La notizia che un piroscafo con bandiera russa aveva attraccato alla banchina del Canale Candiano fu portata subito in cellula. «Si è fermato un piroscafo russo nel nostro Candiano. Vedeste, compagni, quanto è bello...». Non può essere stato che questo il primo annuncio portato in cellula. Un'ora dopo sulla banchina del Canale Candiano c'era anche la capessa dell'U.D.I. ad agitare il suo fazzoletto rosso verso gli uomini di bordo. I quali uomini di bordo non sapevano spiegarsi il motivo di tanto accorrere di gente e di tanta festa.
Bastò la sera per organizzare la regìa dei festeggiamenti che i comunisti si sentivano in dovere di fare verso questo piroscafo mercantile dell'Unione Sovietica con bandiera rossa a poppa. Le donne dell'U.D.I. avrebbero portato un gran mazzo di mimosa ai marinai. La mimosa resta sempre nel vocabolario comunista il fiore della pace. Agli uomini delle Repubbliche sovietiche s'addiceva il fiore della pace. I comunisti invece non riuscirono a trovare un dono appropriato. «Che cos'è che possiamo dare ai compagni russi (dicevano) che essi non abbiano in meglio e in più?». Decisero quindi di dar in omaggio un album di fotografie partigiane. La sera di quel giorno avrebbe dovuto avvenire la cerimonia. Nel frattempo i compagni ritardatari andavano e venivano dal porto curiosi di vedere e rimirare da vicino quel portento di piroscafo dell'Unione Sovietica. Naturalmente risultò più bello di tutti quanti. (Gli uomini di bordo apparirono tutti grassi e ben nutriti. Nessuna disparità tra di loro. L'ultimo mozzo poteva dirigere il piroscafo, perchè nel regno del Proletariato non ci sono gradi... Qualche bello spirito mise perfino in giro la novella secondo cui quel piroscafo russo aveva due motori: uno per l'alta marea e l'altro per la bassa marea. I comunisti bevvero lo sproposito. Pareva loro di esaltare la Russia sapendo che i suoi piroscafi hanno due motori a seconda della marea alta o bassa. Insomma non si parlava in quei giorni a Ravenna altro che del piroscafo russo attraccato nel Candiano.
Ma, mentre le cellule comuniste erano così indaffarate a organizzare mimose e feste in onore dei «compagni russi a bordo», costoro erano scesi dal piroscafo. In città erano entrati in tutti i negozi e avevano comprato tutto ciò che credettero opportuno di comprare. Risultò che fecero un grosso acquisto di sigarette. Molti si comprarono un apparecchio radio portatile.
Venne la sera. Lungo il Candiano sfilò una processione di gente. Andavano a festeggiare i «compagni russi». Guidava il corteo la capessa dell'U.D.I. con un gran mazzo di mimose. Uomini e donne, ragazze e giovani. Il capitano del piroscafo, che batteva bandiera sovietica, interpretò questo nugolo rumoroso di gente come un temporale. Gente che veniva verso il suo piroscafo... Si mise in contatto subito con la Polizia Portuale e la pregò di venire subito in aiuto.
Poco tempo dopo, quando la capessa dell'U.D.I. con le mimose in mano arrivò davanti al piroscafo, trovò la scaletta sollevata. Sulla tolda stavano tutti i marinai. Guardavano questo strano spettacolo. Poi la folla si addensò. I comunisti delle cellule ravennate parlavano in romagnolo e si raccomandavano di salutare Stalin e Colleghi. Non si capivano. Il capitano intanto sollecitava la Polizia. Ed eccola arrivare in jeeps. Si sentì la sirena. Figurarsi i comunisti e le udine... Dicevano: «Cari compagni russi, dite pure a Stalin che Scelba non ha voluto che vi facciamo festa...». Tutto fu rimesso a posto. La gente fu costretta a sfollare e il capitano ringraziò il brigadiere della Polizia.
Il bello fu quando il brigadiere chiese: «Ma di che nazionalità siete ?». E il capitano del piroscafo mercantile che batteva bandiera sovietica rispose: «Quasi tutti tedeschi e polacchi. Io, per esempio, sono di Berlino».
Ravenna, agosto 1950.