Il processo del popolo

    Il 20 novembre un gruppo di poliziotti mi chiamò fuori dalla mia cella. Mi rimisero le manette che qualche giorno prima mi avevano tolto, e via per viottoli deserti verso il teatro pubblico. Lo trovammo gremito di gente. Prima di entrare un ufficiale mi chiamò in disparte per dirmi: «Qui non hai diritto di fiatare, guai a te se parli!». Per ordine dei poliziotti dovevo camminare dritto senza guardare in faccia nessuno. Ma com'era possibile non vedere nessuno, dovendo passare proprio in mezzo alla folla? Essi mi mandavano un’imprecazione di tanto in tanto come per ricordarmi l'ordine dato. Mi fermarono vicino al palcoscenico. Era imbandierato e sul fondo campeggiavano cinque grandi ritratti: Marx, Lenin, Stalin, Maotsetung, Cjoute, comandante in capo dell'esercito cinese. Fra la folla di tanto in tanto si levava una voce che gridava: «Abbasso la reazionaria Legione di Maria!». E la folla con un poderoso grido faceva eco: «Abbasso la Legione reazionaria di Maria!». «Abbasso gli imperialisti!» urlava la stessa voce. «Abbasso gli imperialisti» rispondeva la folla. Intanto migliaia di braccia si levavano con i pugni stretti. «A morte l'imperialista Bernardo Stacchini, istitutore della reazionaria Legione di Maria!» — proclamava una voce. «A morte!» rispondeva la folla. Fra la folla potei scorgere alcuni bambini cristiani, i quali con una mano facevano appena appena cenno di fare come tutti gli altri e con l'altra si coprivano il volto singhiozzando. Non mi pareva vero. Mi sentivo indegno di tanto. Mi sembrava di rassomigliare troppo a Gesù condannato dalle turbe dinanzi a Pilato. Quel clamore mi incoraggiava e mi rendeva quasi orgoglioso.
    Ecco che un operaio cristiano sale il palcoscenico e dice: «Non m'ero mai accorto che la Legione di Maria fosse reazionaria; ma dopo varie istruzioni dei miei compagni di lavoro, e in base a quel che mi hanno riferito, ora penso che la Legione di Maria sia reazionaria».
    Un altro cristiano: «Io accuso Riberi, Luca Capozzi, Poncipè e compagni, i quali — secondo quanto si legge sui giornali — hanno organizzato la reazione fra i cristiani abusando della loro autorità religiosa. Io sono il rappresentante del popolo di Scjouyanh: accuso l'imperialista Bernardo Stacchini di aver liberato dalle carceri giapponesi il comunista Shao N. N. che poi, arresosi ai giapponesi, ha recato gran danno al nostro popolo. Sul suo nome l’imperialista Bernardo Stacchini è reo di 140 omicidi. Ma oltre ad essere omicida, l’imperialista Bernardo Stacchini è anche infanticida perché, col pretesto di salvarle, raccoglieva le bimbe cinesi e poi le massacrava. Una volta solo ne ammazzò sedici». Sapendo di averla sparata grossa, prese fiato e concluse: «Abbasso gli imperialisti che col pretesto di far opera di religione e beneficenza massacrano il nostro popolo!». «Abbasso!» urlò il popolo.
    Un uomo si alzò e disse: «Io chiedo al governo e al popolo di aiutarmi per farmi riavere la mia bambina data all'imperialista Stacchini dodici anni fa». Be', questo almeno supponeva che non avessi massacrato la sua bimba, ma solo chiedeva la comodità di averla dopo che la chiesa con molte spese e sacrifici gliela aveva allevata sino ad una età conveniente per fare gli interessi altrui. Bravo mariuolo! Un altro salì il palcoscenico e disse: «L'imperialista Bernardo Stacchini quindici anni fa riunì in conferenza i suoi propagandisti e predicò loro che secondo il quinto precetto del decalogo non è lecito ammazzare. Con ciò egli intendeva sabotare l'eroica resistenza dei comunisti contro i giapponesi invasori. Voleva che i cinesi si facessero uccidere dai giapponesi senza reagire». Un altro disse, dopo essere salito anche lui sul palcoscenico: «Volevo divorziare, ma Bernardo Stacchini mi intimorì dicendomi che col divorzio io sarei diventato un ribelle della religione». E poi volto verso di me: «Imperialista Stacchini! Vorresti dunque sostenere di non essere un reazionario essendoti posto contro la legge con la quale il governo permette il divorzio a vantaggio del popolo?».
    Questo processo di accuse cosiddette «popolari» durò quattro ore e mezzo. Gran parte delle accuse erano rivolte contro altri esponenti più importanti della chiesa: «Il Papa e i vescovi». Infine il capobanda ricapitolò l'accusa dicendo: «La religione cattolica è entrata in Cina sotto la protezione dei cannoni stranieri; ha svolto opera di imperialismo sotto il manto di qualche opera di beneficenza; che ora si è scoperta invece essere stata un mezzo camuffato per massacrare il nostro popolo. Gli imperialisti, inoltre, col pretesto della religione, hanno commesso ogni sorta di delitti a danno del nostro popolo».
    Io, frattanto, andavo ripensando alle scuole e alle università, a tutti gli ospedali e agli orfanotrofi, agli asili per profughi costruiti dalla Chiesa; pensavo all'affetto con cui i cristiani hanno sempre circondato i missionari; alla stima che gli altri ci manifestavano quando erano liberi di pensare secondo coscienza e verità. Ma l'oratore proseguiva: «Oggi gli imperialisti si dimenano come bestie feroci dentro il pugno del nostro popolo sdegnato. La Legione di Maria, con la quale intendevano rovesciare il governo, cade in frantumi sotto la giusta ira del popolo cinese che, per merito del regime comunista, ha finalmente ritrovato la forza e la libertà».
    Dopo essersi guardato intorno compiaciuto, l’oratore proseguì: «Abbiamo qui Bernardo Stacchini, vero tipo di imperialista, più volte omicida, infanticida, che nonostante le sfolgoranti vittorie del nostro popolo contro il ladrone Cian-Kai-Shek e contro l'imperialismo americano in Corea, non si dava ancora per vinto. Egli, dopo tanti misfatti, ha istituito la reazionaria Legione di Maria per portare la confusione tra i cristiani, incitandoli alla ribellione. Ma non tutti i cristiani sono degli stupidi retrogradi. Fra di essi c'è anche qualcuno che ha aperto gli occhi e ama la patria. Questi accusano con indignazione l'imperialista Bernardo Stacchini e chiedono al governo del popolo di aiutarli a disinfettare la loro chiesa dal veleno degli imperialisti. Abbasso l'imperialista Bernardo Stacchini! A morte!». E la folla: «Abbasso! A morte!». L'oratore concluse: «Le accuse contro detto imperialista sono moltissime; non basterebbero due giorni per esaurirle. Ma per non tirarlo troppo a lungo tronchiamo qui. Chi avesse poi qualche ulteriore accusa da fare contro l'imperialista Bernardo Stacchini si presenti presso l’ufficio centrale della polizia». Finalmente. Dopo quattro o cinque ore di fracasso e di menzogne, si erano stancati anche loro. Meno male. Ma quell'ultima raccomandazione di presentarsi alla polizia per deporre accuse contro di me lasciava vedere che le deposizioni contro di me non erano poi tante e le poche già fatte non dovevano essere persuasive, nonostante la loro gravità. Anzi, appunto per la loro esagerata gravità, perché deve essere difficile anche per i non cristiani credere che un missionario sia reo di tanti delitti. Un poliziotto mi afferrò per il collo spingendomi, mentre un altro mi tirava con una funicella legata alle manette. Così passai quale criminale tra la folla che mi guardava con occhi sbigottiti. Alcune persone che non ebbi il tempo di identificare, si coprivano il volto forse in lacrime. Alla porta del teatro mi fermarono, presso un mucchio di ossa, per fotografarmi. Giunti alla polizia un funzionario mi interrogò su l'impressione avuta riguardo al processo popolare contro di me. Io risposi con voce tremante: «Vi ringrazio di aver fatto le cose così all'aperto ed in pubblico, ma molte cose non mi riguardano; quelle che mi riguardano o non corrispondono a verità o sono errori di interpretazione o sono ingrandimenti o cambiamenti. Non capisco poi che cosa avessero a che fare con me quelle osse ammucchiate fuori del teatro». Egli non rispose. Emise solo un grugnito puntandomi due occhi irritatissimi, e disse secco ai poliziotti: «Riportatelo in carcere! Maledetto!». Dopo tanto frastuono, per un momento mi sembrò gradevole la quiete del carcere. Avevo bisogno dì riposo.