimento di tutti al lavoro di produzione, specialmente nelle campagne, dove si sta organizzando un inquadramento che toglie e va sempre più togliendo la libertà di spostamento e di movimento alle popolazioni agricole. In gran parte delle cristianità, dove era ancor tollerata la presenza del sacerdote, la messa e le funzioni religiose si potevano officiare solo di notte e, ovviamente, con la partecipazione di un ben diminuito numero di fedeli. È doloroso ma logico presumere che anche queste funzioni vengano o presto o tardi impedite col pretesto che pregiudicano la sicurezza del popolo e la produzione nazionale, come difatti successe più volte a Yutze per le feste principali. Furono proibite le funzioni perché non riuscivamo a precisare il numero (né uno più né uno meno) di quelli che vi sarebbero accorsi, dovendo la polizia — così dicevano — predisporre il numero adatto e preciso dei militari di vigilanza secondo il maggior o minor concorso di fedeli. Si dovette così chiudere i battenti nelle più grandi solennità religiose. Il popolo cristiano delle campagne che con vari sotterfugi riusciva a portarsi sino alla porta della chiesa, piantonata da poliziotti, doveva deporre il proprio nome, cognome e dimora presso i medesimi e ritornarsene indietro atterrito, con il pianto nel cuore e le lacrime agli occhi. Al paese di dimora venivano poi giudicati responsabili di boicottare la produzione, per essersi assentati dal lavoro senza preavviso e ragioni giuste.