Un piano quinquennale a singhiozzo. Mancano patate, rape e cetrioli

    La primavera scorsa fu un vero guaio per il partito comunista che sui mercati scarseggiassero patate, rape e cetrioli. Tempo peggiore questi prodotti basilari dell'alimentazione sovietica non potevano trovare per scomparire dalle mense: Stalin era morto da poco e al Cremlino si iniziava la lotta per il potere. Fuori del Cremlino bolliva il malumore delle donne.
    Quando la polizia segreta di Lanrenti Beria aveva saldamente in pugno il paese, i commenti masticati a mezza voce dalla compagna Natascia Ivanovna potevano anche essere ignorati dal Cremlino. Ma ora Stalin non c'era più e la polizia segreta non era più quell'efficace e fidato strumento di controllo di un tempo. Qualcosa stava accadendo, qualcosa di nuovo. Il popolo sovietico, sempre più apertamente, cominciava a dare segno di irrequietezza e di irritazione.
    Il governo di Gheorghi Malenkov non poteva puntare i piedi: aveva bisogno di ogni granello di simpatia e di appoggio che gli fosse riuscito di raccattare. E così nacque il nuovo programma di solidarietà verso il consumatore, fondato su promesse di beni migliori e in sempre maggior numero. Ancora oggi, l'opportunità di non dare esca al malumore di Natascia Ivanovna costringe a lunghe veglie i dirigenti del partito in tutte le repubbliche sovietiche.
    Mosca è irritata e ansiosa. Il programma agricolo, base sulla quale Malenkov ha fondato la sua promessa di migliorare il tenore di vita nel giro di due o tre anni, procede lentamente e a singhiozzo. Il comitato centrale del partito sta pungolando con accanimento le sue federazioni in tutto il paese perchè il programma agricolo prenda un passo spedito ed eviti il fallimento delle promesse. La popolazione dell'URSS mostra di essere stufa di promesse cadute nel vuoto. Il governo lo sa e ribadisce ad ogni occasione il suo impegno di migliorare le condizioni di vita. Ma il compito che ha dinanzi è di immense proporzioni e carico di scoraggianti contraddizioni.
    In settembre il Segretario del partito, Nikita Kruscev, ammise che in alcune zone il patrimonio zootecnico era al di sotto delle quote ottenute nel 1917. Per bocca di Kruscev il partito ha chiesto un aumento del venti per cento di capi di bestiame entro il prossimo ottobre: ma nello stesso tempo il partito ha chiesto un aumento del trentasette per cento nella carne da mettere a disposizione della popolazione. Come può un partito, anche se si tratta di quello comunista, tentare di aumentare la macellazione degli armenti e aumentare anche il numero dei capi di bestiame? Può uccidere vacche e capre e pretendere che aumenti la produzione del latte? Può reclamare che aumenti la produzione del cuoio e aumenti anche il numero dei vitelli?
    Le più recenti valutazioni di esperti agricoli occidentali rilevano che sulla base delle cifre presentate alla seduta che il Soviet tenne nello scorso settembre, almeno due milioni e mezzo di capi di bestiame sono morti nell'Unione Sovietica durante l'inverno 1952-53 a causa della mancanza di foraggio e di adeguato ricovero. Si ritiene anche qualificatamente che la stessa sorte riservi questo inverno ad un uguale numero di bestie.
    Ho potuto constatare di persona la situazione sotto questo riguardo in una mezza dozzina di repubbliche dell'URSS. Per quanto si affanni, il regime è nei guai. Per citare un solo esempio, nel montagnoso Kazakhstan che i venti gelidi provenienti dalle steppe siberiane spazzano senza tregua, i pochi ricoveri di fortuna per il bestiame sono fantasticamente inadeguati e lo stesso può dirsi per il foraggio. La situazione, specialmente per il programma di approvvigionamento-foraggio, è così allarmante che se ne stanno interessando direttamente il governo centrale e la direzione generale del partito.
    Di recente furono convocati ad Alma Ata, capitale del Kazakhstan, i più autorevoli esperti agricoli, i presidenti delle fattorie collettive, gli operai agricoli specializzati, ed altra gente per un esame approfondito della situazione. Alla conferenza parteciparono alcuni «ospiti» giunti da Mosca. Fu fatto presente che il numero dei capi di bestiame, lungi dall'aumentare, era notevolmente calato sin dal 1940. Altrettanto si era verificato per la produzione di latte e di lana. Fu fatto anche presente che sebbene quest'anno fossero stati destinati quasi trenta milioni di acri al rastrellamento del fieno, soltanto il 2,3 per cento era stato rastrellato.
    La peggio andò agli specialisti delle stazioni di trattori, ai quali fu rimproverato di non essersi adeguatamente serviti dei mezzi a loro disposizione, di aver violato i contratti firmati con le fattorie collettive e di non essersi impegnati come era loro dovere a far progredire la meccanizzazione.
    Nella sala di lettura di Tasckent, capitale dell'agricolo Uzbekistan una carta mostra che il numero del bestiame da latte in quella repubblica è ancora al di sotto del livello prebellico. Nella repubblica del Tadjikistan, dove le piantagioni di cotone si allungano d'ogni lato a perdita d'occhio, il lavoro manuale costituisce il metodo predominante nella semina e nel raccolto, nonostante che il governo prometta di continuo un programma di meccanizzazione.
    Soltanto a chi viaggi in direzione ovest lungo la fertile costa della Georgia sul Mar Nero, lungo il Don e nel cuore dell'Ucraina è dato vedere una certa efficiente realizzazione nell'opera agricola. Spettacolo desolante presentano invece dal punto di vista agricolo le repubbliche dell'Asia centrale e buona parte della stessa Grande Russia. Anche dove la terra mostra di essere tenuta con cura, il sistema di trasporto è così pessimo — e questo vale per la maggior parte delle zone agricole dell'URSS — che l'approvvigionamento dei mercati ne risente sensibilmente.
    Il partito, impegnato com'è a mantenere le grandi promesse fatte da Malenkov, sta facendo sforzi incredibili per mandare avanti il fin troppo strombazzato programma di solidarietà verso il consumatore. Sono state gridate tanto e con tanta forza le promesse al popolo che ormai non si può tornare indietro. Se ne parla alla radio e se ne scrive ogni giorno sui giornali. Non c'è sistema di altoparlanti in qualsiasi città che non gridi al popolo l'impegno del regime a migliorarne il tenore di vita.
    Monumentale la propaganda, e altrettanto monumentali i problemi, quali la mancanza di qualificata mano d'opera, di macchinario, di fertilizzanti e di foraggio. La situazione nelle fabbriche non è di conforto: negli stabilimenti «Krasnoyar» che producono macchine per l'agricoltura, per esempio, è stata registrata in settembre una quota di produzione pari al trenta per cento degli obiettivi fissati per quel mese.
    Per mandare avanti il programma di Malenkov si è dovuto rinunciare a qualcosa per procurare mano d'opera sufficiente a sostenere lo sforzo: e il qualcosa di cui si sta facendo a meno riguarda l'industria pesante, specialmente i «veliky stroiky», i grandi progetti, tanto cari a Stalin. Fra i grandi progetti che sono stati bloccati dal richiamo di mano d'opera figura il Canale del Turkmenistan. Di altri grandi progetti si annuncia imminente la sospensione.