La parola del papa e dei vescovi - 48

OMELIA NELLA MESSA DELLA DEDICAZIONE DELL’ORATORIO DI S. MARIA ANNUNZIATA A MONTE SOLE

Casaglia di Caprara
Domenica 18 aprile 1993



Questa è un’ora di gioia: è la gioia di una lunga attesa felicemente conclusa e di una speranza avverata; è la gioia che ci è offerta dalla misericordia del Padre come promessa e anticipazione della festa definitiva e piena del Regno, quando la comunità dei redenti - raffigurata in quest’aula che oggi dedichiamo per sempre al culto divino, in onore della Madonna annunziata - si rivelerà in tutta la sua bellezza di Sposa dell’Agnello "risplendente della gloria di Dio" (Ap 21,10).
Tutta la nostra Chiesa si rallegra di questo momento di grazia e unisce il suo canto di riconoscenza a quello di don Dossetti e della sua famiglia per una lunga storia di fede, di ricerca docile e laboriosa della volontà del Signore, di attenzione ai segni e alle indicazioni discrete di colui che "guida Giuseppe come un gregge" (cfr. Sal 80,2); una storia che oggi tocca per così dire il suo colmo e raggiunge il suo compimento, se di compimento si può mai parlare mentre dura il pellegrinaggio terreno.
L’intera diocesi bolognese è qui a manifestare a don Giuseppe, con le felicitazioni e gli auguri per il suo ottantesimo compleanno, la più viva gratitudine per il molto bene ricevuto dalla sua testimonianza, dal suo servizio ecclesiale, dal suo magistero di vita. E non si poteva, credo, immaginare occasione più propizia di questa suggestiva celebrazione per dirgli, col nostro grazie, la stima e l’affetto che nutriamo per lui.

Attirando con questo rito lo sguardo benedicente del Creatore di tutte le cose su questo altare e su questo edificio, noi sollecitiamo al tempo stesso la divina benevolenza verso tutta la dimora di vergini qui irrevocabilmente offerte all’amore sponsale di Cristo.
Sia dunque, questa, una casa di contemplazione e di orazione, una casa di carità vissuta e di tensione senza cedimenti verso l’incontro aperto con "il più bello tra i figli dell’uomo" (cfr. Sal 45,3) e verso "la vita del mondo che verrà".
Qui assiduamente si ascolti con cuore semplice e veramente cattolico l’insegnamento salvifico che giunge a noi dalla voce degli apostoli; qui l’unione fraterna sia quotidianamente riconquistata oltre ogni nube e ogni possibile malinteso; qui l’immolazione pasquale del Redentore, ripresentata nel mistero della "frazione del pane", faccia di tutti i partecipanti un sacrificio perenne a Dio gradito, nella realtà di un’esistenza nascosta e operosa.
E da questo luogo si elevi senza stanchezza la preghiera fiduciosa e calda per la "nazione santa" che in tutto il mondo, tra mille tentazioni e mille debolezze, cerca di essere fedele al suo Maestro e al suo Re; la preghiera per la nostra Chiesa bolognese perchè, lasciandosi sempre più illuminare dal Vangelo, sempre più efficacemente si faccia evangelizzatrice; la preghiera per tutte le necessità degli uomini, per il mare di sofferenze e di peccati che ricopre la terra, per tutti gli animi che consapevolmente o inconsapevolmente anelano alla verità e alla salvezza.
E mi è caro riprendere e confermare in questa circostanza il mandato di quasi nove anni fa, che richiama la ragione ecclesiale della presenza su questi monti della Piccola Famiglia dell’Annunziata: "Noi affidiamo a questa comunità il compito dell’azione di suffragio per quanti hanno imporporato del loro sangue tutta la nostra regione...; il compito della preghiera per la concordia dei popoli e delle fazioni, e per la conversione dei cuori; il compito dell’annuncio a quanti qui verranno della pace vera, che è la pace messianica portata da Cristo; il compito dell’accoglienza e della illuminazione dei pellegrini, che qui arriveranno a ritemprarsi nella fede e a ricercare le motivazioni di una più coraggiosa coerenza cristiana".

Il rito di oggi destina irrevocabilmente questo spazio al culto nuovo "in spirito e verità" (Gv 4,23.24) e fa di questa pietra centrale, su cui verseremo il crisma che consacra, l’emblema della presenza in mezzo ai suoi del Messia, Gesù di Nazaret crocifisso e risorto, unico ed eterno sacerdote, unica vittima pienamente sufficiente per il riscatto e la santificazione di tutte le cose.
Il culto in spirito e verità ci dice che lo Spirito Santo sarà il principale e più autentico protagonista di tutto ciò che qui si svolgerà. Lui, che è il principio della nostra nascita alla vita divina e della stessa fecondità della Chiesa, qui con la voce e il cuore degli oranti intercederà a favore di tutti gli uomini "con gemiti inenarrabili" (cfr. Rm 8,26). Lui, che è "lo Spirito di verità", qui saprà guidare alla "verità tutta intera" (cfr. Gv 16,13). Lui, che è la sorgente della vera vita, (cfr. Gv 7,37-39), qui arricchirà ogni azione sacramentale dell’energia vivificante della grazia.
Il culto in spirito e verità ci farà guardare con occhi soprannaturalmente potenziati e resi penetranti a questo altare, simbolo del Salvatore, così da rievocare e riprodurre a ogni sguardo l’esperienza emozionante dell’apostolo Tommaso, il quale, proprio in questo ottavo giorno dalla risurrezione di Gesù, ha riconosciuto e adorato il suo Signore e il suo Dio.
Signore: il Signore dell’immenso universo e di ogni più piccolo essere, che è sempre riverbero della bellezza e del valore di Cristo; il Signore della storia e dei cuori, che illumina di sè gli accadimenti più opachi ed è sempre capace di affascinare le giovinezze; il Signore di ogni nostro pensiero, di ogni nostro affetto, di tutta la nostra vita.
Dio: unico Dio col Padre e con lo Spirito Santo, "Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero". A lui, qui e in ogni luogo salga ogni giorno l’omaggio appassionato di una fede limpida, che tutto sa raccogliere in una sola sintetica intelligenza:

  "Noi crediamo in un Dio generato,
  nato tra noi dalla Vergine Santa,
  che tolse i peccati del mondo
  e siede alla destra del Padre"
  (Ambrogio, Inno di Terza)

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