Prefazione

Non sanno più amare

    A scorrere queste pagine agili e fresche a tutta prima vien fatto di sorridere... Sono così spassose certe situazioni: così gustosi certi aneddoti!
    Come quello che mi si riferì poco tempo fa, quando fui a Runco, nel Ferrarese, per una cerimonia di riparazione alla Madonna, della quale era stata sacrilegamente oltraggiata una immagine.
    Mi si raccontava che i bravi «compagni» dì Runco si erano esaltati anche per aver ricevuto un telegramma dal Capo del Partito che li dichiarava, nel territorio ferrarese, «i suoi migliori». Non ci voleva di più per bandire una solenne festa con relativo ballo.
    Ma sul più bello della serata ecco arrivare una lettera: un guastafeste ricordava a quella buona gente che pochi anni prima Balbo, in un suo messaggio, aveva scritto anche lui che, nel territorio ferrarese, proprio quei di Runco erano i suoi migliori... Ma, a ripensarci, si finisce col sentire una profonda pena: «Povera gente! — si pensa, conoscendoli un po' questi gregari — non son cattivi; avrebbero cuore, lavorano, soffrono... Ma una triste propaganda, sfruttando il loro disagio e la loro ignoranza, li ha travolti e li avvelena...».
    Avvelenati! Non sanno più godere con gioia; non sanno più soffrire con pazienza; credono, ma con una fede cieca, irragionevolmente testarda fino ad essere beata, alle panzane più evidenti; sperano l'impossibile e, peggio, l'orribile, e l'attendono con una certezza e costanza che sconcerta... Ma non amano, non sanno più amare!
    Questa è la loro grande sventura, che porta in sè un riflesso dell'Inferno: non saper più amare, nè Dio, nè, conseguentemente, i fratelli...
    Per buona sorte la natura spesso resiste:...
expellas furca, tamen usque recurret, diceva Orazio.
    E questa povera gente, se ha ancora una famiglia, se ha figli, ama ancora, talvolta con tanta passione e abnegazione che arriva a vedere...
    Possano queste pagine scoprire agli illusi una realtà che, accostata, è terribilmente disumana, perchè è la stolta, diabolica presunzione di negare Iddio.

GIACOMO LERCARO Arcivescovo di Ravenna

Ravenna, 5 Marzo 1952.