Debbo ora soffermarmi su un altro grave fatto emerso nel corso delle mie indagini: la scomparsa di documenti dalle pratiche custodite negli archivi del Comune.
Ho osservato che la Convenzione Comune-Orlandini del 1936 si richiama ad un esproprio per causa di pubblica utilità connesso alla delibera di approvazione del Piano particolareggiato 7 giugno 1935. Questa delibera esiste, ma invano si sono cercati negli archivi del Comune la relazione, le planimetrie e l'elenco descrittivo degli immobili espropriati, con le relative indennità offerte, documenti che pure formavano parte integrante della delibera. La Commissione ha richiesto quei documenti alla Prefettura, ma neppure là esistevano, essendo stato quell’archivio danneggiato dai bombardamenti. Si sarebbe potuto ricorrere agli archivi del Ministero dei LL. PP., ma ciò non è stato fatto dagli altri e non è stato possibile a me. Ho potuto però indagare personalmente altrove e, dopo pazienti ricerche, sono riuscito a trovare una raccolta degli Annunzi Legali della Prefettura, dove al n. 37, a pag. 375, in data 5 novembre 1935, è la pubblicazione a pagamento della deliberazione podestarile 7 giugno 1935 n. 22235 di P. G., la quale può fornirci la traccia per ricercare il Piano particolareggiato d'esecuzione interessante la zona ove sorgevano gli immobili Orlandini. Vi è annesso l'elenco descrittivo delle espropriazioni, con le relative offerte di prezzo, il cui esame è stato per me molto istruttivo. Infatti, confrontando l'indennità offerta all'Orlandini (L. 460.000 per il fabbricato Saffi 1 - Lame 2) con le indennità offerte a un'altra decina di proprietari, ho potuto riscontrare che, fin da allora, l’Orlandini poteva considerarsi in vantaggio. Basti il confronto fra la sua proprietà di are 7,08 con un reddito imponibile di lire 21.666,67, per cui fu offerta una indennità di 460.000 lire, con la proprietà fronteggiante, quella che sorgeva in angolo fra le vie Ugo Bassi e vecchia Casse, esattamente dove ora sorge il palazzo costruito dalla Saceb: per detta proprietà, di are 8,34 con un reddito di L. 34.499, fu offerta una indennità di L. 520.000. In proporzione, e a prescindere dalla posizione indubbiamente migliore dello stabile in angolo con la via Ugo Bassi, l’indennità da offrirsi all’Orlandini doveva essere non già di 460.000 lire ma sensibilmente inferiore alle 400.000 lire. E che l'indennità offerta dal Comune fosse per l'Orlandini conveniente ed accettabile, sta a dimostrarlo il fatto che, come detto in convenzione, l'Orlandini si affrettò a consegnare quasi immediatamente, cioè il 9 giugno 1935, il suo stabile di Via S. Felice 1 -Lame 2. Questa consegna fornisce anche la prova che l'esproprio fu a quell'epoca dall'Orlandini accettato e comunque non è stata dimostrata alcuna opposizione all'esproprio che l'Orlandini avesse eventualmente fatto nei termini e nei modi di legge.
Ma ci dice inoltre la premessa della convenzione che anche il secondo stabile Orlandini S. Felice 3 - Lame 4 era soggetto all'espropriazione, in forza dell'art. 2 della legge 11 aprile 1889 n. 6020, che estendeva il diritto di esproprio del Comune alle zone attigue a quelle necessarie all'esecuzione dell'opera pubblica. Per tale secondo stabile, di are 7,92, con un reddito imponibile di L. 16.666,67, non ho potuto trovare l'indennità offerta: questa doveva essere contenuta in altri allegati pure scomparsi, relativi al Piano di risanamento approvato con deliberazione podestarile 1 ottobre 1938. Comunque, si deduce dall'elenco dei mappali che nel piano furono compresi tutti gli immobili Orlandini. (Questa è una prova che l’esproprio fu mantenuto dal Comune e comunque rinnovato dopo aver stipulata la convenzione). Fatte le debite proporzioni, per il secondo stabile, non dovrebbe essere stata offerta una somma superiore alle 340.000 lire, sicché l'Orlandini avrebbe dovuto percepire per tutti i suoi immobili in luogo, complessivamente, non più di 800.000 lire (circa 80 milioni di moneta attuale secondo gli esperti).
Da ciò si arguisce che il prezzo di L. 750 al mq. convenuto in convenzione era di grande vantaggio per l’Orlandini, rappresentando esso un importo totale di L. 1.126.500, cioè un prezzo superiore di un buon 40 % alla indennità di esproprio.
Da quanto ho esposto si deduce l'importanza che i documenti «comparsi rappresentano pur quella indagine che la Commissione aveva avuto il mandato di eseguire. Ma purtroppo fu considerata normale la scomparsa dei documenti dopo tanti anni, e non si pensò ad accertare eventuali responsabilità di impiegati. L’art. 259 della Legge Comunale e Provinciale che sancisce tale responsabilità dei funzionari per le carte e documenti loro affidati, avrebbe permessa l'indagine.
Oltre alla accertata e indiscussa sparizione di quanto ho detto cioè:
1) tutti gli allegati alla delibera 7 giugno 1935 (relazione, disegni, elenco immobili espropriati, indennità offerte e forse altri);
2) quasi tutti gli allegati alla delibera 1 ottobre 1938 (piano di risanamento) fra cui l’elenco descrittivo degli immobili da espropriare e relative indennità offerte;
oltre a ciò, dicevo, mancano alcuni allegati anche al Piano del 1941, ma questi ultimi non influiscono molto sulla questione, essendo ormai pacifico che quel piano è nullo, mancando delle superiori approvazioni.
Ora io mi chiedo, poiché i documenti mancanti non riguardano soltanto gli immobili Orlandini ma tutte quelle numerose proprietà assoggettate ad esproprio, come si regola il Comune e come si è regolato fino ad oggi in tutti gli altri casi, senza l'appoggio dei documenti basilari?
Ma contro la scomparsa dei documenti, sta quasi a bilanciare la situazione, l'apparizione di documenti nuovi, quali i verbali di riconsegna degli immobili Orlandini, di cui abbiamo già detto e su cui non vogliamo ripeterci.
Si rimane sgomenti quando si sente un funzionario del Comune affermare candidamente che questa di redigere importanti documenti con ritardo anche di molti mesi sulla data che essi attestano, è la prassi che segue da ben 17 anni! Eppure va attribuito molto valore ai protocolli: una prova di ciò è stata fornita alla Commissione da quel secondo documento esibito in chiusura dei lavori e sul quale io ho fatto alcuni rilievi, senza ottenere le dovute spiegazioni. Trattasi di una lettera a firma del Sindaco, diretta al Ministero dei Lavori Pubblici in data 11 novembre 1947, avente per oggetto il Piano di ricostruzione e che reca due numeri di protocollo — generale e dell'ufficio V — entrambi del 1943, cioè di ben quattro anni prima. Ho chiesto come sia possibile con sicurezza accertare che la lettera sia effettivamente partita e proprio in quella data del 1947, quando reca due numeri di protocollo del 1943.
Occorre essere rigidi perché altrimenti, in una pratica si rende possibile includere a piacimento lettere in arrivo e partenza e qualunque altro documento, con le conseguenze che ognuno può bene immaginare. Comunque io credo all'esattezza di quella lettera esibita all'ultima ora, e che mi ha dato modo di rilevare un'altra mancanza: quella di richiedere una variante al Piano di ricostruzione approvato dal Consiglio. E di variante in effetto si tratta, in quanto si richiede di stralciare dal piano di ricostruzione la zona di via Roma perché già compresa nel piano di risanamento che, almeno per la zona d'incontro S. Felice-Lame, detta una sistemazione ben diversa da quella prevista nel piano di ricostruzione. Poteva il Sindaco attribuirsi i poteri del Consiglio? Io non credo. Ma comunque non posso che compiacermi nel vedere esplicitamente confermato dal Sindaco che la sistemazione da darsi alla zona in questione doveva essere quella stabilita dal piano di risanamento: il quale piano, giova ancora ripeterlo, prevedeva l'allargamento a 12 metri del primo tratto di via S. Felice, con la demolizione della casa Guido Reni. Ecco quindi un’altra dimostrazione dell'importanza che possono assumere anche i documenti volanti.
Riassumendo, tanto la sparizione dei documenti, quanto la loro disordinata comparsa, sono fatti deprecabili e gravi.