I preti e la politica

F.G.C.I. e religione

    Un nostro amico ha preso parte al convegno della Federazione giovanile comunista italiana della sezione di Casalgrande (Reggio E.) tenutosi colà il 4 Febbraio 1953. Egli ci ha inviato la seguente meticolosa relazione, che crediamo di sommo interesse per i nostri lettori.
    «Essendosi fatto tardi sull'orario d'apertura del convegno, sono stati omessi alcuni commi di premessa posti all'o.d.g. Dopo la nomina a presidente onorario del convegno nella persona di Eugenio Curiel, defunto, e alla presidenza effettiva nelle persone del sindaco socialista nenniano signor Gino Ferretti di circa anni 60 (si tratta di un convegno della gioventù - n.d.r.), di un certo Filippini e del presidente della cooperativa di consumo di Buglioni, è seguito il saluto del rappresentante del P.S.I. e quindi il segretario uscente Ermanno Prampolini ha tenuto la sua relazione; questi accusava la mancanza di mordente da parte della gioventù nelle attività esterne ed ammetteva la crisi interna dell'organizzazione stessa, lamentando in particolare la mancanza di funzionalità da parte della commissione giovanile presso la Camera del lavoro e concludeva augurandosi che coloro che saranno eletti alle nuove cariche faranno molto di più.
    Il sindaco, presidente del convegno, visto che nessuno prendeva la parola sulla relazione del segretario uscente, si alzava egli stesso a parlare, seguito poi dal segretario del partito comunista locale. Dopo questi due interventi di prammatica si faceva coraggio un giovane meridionale, importato da poco, il quale lamentava che nel suo paese di origine gli operai di una certa fornace venivano pagati molto male e questo perchè nessuno si interessava degli operai e perchè erano in maggioranza loro (chi sono poi questi "loro" non veniva specificato). Veniva poi eletto il nuovo comitato elettorale della F.G.C.I. di Casalgrande: alla lettura dei nomi dei neo-eletti fatta dal sindaco Gino Ferretti, non più di un terzo dei presenti applaudivano.
    Concludeva i lavori del convegno il signor Franco Iotti, della C.C.d.L. di Reggio, il quale, dopo avere criticato benevolmente l'insuccesso della organizzazione giovanile comunista, invitava a leggere i classici del marxismo ed a studiare molto. Poi faceva un poco la storia della sua vita narrando come fino al 1945 era stato cattolico, poi aveva abbracciato il marxismo perchè quando chiedeva al suo parroco come mai esistesse un unico Dio in tre persone, il parroco rispondeva: "Mistero"; quando chiedeva il perchè della verginità della Madonna, il parroco ripeteva ancora: "Mistero"; quando chiedeva il perchè della esistenza dei ricchi e dei poveri, il parroco rispondeva: "Ci sono sempre stati"; quando infine gli chiedeva il perchè della guerra, egli rispondeva: "C è sempre stata".
    "Io mi domando — continuava lo lotti — se Dio è padre di tutti, perchè deve permettere che una parte dei suoi figli muoia e gli altri si arricchiscano alle spalle di chi muore? Per questo ho lasciato la fede cattolica ed ho abbracciato il marxismo, il quale mi ha dato tutte le risposte ai miei dilemmi; ma il marxismo bisogna studiarlo".
    Lo Iotti parlava poi della solita legge "truffa".
    Il nostro amico asserisce che le parole che lui attribuisce a Franco Iotti non sono state per nulla travisate e che le bestemmie che il sunnominato individuo ha pronunciato davanti a quell'assemblea di 40 giovani, fra cui 3 ragazze e 10 o 12 uomini anziani, rispondono purtroppo a verità.
    Ed ora che abbiamo anche noi riportato la relazione del nostro amico aggiungiamo una sola parola: questo è, purtroppo il vero volto del comunismo spicciolo emiliano: lotta senza quartiere contro la Religione, catechizzazione marxista e materialista, falsificazione dei misteri più alti del Cristianesimo, davanti ai quali si sono chinate reverenti le menti di Dante, Manzoni, Marconi e di migliaia di altri scienziati, poeti, scrittori ed artisti.
    Il ritornello è vecchio quanto 1'uomo: anche il marxismo passerà dal volto della storia come sono passate tutte le teorie che hanno voluto deificare la ragione dell'uomo e che hanno creduto di potere negare la esistenza della Divinità, nei suoi grandi, stupendi e tremendi misteri.
    Quando 1' uomo cerca di distruggere Dio, è costretto poi a deificare altri uomini: così nacque il superomismo di Nietscke che diede origine all'uomo Hitler e che ha dato purtroppo origine all'uomo Stalin, due miti che passeranno nella storia lasciando una tragica traccia di sangue e di soperchierie.

I comunisti educano i giovani nel culto del sangue e della vendetta

    Un altro amico di Braida (Sassuolo) ci scrive la seguente nota:
    «Vorrei accennare in queste poche righe che cosa intendano i "compagni" atei per "rispetto della Religione": e ciò al fine di illuminare qualche cattolico ingenuo (e se ne trovano ancora ovunque!) che crede ancora alla possibilità di essere comunista e cattolico insieme.
    Nella nostra parrocchia, forse la più piccola della Diocesi, come nelle limitrofe, continua con zelo e fervore il pellegrinaggio della Madonna di casa in casa. Nella quasi totalità le famiglie sono orgogliose di ricevere in casa la Madonna che per i cattolici è simbolo di salvezza e di bontà e che per i comunisti, o comunque per i non credenti, è un simbolo di superstizione. Soltanto qualche famiglia di estremisti rifiuta di ricevere in casa la Madonna. Ad onor del vero nonostante gli ordini di cellula, anche molte famiglie di comunisti hanno voluto in casa la statuetta sacra e ciò dimostra che a Braida molti sono i comunisti che "tirano a campare" e che attendono il momento giusto per sganciarsi dalla cellula.
    Un episodio è però interessante raccontare: una sera grigia, sotto il cadere della neve veniva effettuato il solito trasporto della Sacra Immagine da una casa all'altra, tra canti e luci di fiaccole; un attivista comunista espresse, al lato della strada, a voce alta, questo giudizio: "Guarda il popolo come è ignorante e ingenuo; crede ancora a queste sciocchezze; come volete che in Italia possa andare bene!". Questa frase suona ad offesa della nostra fede e delle più care tradizioni del culto della nostra gente. La frase dell'attivista è una palese smascheratura della infingardaggine dei comunisti che sbandierano nei loro manifesti il più alto rispetto per la Religione ma che poi irridono nel loro intimo al culto ed alle cerimonie che noi, con tanto fervore e fede, compiamo.
    Un altro fatterello capitò quassù a Braida anni or sono: in chiesa, prima delle feste pasquali, un cappuccino stava parlando dei massacri compiuti dai senza-Dio su decine di sacerdoti, un giovinetto di undici anni che era in coro si fece sentir dire: "Son pochi, bisogna ucciderne ancora di quelle canaglie fasciste".
    La frase è tutto un programma e dimostra come i comunisti non si schifiscano di far crescere i giovani in un credo di odio e di sangue. Così si educano i giovani nelle associazioni "pionieri" di marca rossa. In altra occasione i prodi figli del popolo imbrattarono di materia innominabile 1'altoparlante dal quale si irradiava la voce di un frate che parlava ai fedeli (avvenuto al Collegio San Carlo).
    Ora noi ci domandiamo: fino a quando si permetterà, ad una certa parte di politicanti, di crescere la gioventù in una forma così spietata di ineducazione e di irriverenza verso le cose sacre, e di odio verso il clero.

Un credente che non può tacere»

Passa dal marxismo alla professione del cattolicesimo il dirigente della Camera del Lavoro di Toano

    Di un clamoroso ritorno dalle file del marxismo alla professione aperta della Fede cattolica si è parlato molto nella zona di Toano nei mesi scorsi. Si tratta del giovane Sergio Tagliavini, oriundo di Praticello di Gattatico, il quale apparteneva al Partito Socialista Italiano di Nenni; era legato a doppio filo al Partito comunista ed era dirigente della Camera del Lavoro a Toano di Reggio Emilia. Durante il periodo del suo servizio incondizionato alla causa persa dei rossi si è dimostrato attivissimo e fervente nella propaganda: teneva conferenze e riunioni, distribuiva la stampa socialcomunista, facendo anche 1'attacchino e non perdeva occasione per rendersi benemerito presso la federazione provinciale rossa di Reggio Emilia. Non poche noie diede anche ai parroci della zona e ai cattolici in genere che si difendevano come meglio potevano dagli attacchi dell'avversario.

«Ho riconosciuto gli errori»

    Ma il Tagliavini non potè resistere a lungo nella propaganda fatta di errori, di calunnie e di inganni che viene propinata dalle federazioni rosse: la sua anima ed il suo spirito, fondamentalmente retti, si ribellarono, ed in seguito ad una crisi moralereligiosa, piantò in asso i padroni moscoviti e si ritirò in un collegio cattolico di educazione, retto dai PP. Servi di Maria, a Cattolica.
    Attualmente Sergio Tagliavini, che si è acquistato la fiducia dei superiori è segretario del direttore della «Colonia S. Maria» di Misano Mare (Forlì).
    Per dimostrare il totale cambiamento operatosi nel giovane ex-socialista riportiamo qui di seguito (con il permesso del Tagliavini e con la possibilità per chiunque di prenderne visione presso di noi) alcuni brani di lettere indirizzate dal medesimo al parroco di Toano, don Giorgio Canovi, ed al parroco di Praticello di Gattatico, don Rivi.
    Ecco quanto scrisse in data 17 novembre 1952 a don Giorgio Canovi: «Rev.mo don Giorgio, nel venire ad informarla che attualmente mi trovo quale assistente in un collegio a Cattolica, ho pure il piacere di notificarLe che ora sono diventato un buon cattolico. Dopo molto tempo, ho riconosciuto gli errori nei quali ero caduto dandomi ad una causa e ad una idea sbagliata, quali erano: la Camera del Lavoro e il Partito Socialista.
    Il collegio, nel quale mi trovo, è diretto dai rev.di Padri Servi di Maria. Ho una squadra di oltre una trentina di ragazzi; per lo più nessuno di essi ha ricevuto una educazione dai genitori o parenti, quindi spetta alle mie deboli forze e qualità il farne dei bravi cittadini e degli ottimi cattolici.
    Vorrei pregarLa di ricordarsi di me nelle Sue preghiere ed io certamente La ricorderò sempre nelle mie povere orazioni e nelle SS. Comunioni. Ora ho compreso quanto buono sia stato con me Dio nel darmi il tempo e la possibilità di ritornare a Lui».

«Chiedo perdono»

    «Chiedo perdono — continua la lettera — a Lei ed agli altri RR. Parroci se, quando mi trovavo a Toano nel lavoro che incoscientemente svolgevo, ho dato la possibilità di recare loro qualche offesa e qualche dolore. Già da molto tempo mi sono ricreduto dalle idee false che erano state iniettate in me dai comunisti e dai socialisti. Vorrei pregare Lei ed i Rev.di Parroci, qualora avessero giornali, opuscoli od altro materiale di A.C. o libri istruttivi, di volere essere così gentili da inviarmene, così li darò ai ragazzi da leggere ed eviterò anche la possibilità che siano dati loro libri a fumetti od altro che possa far male all'educazione ed all'anima stessa dei ragazzi. Con l'inviare a Lei ed ai Rev.di Parroci delle parrocchie di Toano i miei distinti saluti in Cristo, chiedo la Loro santa benedizione.

F.to SERGIO TAGLIAVINI».

    Sergio Tagliavini, ex segretario della Camera del Lavoro di Toano: Prima o poi gli uomini onesti abbandonano il P.C.I.

«Fu una grazia della Madonna»

    In una lettera al parroco di Praticello il Tagliavini si diffonde a parlare della sua conversione attribuendola alla SS. Vergine. E conclude dicendo: «La Nostra Madre celeste vorrà fare sì che io mi mantenga sempre buono». Il giovane chiede quindi il libretto della «Peregrinatio Mariae», onde potere insegnare preghiere e canti per il lavoro di educazione che sta compiendo. Lavoro alto e nobile che dal Tagliavini stesso è chiamato «non un mestiere, ma una missione». Questa nota chiaramente smentisce anche la versione calunniosa che i dirigenti comunisti di Toano hanno tentato di dare sul conto della conversione del Tagliavini: non è stato certo per lucro il cambiamento radicale dell'ex-segretario della Camera del Lavoro, ma per una profonda convinzione spirituale.

«Ero un esaltato»

    In un'altra lettera all'arciprete di Toano il Tagliavini così si esprime: «La ringrazio infinitamente di avere data la notizia (della mia conversione) da me inviataLe ai sacerdoti del Vicariato. Sono certo che essi pure mi abbiano perdonato il male che allora feci inconsciamente, troppo impastoiato come ero da false idee. Senz'altro, qualora Ella lo credesse di utilità, non solo la pregherei di comunicare che ho riconosciuto che ero su una falsa via, ma che vorrei, ed è ciò che cerco di fare in mezzo ai miei ragazzi, riparare a tutto il male fatto e che riconosco pienamente i miei errori di allora». Il Tagliavini conclude la sua lettera affermando: «Quello che mi interessa è di fare comprendere in tutte le frazioni del toanese che ho riconosciuto pienamente i miei errori e vorrei invitare coloro ai quali avessi fatto un po' di bene e che siano tuttora buoni, ad accettare i consigli che Ella e gli altri Parroci vorranno dare, perchè solo in questo vi può essere e si può trovare la pace, e non nelle false parole dei comunisti. Cerchino di sentire ciò che i comunisti dicono e li vedano agire e poi comprenderanno, se hanno un po' di buon senso, che il comunismo ed i suoi dirigenti non agiscono altro che sulla falsità e sull'inganno».

«Molti giovani comunisti in crisi»

    Per potere poi accertare la verità effettiva dei fatti abbiamo scritto noi stessi al Tagliavini, a Misano Mare, dove si trova attualmente, e così ci ha egli risposto. La risposta è stata anche pubblicata da numerosi quotidiani settimanali cattolici di tutta Italia.

«Misano M., 21-7-1953

    Mi si chiede spesso, come dalle file marxiste, sia passato alla pratica Religiosa Cattolica. Io stesso, a dire la verità, vorrei fare una domanda a coloro che leggeranno queste poche righe: avete mai sentito in voi un vuoto, qualche cosa di inspiegabile e che non si sa da che derivi?
    Io sì!!! Brancolavo nel buio, non ero mai soddisfatto, ero malinconico, triste, e, coricandomi la sera, nonostante lo snervante lavoro, che avevo dovuto sostenere durante la giornata nella Camera del Lavoro, mi chiedevo: cosa ho fatto oggi? Materialmente avevo lavorato e faticato molto, ma moralmente, con le mie stesse mani, con la mia parola, cercavo e stavo distruggendo tutto quello che avevo imparato da quand'ero in grembo alla mia mamma. Spesso rammentavo la mia fanciullezza, le mie pratiche religiose che adempivo con molta devozione; ricordavo gli anni passati in collegio e la mia grande devozione alla Madonna e la pratica dei nove venerdì; sfilavano davanti alla mia mente i giorni, i mesi passati in prigionia, 24 mesi, in Germania, ove L'unica nostra consolazione e l'unico movente che ci impediva di toglierci la vita, era la Religione. Tutto questo, oltre che a riempirmi di nostalgia, che subito cercavo di allontanare, era un germe che andava sempre più sviluppandosi fino a che, non solo di sera, ma anche di giorno, in seguito, questi pensieri, allora, erano per me, oltre che una preoccupazione, anche un assillo.
    Sentivo che mi mancava qualche cosa: non persone alle quali confidare le mie gioie e i miei dolori, non amici, non divertimenti e nemmeno il lavoro, ma molto di più; qualche cosa di soprannaturale: riavvicinarmi a quelle pratiche della Religione Cattolica, che tanto amavo da bambino, anzi fino a poco tempo prima, quelle pratiche religiose che mi avrebbero riavvicinato a Dio, alla Madonna.
    L'allontanamento dalla religione mi aveva reso abulico. Agivo come un automa. Facevo quello che mi si comandava verbalmente e per iscritto, senza stare a discutere se era buono o meno, se era o meno contrario ai principi religiosi.
    In seguito, spesso vedevo passare davanti al locale della C.d.L., le processioni; ho assistito all'arrivo ed alla partenza della «Peregrinatio Mariae», ho osservato, nascosto dalle gelosie delle finestre della casa ove ero alloggiato, tante funzioncine religiose e tutto questo ha contribuito a far sì che incominciassi, non più a scacciare i pensieri, che avevo continuamente, delle cose della fanciullezza, ma a cercare di rievocarli, di riviverli e questo mi ha fatto comprendere l'enorme errore nel quale ero caduto.
    Ho potuto constatare che lontano dalla Chiesa non c'è pace e che è inutile cercare di fare tacere la propria coscienza: non ci si riesce.
    Ad indurmi ad avvicinarmi ancor più alla Religione ed alle relative pratiche, era il modo stesso di parlare della Religione, da parte di molti attivisti comunisti i quali, come epiteto migliore, chiamavano i preti col nome di «disgraziati» e tutto ciò che era religione dicevano essere una messa in scena dei preti, erano tutte stupidaggini, ed imprecavano contro tutti coloro che si recavano a tali funzioni religiose dicendo essere quelli dei veri ignoranti, delle persone grette e che nelle chiese avrebbero fatto delle sale da ballo.
    Ha contribuito molto al mio cambiamento anche un'ottima persona di A.C.I. di Toano, la quale, continuamente, tra un ragionamento e l'altro, cercava sempre di risvegliare in me gli assopiti sentimenti religiosi. A lei vada il mio grazie di cuore, come a tutte quelle persone che continuamente mi invitavano a ritornare alla Religione.
    Sono convinto che molti giovani i quali oggi si trovano nelle file dei comunisti e dei socialisti, sono nelle stesse condizioni morali nelle quali mi trovavo io (questo lo dico perchè ho avuto occasione di parlare con molti giovani i quali mi hanno esternati i loro sentimenti) e li invito ad essere franchi e leali verso la propria coscienza e verso il prossimo e di avere il coraggio di fare quel passo che io ho fatto e del quale sono ben lieto.
    SERGIO TAGLIAVINI».
    E adesso, nuovi ideali. Sergio Tagliavini, nel collegio «S. Maria» di Cattolica, racconta ai nuovi amici la via che è buona.

I barbagianni

    Ecco un significativo episodietto circa il rispetto e l'amore che inculcano i rossi verso la religione. Anche a S. Agata, piccola frazione del Rubierese, i Comunisti combinano sempre qualche corbelleria. Sentite questa! In un crocicchio nei pressi della cooperativa c'è un grosso e vecchio ciliegio al cui tronco è appeso da anni un quadro della Vergine ed alcune donne pensarono, — ora che è il mese di Maggio — di andarvi a recitare il Rosario dopo cena, così come d'uso nelle nostre campagne. Ma ciò naturalmente non risultò di gradimento alla sovieticheria locale specie a quella femminile, che andava borbottando sulla «reassione» e sulla «provocassione elettorale!». Così l'altra sera, le poche fedeli intervenute avvertirono sull'albero un fruscio, un cauto muoversi di foglie che dapprima attribuirono ad un barbagianni appollaiato sul ramo, ma poi il rumore crebbe e, delineata vagamente contro il buio della notte si intravvide un'ombra.
    Non è difficile immaginare lo spavento; fortuna che passava di lì un robusto signore del luogo, il quale impugnata una «stropa» (cioè una frusta fatta con ramo verde) saliva sull'albero snidando, semiparalizzati dalla paura, non più uno ma due barbagianni: due mocciosi ragazzini che i «rossi» e le «rosse» locali avevano istigato a salire sul ciliegio allo scopo evidente di intralciare «le bieche manovre del Vaticano!».

I crocifissi e le elezioni

    A riprova dei sentimenti di venerazione religiosa dei capicellula guardiamo come i rossi trattarono i crocifissi, affissi alle pareti degli edifici scolastici, durante le ultime consultazioni elettorali. In parecchie sezioni elettorali della nostra provincia sia sul colle che nel piano i compagni, secondo gli ordini di scuderia, si sono zelantemente preoccupati di far sparire i «Cristi» dalle aule scolastiche che erano adibite a seggi elettorali. Non sappiamo il motivo ufficiale di tale zelo anticrocifisso, sappiamo però bene quello reale. I piccoli «Cristi» di legno certo non turbavano 1'ordine pubblico, ma infastidivano i «rossi» perchè colla loro muta e significativa presenza avrebbero potuto rammentare a qualche elettore titubante che nella cabina elettorale c'è Iddio ma non il capocellula....