La sentenza del tribunale

    Esauriti in 10 udienze i dibattiti, il Tribunale si riunisce per preparare la sua sentenza. Per bocca del suo Presidente questa non deve essere ispirata ad odio o considerazioni politiche ma essere puramente obiettiva e resa con fermezza e decisione.

Ultima udienza

(venerdì 1 giugno, ore 15)

    Nella sala l'affluenza è grande: il servizio d'ordine rinforzato esamina con cura e diffidenza i lasciapassare, compresi quelli degli organizzatori e degli stessi giudici.
    Quando, alle 15,10, i membri del Tribunale e David Rousset fanno il loro ingresso, i banchi della stampa sono gremiti e la sala piena come non lo fu neanche il giorno di apertura del processo. Si sente nell'aria che qualcosa sta per succedere.
    Il Presidente si alza e comunica che Venizelos, Presidente del Consiglio dei Ministri del Governo ellenico, accetta che venga condotta nel suo paese un'inchiesta sui campi di concentramento da parte del C.I.C.R.C..
    Egli ha appena finito quando, dal fondo della sala, si levano delle grida tendenti ad impedire che il Presidente possa leggere il verdetto.
    «Esigiamo la parola a nome dell'associazione dei reduci di Buchenwald e di Dachau» urlano i disturbatori.
    «Uscite — risponde il Presidente con energia —. Sappiate che non ci lasceremo intimidire da voi. Che i disturbatori siano espulsi!».
    Segue allora tra le forze dell'ordine e i disturbatori un pugilato che dura appena cinque o sei minuti. I fotografi illuminano la sala coi loro lampi al magnesio mentre poco a poco i vari disturbatori vengono espulsi.
    Con voce emozionata il Presidente da allora lettura della sentenza resa all'unanimità; altri disturbatori tentano ancora di impedire la lettura ma sono anch'essi individuati ed espulsi.

Il testo della sentenza

    Bruxelles, 1 giugno 1951.
    In nome della Commissione Internazionale contro il regime dei campi di concentramento eletta dalle organizzazioni dei deportati di Francia, Olanda, Belgio, Spagna repubblicana, Germania occidentale, Territorio della Sarre, comprendenti più di 100.000 reduci dei campi nazisti, i Giudici che essa ha nominato alla scopo di esaminare il carattere dei campi di lavoro correzionale nell'URSS, riuniti in sessione straordinaria a Bruxelles dal 21 al 25 maggio, su rapporto della Commissione d'istruzione, ascoltate le testimonianze, esaminati i documenti, dopo aver deliberato, hanno reso il 1° giugno 1951 il seguente verdetto:

    1°) Esistenza dei campi

    L'esistenza nell’URSS di campi di detenzione nei quali i detenuti sono costretti al lavoro è affermata dalle stesse leggi sovietiche.
    L'art. 28 del Codice penale della R.S.F.S.R. (Edizioni giuridiche dello Stato, Mosca 1937) dispone che tutte le persone condannate a pena uguale o superiore ai tre anni di privazione della libertà purghino tale pena nei campi di lavoro correzionali (I.T.L.).
    Il Codice del lavoro correzionale del 1933 regola il regime di tali campi. [Tale codice, entrato in vigore il 1° agosto 1933, si compone di 142 articoli e in copia foto-tipica-statica fu sottoposto dalla delegazione inglese all'esame della Commissione della Schiavitù.]
    La disposizione del T.S.I.K. e del Sovnarcom dell'URSS in data 7 agosto 1932, III, 2° comma e così gli annessi all'art. 107 del Codice Penale puniscono certi delitti con la reclusione in un campo di concentramento propriamente detto (K.L.).

    2°) Significato della terminologia

    Il nome dato ai campi non basta ad esprimere la realtà che essi racchiudono. Pertanto, indipendentemente dal resto della legge, occorre ricercare nei documenti e nelle testimonianze quali siano i caratteri dei campi di lavoro forzato dell’URSS.

    3°) Importanza numerica

    Il primo carattere rilevato è il numero considerevole di tali campi ed il numero considerevole dei detenuti che vi sono racchiusi.
    Non ci si può basare, per determinare la cifra esatta, sulle valutazioni soggettive, variabili necessariamente da testimonio a testimonio e da esperto a esperto. Tuttavia ci si può rendere conto di tale numero dall'ampiezza dei cantieri e dei lavori che ricorrono alla mano d'opera forzata, come è rilevato dai documenti e dalle testimonianze sovietiche stesse.
    La mano d'opera forzata ha realizzato grandi canali, ha creato immensi cantieri nelle foreste della Siberia, ha creato e coltivato miniere, pescherie, fabbriche di conserva, ha costruito città, strade e ferrovie, realizzato infine, nelle regioni più desolate dell’Europa settentrionale e dell'Asia, il lavoro industriale sotto tutte le sue forme.
    L'importanza di tale lavoro risulta inoltre dall'importanza considerevole che è riservata alla mano d'opera forzata nei piani di previsione della produzione dell'URSS.

    4°) Carattere poliziesco

    Il secondo carattere che appare, non soltanto nelle testimonianze di ex detenuti ma anche dai principii posti in tutti i testi e in tutti i commentarii sovietici, è l'immenso potere conferito alla polizia (N.K.V.D.).
    La polizia arresta, la polizia gestisce i campi, la polizia libera.

    a) L'ordine di arresto e di detenzione nei campi, potendo provenire sia dalla polizia sia dai tribunali giudiziali, è prova del completo arbitrio degli organi punitivi dello Stato.
    Nessuna garanzia di difesa è consentita all'accusato, spesso incarcerato prima ancora che il motivo dell'incarcerazione e la durata di questa gli siano notificati.
    In diversi periodi rastrellamenti di intere popolazioni sono stati eseguiti per ingrossare il numero dei detenuti.
    Non soltanto gli accusati, ma anche le loro famiglie, sospette per il solo fatto della loro parentela, sono spesso arrestate ed incarcerate.

    b) Dal 1934 l’N.K.V.D. è il solo padrone dei campi e costituisce un vero Stato nello Stato disponendo di propria polizia, proprio esercito, proprie leggi e regolamenti, propri tribunali, propria moneta e propri schiavi che lavorano per il suo unico profitto.

    c) La polizia è di fatto padrona di liberare o di non liberare il detenuto al termine della pena senza che alcuna garanzia sia ad esso lasciata.

    Un semplice ordine della polizia può raddoppiare la durata della pena nel momento in cui il detenuto poteva attendersi la liberazione.
    Il liberato non è di fatto mai libero non potendo soggiornare nei grandi centri urbani dell’U.R.S.S.; egli possiede un passaporto speciale che non gli consente di trovare un lavoro regolare senza la autorizzazione espressa della N.K.V.D.; si trova perciò interamente, alla discrezione di tale organismo che può fare di lui un suo agente o farlo ritornare nei campi per una nuova pena arbitraria.

    5°) La disumanizzazione

    Le condizioni della detenzione sono condizioni inumane che conducono alla degradazione morale e fisica della persona umana.
    Tale disumanizzazione si traduce in primo luogo in una sotto-missione dei detenuti politici a quelli comuni in tutti i campi e soprattutto a partire dal 1936.
    I membri di una stessa famiglia, arrestati assieme, sono separati a forza e in molti casi non possono avere alcuna notizia gli uni degli altri.
    Le donne sono sottoposte in numerosi casi alla prostituzione di fatto verso i guardiani e i detenuti uomini. Da tali rapporti nascono bambini cui sembra siano fornite le cure materiali elementari ma che sono separati dalle madri dopo lo svezzamento e allevati in asili controllati dalla polizia sino alla liberazione eventuale della madre.
    I trasferimenti tra campi, che durano talvolta molte settimane, avvengono in una spaventosa promiscuità e in condizioni fisiche e morali abominevoli.
    La mancanza totale d'igiene, l'assenza di cure mediche elementari, il disprezzo della vita umana nei lavori più pericolosi, sono di regola in tutti i campi.
    Le condizioni di alloggio, l'insufficienza del vestiario in regioni di temperatura estremamente rigida aumentano le sofferenze fisiche dei detenuti.
    La regola, che obbliga ad un lavoro continuativo di 12 e 14 ore al giorno senza riposo durante tutti i giorni della settimana e dalla quale dipende la razione viveri, porta ad una sotto-alimentazione che va aumentando man mano che il detenuto s'indebolisce e quindi lavora meno.
    Compaiono allora malattie di carenza ed in particolare lo scorbuto. I detenuti malati sono inviati in campi di invalidi nei quali la morte avviene generalmente per fame.

    6°) La disciplina nei campi

    Secondo i regolamenti sovietici la disciplina dei campi deve essere di ferro: «la più dura che possa essere ottenuta»; e comporta sanzioni rigorosissime per la minima infrazione: riduzione delle razioni alimentari, prolungamento della pena, fucilazione.
    Nei campi minorili le misure disciplinari sono ancora più dure e non hanno alcuna apparenza di correzione, contribuendo anzi all'avvilimento della persona umana.

    7°) Campi nazisti e campi sovietici

    I caratteri enunciati che risultano dall'audizione di migliaia di testimonianze, delle quali circa 300 esaminate particolareggiatamente, e da centinaia di documenti in maggioranza ufficiali, risultano, per i giudici che sono tutti reduci da campi nazisti, in tutto simili a quelli dei campi del regime hitleriano.
    Il parallelo tra il regime esistente nei campi russi e quello esistente nei campi nazisti appare completo: lavoro collettivo a profitto di una organizzazione poliziesca costituente uno Stato nello Stato, detenzione arbitraria, confusione delle categorie di detenuti e sottomissione di quelli politici a quelli comuni, disumanizzazione morale e fisica dell'individuo.
    Non sono stati rilevati nei campi sovietici esperimenti di carattere scientifico o medico sui detenuti; né stermini in massa simili a quelli praticati in Germania sugli ebrei e sugli tzigani, ma lo sterminio dei detenuti risulta di fatto dall'indebolimento progressivo dovuto alle condizioni inumane di lavoro e alla fame.
    D'altra parte se dai campi sovietici i detenuti possono essere liberati mentre non lo erano dai campi nazisti, la vita dei liberati è organizzata in modo che essi rimangono permanentemente soggetti alla polizia.

    8°) Conclusione

    I caratteri dei campi sovietici sono pertanto quelli di un regime concentrazionario quale è noto dall'esperienza incisa nella carne di decine di migliaia di reduci dai campi nazisti e quale risulta dalla definizione esplicita dei campi di concentramento data dalla Grande Enciclopedia sovietica.

    Pertanto il Tribunale, all'unanimità,
    Condanna dinanzi all'opinione pubblica mondiale i campi di concentramento sovietici, sopravvivenza mostruosa di un regime di schiavitù già condannato dalla storia e che niente giustifica;
    Richiama solennemente i principii della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo per il rispetto della dignità umana e perché il Diritto sia sostituito alla forza ed all'arbitrio nei rapporti tra Stato e cittadini».

per la Francia: Balachowsky, Presidente
per l'Olanda: Stomps,
per il Belgio: André,
per la Francia: Signorina Tillion,
per il Belgio: Dehousse,
per la Spagna rep.: Domenech,
per la Germania occ.: Ballhorn.