È frequente da parte dei comunisti l'osservazione: — Non condannateci senza conoscerci. Non siamo stati ancora al potere; non abbiamo dato esperimento di noi stessi.
Purtroppo, per ciò che riguarda il loro programma antireligioso, non vi è bisogno di attendere oltre. Ciò che essi hanno compiuto in questi anni è quanto mai significativo. Son proprio i fatti che li smascherano e richiamano su di loro la condanna. Parlando degli uomini che si nascondono sotto il velo della menzogna, disse Gesù nel Vangelo: «Voi li riconoscerete dai loro frutti». L'anticristianesimo del P.C.I. è confermato in modo schiacciante dai frutti che la loro attività antireligiosa ha prodotto.
La cura principale del P. C. I. è rivolta verso i fanciulli e i giovani. Fra di essi particolarmente il Partito pensa di trovare i più generosi e audaci militanti.
Formati all'ideologia ed al metodo comunista prima ancora che una qualsiasi altra educazione ne abbia modellato l'animo, solo essi potranno formare i quadri sicuri ed efficienti dell'organizzazione.
Degli uomini che passano al Partito ad una certa età, dopo varie esperienze spirituali e intellettuali, non è opportuno fidarsi troppo. Vi è sempre il pericolo di deviazionismi. Per questo si vuol creare il tipo comunista fin dai primi anni.
L'aspetto più importante di tale educazione è naturalmente la lotta contro la religione.
Su questo punto il comunismo italiano non fa altro che attuare le direttive che partono da Mosca e che son valide per tutte le nazioni.
Dalla Russia vengono orientamenti come questi: «Questa azione vuole da noi una particolare attenzione. Noi dobbiamo dare al fanciullo una concezione atea del mondo... Tale educazione deve incominciare il più presto possibile... Ciò che il fanciullo assimila nella più tenera età, serve di base a tutto il suo futuro sviluppo... Noi tutti sappiamo quanto sia difficile rieducare il fanciullo a scuola, quando vi arriva con abiti di pensiero religioso. È necessario prendere tutte le misure perché egli fin dall'infanzia assimili i concetti atei» .
«Noi evidentemente a un bambino di tre o quattro anni, non dimostreremo che Dio non esiste, ma con ogni nostro atteggiamento gli dimostreremo che non crediamo in alcun Dio e non ne attendiamo alcun aiuto» .
«La scuola attua l'educazione antireligiosa» .
Perciò «l'educazione comunista comprende obbligatoriamente la educazione antireligiosa» .
Ecco come un'educatrice sovietica espone la sua tattica:
«Io mi sono assunta il compito di educare gli assalitori in modo tale che possano diventare assalitori coscienti, e per essere ben preparati a lottare contro la religione a scuola, in casa e nelle strade.
Il lavoro incomincia dai fanciulli di nove anni: si raccontano loro
delle storie scelte a questo scopo.... Immediatamente essi si propongono di raccontare in altri gruppi ciò che hanno inteso, di lottare a casa per la soppressione della croce, di persuadere altri fanciulli ad agire allo stesso modo, di fare delle scritte antireligiose e di porle in diverse entrate della scuola e per la strada» .
Quale sia il dovere dei fanciulli iscritti all'associazione comunista, creata per essi, è così dichiarato da un autorevolissimo maestro russo:
«Il pioniere deve essere al primo posto fra quelli che lottano contro la religione. Deve essere dunque conoscitore di tutti i mali che essa produce: è vero discepolo di Lenin nella misura con la quale lotta contro di essa. Pioniere, in piedi per la lotta contro ogni religione, in piedi per abbattere la religione nella famiglia, nella scuola; non temere persecuzioni.
Esalta il tuo ateismo davanti agli adulti, anche davanti ai più istruiti» .
Ho riportato con abbondanza e precisione, perché si comprenda quali siano le direttive del comunismo russo, ed a quali principi debbano ispirarsi i comunisti italiani nella scristianizzazione della gioventù.
Lo strumento e l'organizzazione di cui si serve il P. C. I. per tale opera sono le Associazioni dei Pionieri Italiani (A. P. I.).
L'organizzazione dei Pionieri fa parte del bagaglio che i comunisti delle diverse nazioni hanno ricevuto dalla Russia. Là, ove esiste il Partito comunista, funziona pure il movimento per l'educazione marxista dei fanciulli.
Il nome è identico per tutti i paesi; cambia solo la qualifica della nazione. Così in Italia si chiameranno Pionieri d'Italia, in Germania Pionieri tedeschi, in Francia Pionieri francesi, e cosi via.
Identico è il nome e lo stesso è il fine e il metodo della organizzazione.
Le A.P.I. raccolgono bimbi e bimbe dai 7 ai 14 anni . La sede centrale trovasi a Roma; alla periferia funzionano le sedi provinciali e comunali, il cui compito è quello di far sorgere l'associazione A.P.I. presso ogni cellula. La parola d'ordine della campagna annuale è questa: ogni cellula una sezione dei Pionieri. Già a questo momento, in molte parrocchie dell'Emilia e della Toscana, la maggior parte dei ragazzi è iscritta all'A.P.I.
Nell'ultimo Consiglio Nazionale dell'A.P.I., tenuto a Roma nel 1951, dalla direzione fu comunicato che gli iscritti avevano raggiunto la cifra di 171.000 .
Incaricate per il reclutamento, la sorveglianza e l'educazione dei pionieri sono le donne dell'U.D.I. (Unione Donne Italiane) e le ragazze dell'A.R.I. (Associazione Ragazze Italiane).
Il centro nazionale cura la pubblicazione di un settimanale illustrato per gli iscritti alle A.P.I., che all'inizio portava il titolo «Noi ragazzi» ed ora si denomina «Pioniere». Il settimanale che, in occasione di feste dell'Unità ed in altre circostanze, è diffuso fra tutti i ragazzi, ha raggiunto negli ultimi tempi una tiratura considerevole.
Il movimento delle A.P.I. cerca di scimmiottare l'organizzazione degli Aspiranti di Azione Cattolica e il metodo scautistico degli Esploratori Cattolici.
I Pionieri hanno anch'essi una «Promessa», i cui principii sono espressi in 5 punti.
Come sempre, anche per ciò che riguarda la stampa e l'educazione «pionieristica» è da distinguere, nell'opera dei comunisti, la maschera e il volto. Negli scritti ufficiali e nell'apparato esteriore non si dimostra con chiarezza il vero scopo cui tendono le A.P.I.. Che anzi generalmente sono indicate mete ideali bellissime. Questo vien fatto per scopi ben evidenti; la vera formazione integrale si svolge in altra sede. È esempio tipico di tale doppiezza la «promessa», stampata sul retro della tesserina dei Pionieri. È così concepita: «Prometto di studiare con profitto e volontà - di aiutare i miei compagni di scuola - di amare e rispettare i miei genitori, di aiutare la mia famiglia nelle difficoltà della vita - di essere amico di tutti i ragazzi, di organizzare con loro attività sportive, ricreative, culturali - di amare i lavoratori e di essere sempre di aiuto agli oppressi e a coloro che più soffrono - di amare la pace e la Patria che voglio libera e felice».
Su «La Lotta» (21-XII-1951), settimanale della Federazione del P.C.I. di Bologna, un dirigente qualificato dell'A.P.I. dice:
«La Patria, il lavoro, la pace: ecco i nostri ideali educativi».
Naturalmente non v'è bisogno di fare un processo all'intenzioni per concludere che vengono usate le concezioni più belle e più sante per raggiungere scopi del tutto opposti.
Il reclutamento vien fatto nei modi tradizionali coi quali si avvicinano i ragazzi.
Giuochi, feste e divertimenti vengono organizzati per loro dentro o nelle vicinanze delle cellule e delle Case del Popolo. I ragazzi imparano a conoscere l'ambiente comunista. I più disposti vengono in seguito invitati ad iscriversi alla associazione dei Pionieri. Gli iscritti diventano in breve tempo degli apostoli dell'idea e dei conquistatori.
Riceve ambiti premi il pioniere che riesce a conquistare il maggior numero di ragazzi.
Le donne dell'U.D.I. talvolta girano casa per casa per reclutare nuovi elementi. Ai genitori che, pur essendo comunisti, sono riluttanti ad affidare ad esse i propri figli, le udine fanno un sensato ragionamento: «Se non vengono da noi, non possono crescere con le nostre idee».
Costituita la sezione, ha inizio l'attività, che si svolge in due direzioni: un compito ricreativo, ed uno scopo formativo. La ricreazione, come si è detto, ha un fine di agganciamento. Serve per attirare i ragazzi e tenerli legati all'associazione.
Di qual genere sia la formazione è presto detto.
«Alla maniera comunista», proprio come rispose quella madre di Camposanto (Modena) all'aspirante di Azione Cattolica che andò a portare l'invito della «tre giorni» per il suo ragazzo. La madre strappò l'invito e disse testualmente: «Mio figlio voglio che cresca alla maniera comunista» .
Il crescere alla maniera comunista comporta un insegnamento e una educazione che, come è naturale, non hanno gran che a vedere con la dottrina e la morale cristiana. A Fusignano (siamo nella bassa Romagna) il dirigente del P.C.I. e l'organizzatrice dell'U.D.I., parlando per la prima volta dell'Associazione Pionieri in una grande riunione di bimbi, dissero testualmente: «Noi vi insegneremo altre cose che non vi insegnano i preti».
Fra le «altre cose» che vengono insegnate tengono il primo posto l'abitudine alla promiscuità e il disprezzo della religione. Questi due punti costituiscono come il binario su cui si svolge il metodo educativo dell'A.P.I..
Si parte dalla promiscuità per giungere a togliere nell'animo dei bimbi e delle bimbe il senso del pudore.
Dicono ai Pionieri: «I preti vi proibiscono di stare insieme con le bambine, noi no».
La promiscuità è talvolta spinta fino all'organizzazione di balli fra ragazzi e bimbe. La documentazione non manca. A Faenza, in corso Mazzini, nella sede del P.S.I., nel gennaio 1948, venne organizzato un ballo fra bimbi e bambine. L'etichetta che copriva la serata era: «Concorso di bellezza fra bambini».
Il 19 febbraio, alle ore 14,30 nella sala della Società Operaia di Via Castello a Castelnuovo Rangone (Modena), venivano sorpresi in una festa da ballo 31 minorenni, la cui età andava dai 4 ai 16 anni.
Nella pretura di Modena, giace la denuncia a carico del comunista Dino Marinello, dell'Alleanza giovanile e dirigente dell'A.P.I., che aveva organizzato tale trattenimento. Nella borgata di Cerbaiola (comune di Empoli), la sera del 21 febbraio, nella cellula comunista si ballava a luci spente: piccoli e grandi, pionieri e sindacalisti. I carabinieri del luogo hanno denunciato i responsabili.
Spento nell'animo dei ragazzi il naturale senso del pudore, è facile il passaggio al disprezzo della religione. Su questo punto il metodo educativo dell'A.P.I. non è altro che l'applicazione della tattica comunista nei riguardi della lotta antireligiosa.
Con un'azione graduale i bimbi vengono condotti alla noncuranza, al disprezzo, all'odio verso la religione. Il termine ideale è di formare degli atei militanti. Com'è naturale, questi fini non sono apertamente confessati dai dirigenti comunisti, ma sono chiaramente confermati dall'esperienza.
Ad esempio, ai bimbi viene insegnato che il pioniere non deve andare in Chiesa. Un episodio. È successo a Rossetta (frazione del comune di Alfonsine).
Era morto un fanciullo. La maestra accompagnò gli scolari al corteo funebre che fece sosta in Chiesa. Prese a caso per mano un bimbo fermatosi su la soglia della Chiesa e se lo condusse davanti all'altare. L'indomani la maestra si ebbe un forte rabbuffo dal padre: «Mio figlio non può andare in chiesa. È un pioniere», disse.
Quel genitore si chiama Federico Mazzotti, capo propaganda della sezione comunista .
Presso la Stazione dei Carabinieri di Borgo Panigale (periferia di Bologna) sono depositate le confessioni di quattro bimbe, dell'età di 8 o 9 anni, che parteciparono a qualche riunione dell'A.P.I..
Esse suonano così:
«Io un giorno sono andata dai piumieri e delle bimbe mi hanno detto che Gesù non c'era e che ci ha creato Stalin».
La bimba Lenzi Adriana di Bruno (taccio l'indirizzo) ha confidato:
«Mi hanno chiesto chi ci ha creato. Io tutta franca ho detto: ci ha creato Dio; ma loro mi hanno detto: no, bambina; ci ha creato Stalin».
Altra bimba attesta:
«La prima volta si ha fatto divertire molto alla palla, alle carti, al pallone; invece la seconda volta si ha dato le caramelle e si ha radunate tutti e si ha fatto imparare le bestemmie contro Dio. Si ha imparato la dottrina di Stalin».
È ben facile immaginare quali conseguenze derivino da tali insegnamenti. Disgraziatamente i semi gettati nell'anima dei fanciulli accestiscono con facilità e producono frutti tristissimi.
Già fin d'ora, e siamo quasi all'inizio di un'opera tanto deleteria, si può misurare la grandezza del male che sta maturando.
Serva a questo scopo la documentazione, che, conforme al nostro metodo, riportiamo senza commenti.
Per ovvie ragioni non riferiamo ogni volta nomi di persone e circostanze dettagliate di luogo o di tempo; ma ci assumiamo ogni responsabilità di quanto riferito perché si tratta di cose rigorosamente accertate.
In una parrocchia della periferia di Ravenna, ove trovasi un giovane parroco, Don Valgimigli, una sera tre bimbe si recano in Chiesa assieme. Due bimbe sono aspiranti dell'Azione Cattolica; l'altra, di nome Alves Paganelli, è la figlia del capocellula locale e iscritta all'A.P.I.. Tutte e tre s'inginocchiano innanzi a un Cristo morto, collocato sotto la mensa dell'altare. Due bimbe pregano; poi, chinandosi, baciano il volto di Gesù. La terza, la figlia del capocellula, s'inchina anche lei e sputa in faccia al Cristo. Le due amiche, meravigliate, le domandano perché abbia fatto così. Ella risponde: «Tanto, il Signore non esiste».
A Piumazzo, Comune del modenese, durante la spiegazione del catechismo da parte del parroco, un gruppetto di ragazzi, con fare sufficiente e insolente, affermò: «Ma noi non ci crediamo in Dio».
Le croci di una «Via Crucis» eretta lungo una strada di campagna a Pitigliano, Comune di San Giustino (Perugia), furono spezzate e deturpate tutte, la sera del 26 marzo 1950, da due ragazzi comunisti: Angelo Pellegrini e Marcello Sensi.
A Crespellano (Bologna) una giovane maestra delle elementari, all'inizio del mese di maggio, raccomandò alle scolare di portare qualche fiore innanzi all'immagine della Madonna. Si alzò una bimba di terza elementare e disse: «Davanti alla Madonna io ci metto il vaso da notte».
In un paesello dell'Emilia, chiamato «la piccola Russia», nel novembre del 1947 si svolgevano le sacre missioni. Per le intimidazioni dei soliti caporioni, pochissima gente si recava ad ascoltare le prediche. Uno dei missionari iniziò un giro di evangelizzazione nei luoghi più lontani dalla Chiesa. Attorniato da alcuni bambini, un giorno ebbe a dire che in quella località sarebbe stata costruita una Chiesa. Un bimbo rispose al missionario: «Provateci! La butteremo giù, mattone per mattone!».
A Spino d'Adda (Cremona), diocesi di Lodi, nell'estate del 1949, i rossi, a spese del Comune, organizzarono una colonia per bambini. Il settimanale comunista «Lotta di popolo», descrivendo la vita felice in colonia, al canto di «Bandiera rossa» e degli inni democratici, annotava fra l'altre cose: «Uno di questi ragazzi ha detto che lui con una buona squadra non andrà a dottrina, perché quella non gli riempie la pancia».
A Pieve di Cento (Bologna), un ragazzo iscritto all'A.P.I., presente alla conversazione di un gruppo di donne che parlavano del Papa, ebbe a dire:
«Piuttosto che incontrarmi e vedere il Papa, preferisco cavarmi gli occhi con le mie mani ed essere cieco per tutta la vita».
Tenendo lezione di religione in una scuola elementare, Don Tartarini, parroco di Corticella, nella periferia di Bologna, fece la domanda: «Chi è il Papa?». S'alzò un pioniere a rispondere: «È quell'uomo che vuole la guerra».
Ad Argenta (Ferrara) il 30 maggio 1951, poco prima del mezzogiorno cinque ragazzi profanarono orribilmente una chiesetta dedicata alla B. Vergine.
Abbattuta la porta, infransero ed incendiarono il tabernacolo, decapitando la statua della Madonna e il Crocefisso. I candelieri e le tovaglie furono gettate sul lastricato centrale. Poi, con gesto nefando, lordarono tutti gli oggetti sacri e principalmente l'altare.
I ragazzi sono stati denunciati a piede libero al Tribunale dei Minorenni di Bologna. Si chiamano: Remo Masini e Giovanni Chendi di 14 anni, Angelo Brigoni di 13, Giuseppe Conti e Romano Fusi di 12 anni. Tutti iscritti all'A.P.I..
A Poggetto di S. Pietro in Casale (Bologna), il 28 dicembre 1951, festa dei SS. Innocenti, il Parroco aveva indetto una funzione religiosa pei bimbi. Mentre il Sacerdote accennava alle insidie tese ai fanciulli da certa stampa «a fumetti» e da compagni cattivi, un ragazzo di 11 anni, iscritto alle A.P.I., ebbe ad esclamare pubblicamente: «Queste son tutte fole; noi sappiamo da chi dobbiamo essere educati; loro ci insegnano bene».
A Cavaglio di Agogna (Novara) nelle feste natalizie del 1951, durante una processione eucaristica, un gruppetto di cinque ragazzi, dai 10 ai 13 anni, tenne un contegno sfacciatamente irriverente e provocatorio, con pose superiori alla loro età, le quali rivelano evidentemente un insegnamento ricevuto da adulti. I ragazzi, dopo aver insultato ad alta voce, dandogli del traditore, un ragazzo che fu già nelle file dell'A.P.I. e che passava in processione tra i ragazzi dell'Associazione Giovanile Cattolica, presero a schiamazzare provocantemente. Alcuni di essi addirittura fecero una sassaiola, in modo che qualche sasso andò a finire anche presso il baldacchino del Santissimo Sacramento.
Qui, sul mio tavolo, tengo l'originale, con tanto di firma e di località, di esercitazioni scritte, fatte da ragazzi e bimbe su gli 11 e 12 anni, tutti iscritti all'A.P.I.. Chiunque li legga non può che sentirsi stringere il cuore da una profonda angoscia.
Non si pensi che essi scrissero così perché suggeriva loro qualche persona più anziana; tali esercitazioni furono svolte in breve ora e in locale separato.
Ne riporto qualcuna.
Il primo gruppo è la risposta ad una domanda così formulata: «Di’ le ragioni per cui credi o non credi in Dio».
«Io in Dio non ci credo perché non l'ò mai visto».
«Io credo che esista un Dio perché se non esistesse un Creatore nessuna vita sarebbe possibile sulla terra e nemmeno ci sarebbero corpi se non esistesse un creatore.
Ma io chiedo: dove è nato questo Dio?
In fine io non credo nei preti perché vogliono emettere un Dio che non si sa se esista o non esista».
«Io non credo all'esistenza di Dio per la semplice ragione che non l'ho mai visto. Dio esisteva nei tempi antichi e predicava l'uguaglianza per tutti, e a quelli che non gli garbava l'uguaglianza l'hanno ucciso. Se esistesse un Dio, un essere supremo, padrone assoluto di una giustizia divina non permetterebbe né delitti, né guerra; né. odi fra fratelli e fratelli e punirebbe chi fa tanto male ai colpevoli. Io credo solamente a ciò che vedo e che tocco».
«Io non credo in una cosa spirituale e perciò in Dio, ma credo nel materialismo di Marx e Engels. Perchè il materialismo è una cosa praticata da tutti e mentre lo spiritualismo non è praticato e non è evidente.
Io una volta se vedo Dio a fare cose ancora, come dicono i credenti, mi persuaderei. Nel mio piccolo congegno preferisco una cosa materiale non spirituale; una cosa spirituale potrà anche essere una bugia, perché non si vede ma il materialismo è praticato ed evidente.
Io preferisco la linea materiale non spirituale, e perciò non credo in Dio.
Potranno far dameno di venire a spiegare, per me è una cosa inutile e impossibile incredibile».
«Io non credo nel spiritualismo quindi non credo nemmeno in Dio. Ma però credo nel materialismo; cioè in uomini specialmente:
— Lenin, Togliatti e l'assemblea delle sue file. Ed ho molta fede in loro, cioè ci credo. Ma non in Dio. Non ci credo. Voi volete afforzarmi a credere ma però non mi convincete. Basta».
Ragazzi e bimbe della stessa età cosi commentavano in iscritto il passaggio della Madonna Pellegrina nel loro paese:
«Quando è passata la madonna pellegrina vi era poca gente, quella gente criticavano i comunisti. La madonna era fatta di gesso di pinta di vari colori, faceva ridere la gente. Quelli che vi erano dietro cantava la dotrina di Cristo. In quel giorno anno imprigionato un uomo. Quella è la grazia che à fatto la madonna».
«Quando è passata la madonna pellegrina per la mia strada, c'era no poche persone. La madonna era dipinta in una tela. Le persone avevano dei lumi in mano e cantavano. C'erano delle vecchie che per cantare facevano delle bocche che facevano ridere. La madonna era su di un camion, e il prete diceva: «ecco che passa la madonna pellegrina: «Ma io dico che era poco pellegrina perché la trasportavano. Avevano accese delle panadelle, e c'erano delle persone povere che quando vedevano le panadelle dicevano: se le avessimo noi quel le panadelle, a pensare che bruciano per una madonna dipinta in un pezzo di carta. Vicino a me c'erano delle persone che avevano comperato tante lampadine, a pensare che costano così tanto. Però i preti si vede che hanno paura perché tengono dietro di loro la celere la quale uccide dei lavoratori innocenti che cercano lavoro perché De Gasperi non gliene dà».
«Io la Madonna non l'ho mai vista, ma ne ho sentito parlare, che questa è dipinta su una tela e la portano in giro per le strade. Ed intorno vi sono tanti preti che cantano a squarciagola: Evviva Maria! Evviva Maria! Poi ho sentito dire anche che quelle persone che erano dietro alla Madonna Pellegrina ogni tanto dicevano: Vogliamo Pace! Pace! - Poi questa è tutta illuminata da lampade di tutti i colori, ed anche le case vicino alla strada erano tutte illuminate, con lampade che formavano la parola - Evviva Maria. Però la Madonna se voleva farci grazia poteva anche stare in chiesa senza portarla tanto per la strada e farla vedere a tutti. Siamo capaci anche noi di andare a trovare la Madonna in chiesa, senza che ce la sbattino sotto il naso, solo per fare mettere in prigione dei poveri lavoratori».
«Alla sera di una Domenica là a Rossetta è passato la Madonna. Tutto era illuminato. Vicino a casa mia c'è una famiglia la quala aveva messo molti palloni illuminati in aria, le siepi erano ricoperte di fiorellini illuminate da lampade. Sulle finestre quasi tutte illuminate da lampade che formano un bellissimo W Maria.
C'erano molte persone con una candela accesa in mano che seguivano la processione facendo dei cori. Spargevano per la via mille fiori e fiorellini bianchi. Io però non aveva illuminato perché se Lei voleva vedere lume passava di giorno. Evviva Maria, Abbasso la celere che ammazza i poveri lavoratori! Quella sera a causa di mia zia si è messo in prigione un uomo.
«Nella sera di un giovedì per la strada di Rossetta è passata la Madonna. Qualche famiglia aveva illuminato perché doveva passare la Madonna Pellegrina. La Madonna era seguita da persone le quali cantavano «Pace, pace» facendo cori. Io però ho visto che oltre ai cristiani la Madonna era seguita dai seguaci di Mussolini cioè i criminali fascisti i quali hanno fatto scatenare la guerra spargendo sangue e torturare i figli del popolo innocenti. Anche ora i fascisti cambiati di divisa col nome di celere continuano ad uccidere a più non posso i lavoratori i quali lottano per il loro pane.
Evviva Maria, Abbasso la celere».
Altri documenti che testimoniano come i fanciulli delle A.P.I. vengono educati al disprezzo e all'odio verso il Clero, provengono da un grosso centro della Romagna.
A Sant'Arcangelo, nel mese di febbraio di quest'anno, ad alcuni ragazzi di 11 e 12 anni sono state poste delle domande. Ad una, così enunciata:
— Si può essere cristiano e portare cattiveria verso il Papa e i preti? —, è stata data la risposta:
«La condizione più importante per essere vero cristiano è di amare Gesù. Sì, si può essere veri cristiani portando odio contro il Papa, i Preti e i Vescovi, basta amare Gesù fare buoni azione, perchè i Preti i Vescovi e il Papa ci insegnano a fare il male».
L'altra domanda: — Cos'è l'A.P.I.?
Risposte come questa: «L'A.P.I. è una associazione che aiuta il P.C.I. a essere più forte. L'A.P.I. è una associazione che dà la libertà la pace e il Lavoro. Essa aiuta i poveri, soccorre i bisognosi e i Preti un giorno immagino che la vorranno vedere deperire, ma l'A.P.I. non la vedranno mai deperire ma aumentare il cento per cento ogni giorno sotto la guida dei grandi A. Gramsci, P. Togliatti, Lenin, Nenni e Stalin ecc...».
Così hanno scritto ragazzi e bimbi. Di fronte a tanto male si resta perplessi e sbigottiti. Sì stanno avvelenando le sorgenti da cui dovranno sgorgare le acque della vita delle nuove generazioni.
Accanto all'A.P.I., l'organizzazione verso la quale in questi ultimi anni è rivolta la particolare attenzione del P.C.I., è la Federazione Giovanile Comunista Italiana.
Fu preceduta, come formula e struttura organizzativa, da altri esperimenti che non si sono dimostrati del tutto rispondenti allo scopo, quali l'Alleanza Giovanile, il Fronte della Gioventù, l'Associazione Ragazze Italiane.
Essi permangono tuttora, sotto la speciosa veste di organismi apolitici, come specchietti per allodole, per attirar giovani e ragazze al movimento comunista. Servono di richiamo e sono trampolino di lancio.
Il vero strumento per la formazione marxista della gioventù è in Italia la F.G.C.I..
Essa raccoglie i giovani dai 14 ai 21 anno .
Ha un settimanale proprio che si chiama «Pattuglia».
Le direttive per questo lavoro sono partite dall'alto e da persona qualificatissima.
L'On. Longo, Vice-Segretario Nazionale del P.C.I., su l'«Unità» (5 Aprile 1949), parlando delle forze giovanili constatava che «già nel 1947-48 l'afflusso di giovani al partito è diminuito». E questo per colpa delle organizzazioni giovanili cattoliche, nelle quali il P.C.I. «ha ora avversari agguerriti».
Di conseguenza l'on. Longo insisteva perchè si desse «un maggiore slancio e maggiori possibilità di iniziativa al movimento giovanile, creando la Federazione Giovanile Comunista, cioè l'organismo che deve raccogliere i giovani non solo sul piano di cellula, ma di sezione, di federazione e, infine, sul piano nazionale». Concludeva ammonendo di «rivolgersi ai giovanissimi, i giovani cioè dai 14 ai 18 anni che restavano finora esclusi dalle cellule comuniste», e verso i quali «l’organizzazione cattolica si indirizza invece con ogni cura».
In verità la propaganda comunista fra i giovani, da qualche tempo, si è fortemente intensificata; e può dirsi che in certe regioni buona parte della gioventù operaia, cosciente e attiva, o milita nel P.C.I. o è sotto l'influenza di organizzazioni paracomuniste. Ciò che spinge l'attività del partito in questa direzione è la consapevolezza che chi ha con sé oggi la gioventù lavoratrice, avrà dalla sua parte domani la classe operaia.
Direttiva generale all'azione è questa: la nuova educazione da impartire alla gioventù deve neutralizzare, anzi sostituire l'educazione morale e religiosa del cristianesimo. Lo scopo finale: formare i giovani ad una concezione materialistica della vita, temprandoli allo spirito di lotta e conducendoli all'ateismo militante..
I mezzi per tale educazione sono sempre gli stessi: spegnere nei giovani e nelle ragazze il senso morale, istillare la noncuranza e il disprezzo verso la religione.
Dimostrare che la F.G.C.I. risulta una scuola d'immoralità non è davvero difficile.
Alla base della vita interna e di ogni manifestazione esterna della F.G.C.I. sta un cameratismo assoluto fra giovani e ragazze; non si ha nessun riguardo affinchè la promiscuità non oltrepassi certi limiti, oltre i quali è aperta la via all'immoralità.
Come si può conciliare con la morale cristiana il fatto che non vi è manifestazione promossa da associazioni comuniste che non si concluda col ballo? Val poco che si parli di ballo «democratico» o «popolare» per contrapporlo ai balli delle classi aristocratiche. Quando il ballo diventa un metodo, pel quale si sfibra e si corrompe la gioventù, non vi è distinzione che regga. È certo che il P.C.I. è in questi ultimi anni il più tenace e perfetto organizzatore di feste da ballo: ma molti si domandano quale vantaggio da ciò ne derivi alla classe operaia e se sia questo il mezzo migliore per tutelare gli interessi della povera gente.
Ogni occasione poi è buona per l'elezione di una miss, di una reginetta, di una stellina. Dalle più grandi manifestazioni nazionali fino alla più modesta festa di cellula è un fiorire prodigioso di stelle e di reginette. Miss Unità, Miss Vie Nuove, Miss regionali, provinciali, comunali e paesane; Miss semina, Miss vendemmia, Miss Reggiane,
Miss primavera, ecc.... ecc....; si ha l'impressione di essere ad una
«fiera» in cui giudici qualificati selezionano i capi-bestiame e dove gli animali vengono stimati ed ammirati per l'unico pregio: il loro corpo. Manca in tale rassegna una «Miss vizio», e poi la sfilata sarebbe completa.
Il fatto che questo costume, tanto poco nobile, sia stato regalato all'Italia dalla civiltà americana, dovrebbe far pensare ai comunisti.
Che dire poi della cosa assolutamente nuova nelle tradizioni del popolo italiano, per cui, nelle grandi manifestazioni e parate del P.C.I., sfilano gruppi di ragazze che, calpestando ogni naturale senso di pudore, si presentano in pubblico seminude? Nelle ultime celebrazioni del 1° Maggio, della Festa Nazionale dell'Unità a Bologna, il 23 settembre 1951, tale indecoroso spettacolo raggiunse limiti insopportabili.
Per ciò che riguarda il problema religioso, l'educazione impartita ai giovani dai dirigenti comunisti è coerente con la linea marxista. La tattica è la stessa: all'inizio noncuranza della religione, per passare gradualmente al disprezzo dei ministri di Dio e al rifiuto delle verità rivelate.
Il punto d'arrivo: l'ateismo militante.
Confermano la licenziosità nei rapporti fra giovani e ragazze del P.C.I. e le tristi conseguenze che ne derivano, i fatti seguenti:
A Ronchi di Crevalcore (Bologna) si recò, in occasione di una festa religiosa, un sacerdote della diocesi bolognese. Costui potè avvicinare una diecina di giovani lavoratori sui 15-16 anni. Gli unici in tutto il paese che avevano partecipato alla processione. Entrati nel vivo della conversazione, i ragazzi ripeterono tutte le calunnie che la stampa e la propaganda comunista insinua contro i Sacerdoti e la Chiesa.
Circa la moralità, assicuravano che ognuno di loro aveva 3 o 4 ragazzine «compagne», con cui divertirsi: che si poteva andare a ballare due o tre volte la settimana, e che la vita era bella così, non come insegnano i preti. Interrogati se credevano in Dio e nella religione, risposero: «Nella religione ci crediamo, ma non in quella dei Preti».
Durante il Festival giovanile della Federazione Piacentina, svoltosi dal 14 al 17 luglio 1950, fu lanciata la sorpresa di una «quattro giorni di matrimonio simbolico fra i giovani». Un manifestino, diffuso fra la gioventù, avvertiva: «Il Sindaco del Villaggio rende noto che vi sarà pure l'Ufficio Matrimoni e Divorzi. Quattro giorni di pacchia quindi». E aggiungeva che il Sindaco avrebbe rilasciato alle giovani coppie improvvisate un «Certificato di Matrimonio», in cui è detto che i due giovani, «simbolicamente uniti in matrimonio» davanti al Sindaco stesso, si impegnano «sul loro onore di giovani... a trascorrere insieme quattro giorni di felicità».
L'odio che è sistematicamente iniettato nell'animo dei giovani, ne avvelena l'animo e difficilmente può essere sradicato.
Recentemente si recò a visitare il carcere ove sono detenuti gli uccisori del giovane martire Giuseppe Fanin un Ecc.mo Vescovo. Il mandante del delitto, Gino Bonfiglioli, già segretario della Federazione del P.C.I. di S. Giovanni in Persiceto, alle paterne parole del Vescovo non diede, alcuna risposta. Solo alla domanda se fosse pentito di ciò che aveva fatto, diede questa risposta: «Ho fatto ciò che dovevo fare, e sono contento».
Ha avuto vasta eco, suscitando profonda impressione, quanto è avvenuto a Ostina di Reggello (Firenze), alla vigilia delle elezioni amministrative del 10 giugno 1951.
Due giovani, sui 16 e 17 anni, appostati ad un angolo della casa, spararono brutalmente contro il parroco Don Emilio Servolini, colpendolo alla gola.
Trasportato all'ospedale, e riconosciuti gli attentatori, ha loro perdonato cristianamente.
I due ragazzi, Luciano Turini e Guido Maffei, che avevano agito per odio al prete, appartenenti a famiglie estremamente rosse, erano iscritti alla Federazione Giovanile Comunista Italiana.
A quale forma di ateismo cinico e conturbante si possa pervenire è dimostrato dai due fatti seguenti, in cui sono protagoniste due ragazze sui 20 anni.
Nel 1950, nella parrocchia di Viadagola di Granarolo (Bologna) si svolgeva la tradizionale processione del Corpus Domini. Le strade e le case lungo il percorso della processione erano parate a festa. A un certo punto tutto era disadorno. Se ne seppe presto il perchè.
La sera innanzi, la famiglia che stava in quei dintorni, invitata a preparar qualcosa, non volle intendere ragioni. Che anzi una figliola di 19 anni soggiunse: «Non c'è bisogno di preparare niente, noi l'altare per la Madonna e per il Signore l'abbiamo già preparato: c'è il letamaio».
In un paesetto del Comune di Castelfranco Emilia (Modena), nel 1949, era morente un giovane sui 25 anni. Lo assisteva negli ultimi momenti la sorella, iscritta al P.C.I. e segretaria dell'A.R.I.. Costei non lo abbandonava un istante, perchè non dovesse far chiamare il prete; e gli suggeriva le più obbrobriose bestemmie. Una ragazza, amica di famiglia, potè ascoltare le ultime parole che la sorella disse al fratello morente: «Se di là ti capita di incontrare Gesù Cristo, sputagli in faccia anche per me».
Non è senza un fremito di rivolta che la penna tramanda queste cose. Simili fatti documentano, con una eloquenza senza paragone, la vastità e la profondità del male che vien seminato e già matura in mezzo alla gioventù.