Don Mauro Fornasari

Un giovane martire moderno

foto Don MAURO FORNASARI DIACONO

  Nato il 22 aprile 1922 a Longara (Calderara di Reno); entrato in Semina rio nel 1934, è ordinato diacono il 18 giugno 1944, nella Basilica di S. Luca. Ucciso il 5 ottobre 1944 presso Gesso (Zola Predosa).

  La famiglia Fornasari, dimorante alla Longara di Calderara di Reno, è raccolta in cucina per la cena. Accanto al padre, che siede a capotavola, prende posto il figlio don Mauro, da poco ordinato diacono e in attesa trepida del sacerdozio; gli altri fratelli e la madre si mettono attorno.
  Sono le nove di sera del 4 ottobre 1944.
  Colpi violenti battuti alla porta di casa interrompono la tranquillità della cena e fanno balzare il cuore in petto ai familiari. Quattro individui armati, sconosciuti a tutti i presenti, fanno irruzione nella rustica cucina e richiedono di don Mauro:
  — In nome della Questura, deve venire con noi, per una missione importante. —
  Don Mauro si alza perplesso dal suo posto. La sua figura snella sembra farsi anche più alta nella penombra della cucina e i suoi occhi, sotto l'ombra degli occhiali, si fissano sui quattro individui. Se vi è in lui trepidazione, non vi è però ombra di terrore e il sorriso non scompare dalle sue labbra.
  — Perchè dovrei venire con voi? di che si tratta? Non si può sapere? — interroga insistendo fra il silenzio glaciale dei suoi congiunti che hanno cessato di mangiare.
  — Non siamo qui per dare spiegazioni!
  Si tratta di cosa grave e dovete venire subito.
  Questo è quanto abbiamo da dire! —
  Ancora qualche attimo di esitazione, qualche istante di muta riflessione, e infine aderisce all'invito:
  — Ebbene, andiamo pure! —
  I suoi gli si stringono intorno in accorata implorazione:
  — Don Mauro non andare! Se ti fanno del male?
  — E perchè? — li conforta il giovane. —
  Io non ho fatto male a nessuno e non mi succederà nulla! —
  Si pone il cappello ed esce con gli sconosciuti. Dietro di loro si chiude la porta.
  I rimasti si guardano in faccia e non sanno che sospirare. In tavola la cena si raffredda: nessuno ha più voglia di mangiare. La mamma piange silenziosa in un canto, e il tempo passa lento in quella penosa attesa: una mezz'ora che pare un secolo.
  Infine si spalanca l'uscio e rientra don Mauro. È affannato, i capelli arruffati, la fronte inondata di sudore. Si butta su di una sedia.
  — Che ti è successo? — interrogano tutti stretti attorno a lui.
  Egli aspetta un po’ che si calmi l'affanno, poi col fiato ancora rotto racconta. «Una «1100» l'aspettava sulla strada del Trebbo e, montatovi, si è accorto di trovarsi circondato da accaniti nemici della religione. Hanno cominciato ad insultare il Papa, ad ingiuriare i preti, a deridere la Fede Cristiana, e don Mauro, colpito nei suoi più cari sentimenti, ha ribattuto con calore punto per punto. Giunto in una località deserta presso il Reno, la macchina si ferma, lo fanno discendere. Allora guardandosi attorno, solo in tanta solitudine, ha l'intuizione del delitto che quelli si preparano a compiere. Con somma destrezza spicca un salto dalla parte opposta della macchina e si slancia a fuga precipitosa verso casa. Gli sparano dietro alcuni colpi di rivoltella, ma fortunatamente non lo colpiscono; ha potuto così raggiungere la strada e arrivare fino a casa».
  L'agitazione è ancora tumultuosa nel suo cuore. Abbraccia la mamma, che gli sta accanto, bevendo le sue parole insieme con le lacrime che le colano dagli occhi, dice a tutti di ringraziare la Madonna perchè è proprio una sua grazia essere riuscito a fuggire illeso.
  Poi rimane ancora sospeso: uno scrupolo gli attanaglia il cuore:
  — Forse ho fatto male a fuggire! perchè se si trattava di odio contro la religione non dovevo farlo... —
  È forse il rimpianto del vero martirio appena sfiorato e non raggiunto.

* * *

  La mattina dopo.
  Don Mauro dorme ancora nella sua cameretta, dopo le emozioni eccezionali della sera precedente che l'hanno tenuto sveglio a lungo.
  Cinque individui armati di fucile mitragliatore fanno irruzione nella casa e chiedono di lui.
  La mamma getta un grido di disperazione, i fratelli si scervellano per trovare un mezzo di sottrarre don Mauro. Ma non c'è via di scampo.
  Don Mauro discende in cucina rivestito della sua veste talare; saluta tutti i familiari, ed ha parole di conforto per la mamma. Poi si unisce a quei carnefici che lo prendono in mezzo e lo portano con sè.
  Che è successo nel tragitto?
  Perchè e come l'hanno ucciso?
  Rimane un mistero.
  A dieci chilometri da Longara, presso Gesso, sotto l'argine del Lavino è stato ritrovato il suo cadavere.
  Nella testa aveva i segni di numerosi colpi di arma da fuoco.

* * *

  Pur rimanendo ancora misteriosa, e forse lo sarà per sempre, la causa della sua morte, dalle parole dette da lui ai familiari in quella sera di terrore, ci sembra di poter arguire con certezza che solo l'odio verso la religione, verso la Chiesa e verso il clero, abbia portato questo puro levita, già alla soglia del sacerdozio, all'olocausto della sua giovane vita.
  In don Mauro quindi veneriamo il martire moderno abbattuto vilmente dai moderni persecutori della Chiesa.
  Il Signore ha serbato a Don Mauro, che ricordiamo buono e attento scolaro sui banchi di scuola del seminario, una corona più fulgida di quella del sacerdozio a cui ardentemente aspirava: la corona delle primizie dei martiri di questa epoca di lotta feroce, per quanto mascherata, verso la Chiesa di Cristo.