Cronache e informazioni - 9

LE COMMEMORAZIONI DEL CAN. GIUSEPPE ELLI E DI MONS. ALFONSO MELLONI

Nel corso della solenne commemorazione della presenza e dell’opera della Chiesa Bolognese durante il periodo della guerra e della resistenza, svoltasi il 5 maggio 1975, era stato formulato l’auspicio che la diocesi di Bologna promuovesse una sistematica e diligente raccolta delle testimonianze e dei documenti relativi alle figure di preti, religiosi e fedeli che seppero testimoniare coerentemente la loro fede in quei drammatici e tragici periodi. Il Centro di documentazione "Comunità di fede e resistenza" costituitosi a tale scopo sotto la direzione del Vicario Episcopale Mons. Luciano Gherardi, ha in questa linea promosso recentemente due significative commemorazioni: quella del can. Giuseppe Elli e quella di Alfonso Melloni e dell’opera della G.I.A.C. bolognese nel periodo 1931-1945.

Don Elli: la bontà nel lager

La commemorazione del can. Giuseppe Elli, che fu per 20 anni cappellano nelle Carceri cittadine, che subì dall’aprile 1944 alla fine della guerra la deportazione a Fossoli, Mathausen e Dachau, si è svolta martedì 6 febbraio, anniversario della sua morte, presso la Parrocchia di S. Giovanni in Monte.
Erano presenti i Vescovi Mons. Carlo Manziani di Crema e Mons. Marco Cè, Ausiliare di Bologna, autorità civili e militari, fra cui il Procuratore Generale della Repubblica dott. Bonfiglio e il Sindaco di Marzabotto, Cruicchi, numerosi sacerdoti, amici ed estimatori di don Elli.
Nell’omelia tenuta nel corso della concelebrazione di suffragio, Mons. Cè ha posto in luce l’animazione evangelica di questo sacerdote, tipicamente petroniano, che aveva lavorato fra i carcerati e gli ospiti del riformatorio di via Pratello, con una carica di forza e di ottimismo, che non era mai venuta meno, neanche nell’inferno dei campi di sterminio.
Successivamente, nella sala parrocchiale, dopo brevi parole di introduzione di Mons. Gherardi, la figura di don Elli è stata ricordata da due suoi compagni di prigionia: Mons. Sante Bartolai, parroco di Savoniero (Modena) già internato a Mathausen e Mons. Carlo Manziana, Vescovo di Crema, che condivise con don Elli il periodo di prigionia a Dachau. Entrambi hanno insistito sulla bontà e serenità di don Elli, in quelle tragiche situazioni di sofferenza per i maltrattamenti, la fame, le malattie: un sacerdote che sopportò con dolcezza queste sofferenze, per lui ancora aggravate dall’età avanzata e dalla salute malferma, senza un minimo atteggiamento di sconforto, e tanto meno di odio verso i suoi aguzzini, in un profondo spirito di preghiera e di fede, in atteggiamento di costante perdono e carità.

Alfonso Melloni e la G.I.A..C. bolognese nel periodo 1931-1945

Mercoledì 5 maggio, nell’ottavo anniversario della sua scomparsa è stata rievocata la figura di Mons. Alfonso Melloni, Presidente Diocesano della GIAC dal 1936 al 1944, divenuto poi sacerdote (1948), Rettore del seminario Diocesano (1952), Delegato Arcivescovile per le Religiose (1963).

La rievocazione, che ha voluto sottolineare soprattutto la figura di Alfonso Melloni come dirigente diocesano della GIAC bolognese nel fecondo e travagliato periodo 1931-1944, ha avuto un primo momento significativo nella concelebrazione svoltasi nel pomeriggio nella Metropolitana di S. Pietro, presieduta dal Vescovo Ausiliare Mons. Benito Cocchi, alla quale ha partecipato anche Mons. Luigi Bettazzi, bolognese, Vescovo di Ivrea.
Mons. Cocchi, all’inizio del rito liturgico ha dato lettura di un messaggio del Card. Arcivescovo, che poneva in evidenza come non si trattava di una rievocazione solo volta al passato: "penso che ancora oggi - ha scritto l’Arcivescovo - ci siano nella nostra Chiesa molti giovani e ragazzi ricettivi e aperti alla grazia come lo fu Alfonso Melloni. Si tratta di rigenerare le nostre comunità, perché siano sempre più accoglienti e continuino a plasmare coscienze forti e generose, servitori del popolo di Dio, e, perchè no, sacerdoti e pastori per la Chiesa.
Ricordato l’impegno che anche la "nuova" Azione Cattolica sta rivolgendo a questa opera di formazione cristiana, e la necessità che tale sforzo si inserisca in vitale continuità nel solco avviati in precedenza, il messaggio dell’Arcivescovo concludeva: "Non perdiamo la strada percorsa dai nostri fratelli. Era retta e luminosa. Monsignor Melloni ne è una limpida testimonianza. Non lasciamo i nostri giovani privi di orientamenti e prospettive e tanto meno privi di aiuto. Desideriamo avvenga anche per loro, piena ed efficace, la trasmissione dei valori che, come sapete, nella Chiesa è realtà di tradizione".
L’Omelia della Messa è stata tenuta da Mons. Giovanni Catti, che fu particolarmente vicino ad Alfonso Melloni nel lavoro diocesano della GIAC. "Tutti noi - ha detto fra l’altro Mons. Catti - ricordiamo le sue prolungate adorazioni, fatte di silenzio, avvolte in un segreto che nessuno è mai riuscito a penetrare. Aveva un appuntamento quotidiano con l’Unico, e a questo appuntamento non voleva mancare. Soltanto la fatica e il sonno imposto da questa fatica sembrarono capaci di impedirgli la orazione. Ascoltarono il suo commento alla parola di Dio gli aspiranti, gli juniores e i seniores, i dirigenti della GIAC, i deportati di Chemnitz e a Monaco di Baviera, i seminaristi, le religiose, gli universitari, i non vedenti e molti altri. Un commento studiato e quasi sempre delineato per iscritto, con la tensione di chi teme di non aver studiato abbastanza. Un commento casto, non contaminato da scribi e farisei, dall’adorazione delle parole nè dell'adorazione della legge ma scritte nell'adorazione dell'Autore delle parole e della legge".

In serata, presso il Salone S. Domenico, la rievocazione di Alfonso Melloni è stata inserita in una serie di testimonianze storiche e di cronache sulla vita dell’Azione Cattolica di quel tempo.
Attraverso un lungo ed esemplare servizio, Melloni - ha ricordato monsignor Luciano Gherardi - era diventato quasi una sigla vivente dell’Azione Cattolica bolognese, soprattutto della GIAC. Delegato aspiranti al termine del 1931 (Melloni era nato nel 1902), dopo l’ondata di violenze fasciste che investì i circoli giovanili, cinque anni dopo era presidente diocesano. Esperto, instancabile, dotato di una forza straordinaria di convinzione, alimentata da una profonda vena contemplativa.
I problemi del tempo specie in campo cattolico, sono stati ricostruiti dal prof. Sandro Albertazzi, mentre il giornalista Franco Pecci ha fatto rivivere i momenti indimenticabili di un impegno partecipato con dedizione e con gioia. Numerose le testimonianze di amici e di estimatori. L’on. Angelo Salizzoni ha ricordato i tempi del "Gruppo del Vangelo" e del Circolo Leone XIII, vivificati dalla presenza attiva di Alfonso e dei suoi fratelli Giorgio e Lorenzo, così come ha ricordato il fermo no di Mellone all’adesione al fascismo; una resistenza - ha osservato mons. Catti - di carattere teologico. Resistenza all’oppressore sociale e politico. Un atteggiamento che era contro l’adorazione dello Stato e di ogni altro idolo, sulla scia del cardinale Dalla Costa e dal cardinale Faulhaber, due figure alle quali amava riallacciarsi.
Nel tragico scorcio degli anni dal 1943-45 Melloni fece parte di quel gruppo di giovani, di fucini, di uomini cattolici - operai, contadini, impiegati, laureati - che intorno ad alcuni anziani sacerdoti e laici iniziarono clandestinamente il discorso della ripresa democratica alla luce del Vangelo e dell’insegnamento della Chiesa. Pagò di persona, con otto mesi di detenzione nel campo di lavoro di Chemnitz, in Germania. Il dott. Oddone Girotti che fu suo compagno di prigionia, ha ripercorso quei durissimi momenti. La cattura qui nel Bolognese, poi il trasferimento a Fossoli, a Mantova, a Peschiera, a Dresda fino a Chemitz. La sua compostezza e serenità anche nei momenti tragici. La sua preghiera sul carro di prigionia toccò pure chi non aveva la fede. Riuscì persino ad organizzare dei corsi di esercizi spirituali per gli internati italiani a Monaco di Baviera, dove era stato trasferito. Sopportò tutte le fatiche ed anche la tremenda notizia della morte della madre. Poi venne il momento del ritorno. A piedi, fino a Verona, poi in bicicletta a Bologna.
Altre testimonianze: quella di Monsignor Bettazzi, ora Vescovo di Ivrea, che ha ricordato il gusto per il bello che aveva Melloni. Monsignor Enelio Franzoni (ho visto Alfonso piangere negli ultimi tempi, quando ormai il male era lancinante e mi è apparso ancora più umano e completo nella sua grandezza; ricordo i suoi funerali, che segnarono un grande momento unitario nella nostra comunità); l’ing. Chiodini (nel suo ricordo la semplicità di parola dello scomparso e un senso di precursore nell’intendere l’Azione Cattolica). Il prof. Stagni ha sottolineato il grande rispetto che aveva per gli altri, specie per chi la pensava in modo diverso. Carlo Salizzoni ha ricordato il senso della preghiera e dell’adorazione presente in Melloni.

Nel 1945 Alfonso Melloni entrò in seminario. Tre anni dopo divenne sacerdote. Cappellano a San Giuliano, Rettore del seminario, Vicario per la religiose, delegato per la Santa Cresima. Ecco alcune tappe del suo ministero. La testimonianza laicale e sacerdotale di Alfonso Melloni - ha osservato mons. Gherardi - è una linea in progressione, straordinariamente coerente. Fu un uomo della libertà perché era un uomo dell’Eucarestia e della carità nel senso più squisitamente evangelico.

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