L’assassinio di Giuseppe Fanin ha destato la più vasta eco in tutta Italia e, ben si può dire, nel mondo: l’International New Service ha chiesto alla Segreteria Provinciale delle Acli di Bologna notizie e foto per le agenzie di Europa e di America.
A centinaia sono giunti i telegrammi e le lettere alla famiglia Fanin, alla Segreteria Provinciale della D.C. e delle Acli e al Comitato Provinciale dei Sindacati Liberi.
Riproduciamo qui tre fra le più autorevoli testimonianze.
Il Card. Arcivescovo di Bologna, appena avuta notizia del delitto, così scriveva alla famiglia Fanin:
«Per mezzo del Vostro buon Parroco che mi porta la dolorosissima notizia della morte violenta del povero figliolo Giuseppe, Vi mando, cari genitori e fratelli di Lui, le più vive espressioni di profonda pena che mi ha colpito e mi unisce al vostro intenso ed irreparabile dolore.
Prego e pregherò nella S. Messa per il caro Estinto e per Voi e perché cessi questo orribile dilagare di sangue fraterno che getta nel lutto tante famiglie come Voi, di buoni laboriosi italiani, e fa disonore alla nostra terra».
Il Sen. Braschi ha inviato questa nobile lettera:
«La notizia che apprendo dai giornali mi riempie di dolore e di raccapriccio! Sono vicino alla famiglia e agli amici colpiti, cuore a cuore.
Mi unisco a voi nel ricordo e nella preghiera: il sicario non uccide lo spirito e la belva non rannuvola il cielo. Nella luce di Dio, Giuseppe Fanin splende come un Martire e infonde a noi la forza per camminare dietro il suo esempio luminoso, nella divina certezza della vita che non muore».
Ed ecco una fra le tante lettere di Liberi Lavoratori.
Questa è indirizzata alla fidanzata.
«Prima di ogni cosa Le porgo le mie condoglianze, ma Lei sappia che il dottor Giuseppe Fanin non è morto, ma esso vive più di prima ed è uno sprone ed un esempio per tantissimi altri lavoratori di aprire gli occhi e passare dalla parte sana. I nemici non sanno che il sangue di un innocente semina e raccoglie frutti copiosi mentre i criminali lavorano così per la propria distruzione.
Porga le condoglianze anche alla famiglia, di un libero lavoratore padovano, padre di due figli. Viva i liberi ed eroici lavoratori della terra Emiliana!».
Ha avuto ragione il bravo lavoratore padovano: a dispetto del terrore che paralizza ancora tante sane energie, proprio in questi giorni, le file dei liberi sindacati si stanno meravigliosamente ingrossando; ed è uno spirito nuovo che le anima, una volontà nuova; «una volontà fiera, disperata, insopprimibile di continuare a lottare per la libertà ed il vero bene dei lavoratori» (da una lettera di condoglianze).
E' questa l’idea che più frequente ritorna nei telegrammi e lettere, unitamente all’invito rivolto al Governo di intervenire decisamente perchè tuteli finalmente la vita dei cittadini. Da questi sentimenti fu animata la folla (si calcolarono 15.000 persone) che si riversò a Persiceto la domenica 7 novembre 1948 per tributare al martire testimonianza di fede.
Ora tutta Italia viene impegnata perchè le onoranze a Giuseppe Fanin abbiano carattere nazionale con la creazione di opere che ne ricordino per sempre l’eroico martirio.
A Palazzo Madama il 17 novembre 1948 dopo che il Sen. Rubinacci ebbe ricordato: «Fanin è caduto per difendere la libertà dei lavoratori» ha parlato il Sen. Umberto Merlin: «Sapete donde noi ricaviamo la forza per resistere e camminare? Noi la ricaviamo dal sangue di Giuseppe Fanin! Il Fanin è caduto per la nostra causa e il sangue dei cristiani ha sempre dato all’Italia ed al mondo nuovi milioni di anime che hanno preso il nome e il posto di coloro che sono caduti».
Così è stato in ogni tempo, così sarà oggi.
E non ci sia nessuno che attende supino! Guai per coloro che hanno sentito nelle loro vene il brivido di indignazione e di ribrezzo per il sangue versato, ma poi si sono nuovamente rinchiusi nel loro quotidiano abituale egoismo. Il più mordente rimprovero che la nostra coscienza deve temere oggi è questo: Per te il martire è caduto invano!