E sulle sei bare i comunisti montarono la più ignobile delle speculazioni: ecco qualche titolo della loro stampa:
«Il Governo del 18 Aprile si è macchiato ancora di sangue: sei operai uccisi dalla Polizia a Modena. Tutta l'Italia si leva contro il nuovo massacro» («Unità» del 10 gennaio 1950).
«Se nuovo sangue dovesse scorrere in Italia, sorga un movimento generale dì tutto il popolo» («Unità» del 12 gennaio 1950).
«L'appello per una nuova politica levatosi da Modena, sarà recato oggi ad Einaudi dai capi dell'opposizione» («Unità» del 13 gennaio 1950.
«I particolari dell'eccidio: inaudita brutalità della Polizia. HANNO SPARATO ALLE SPALLE! Una ragazza di 17 anni colpita in bocca da un proiettile» («Milano sera» dell'11 gennaio 1950).
«Solenne impegno dei Parlamentari dell'opposizione e della C. G. I. L.: SPEZZARE LA CATENA DEGLI ECCIDI — Chieste le dimissioni di Scelba» («L'Avanti» del 12 gennaio 1950).
Dai loro discorsi:
«Non può esservi dubbio, mi pare, che vi sia stato in qualcuno il deliberato proposito di piegare l'eroico disciplinato spirito combattivo dei lavoratoli modenesi con un massacro... Mi chiedo però se possa essere chiamato Governo Democratico un Governo che non è capace di esistere se non facendo sparare sui lavoratori... Credo che quando si aprirà una crisi di questo Governo, questo sarà il primo problema di cui dovranno preoccuparsi gli uomini politici... Non so se Scelba ordini personalmente gli eccidi... Egli deve lasciare quel posto... Dove vogliono condurci gli uomini che oggi ci governano?...» (Dichiarazioni di Togliatti a «Paese Sera»).
«Scelba, De Gasperi, Grassi, Saragat, Pacciardi hanno congiuntamente la responsabilità di avere garantito ai poliziotti il diritto di sparare, dì uccidere e poi l'impunita più completa». (Sen. Ottavio Pastore, «Unità» del 10 gennaio 1950).
«Ci impegnamo a preparare e suscitare un movimento tale, un sussulto proveniente dal più profondo dell'animo nazionale, tali che facciano indietreggiare anche i gruppi più reazionari, come già è avvenuto, del resto, in passato... Abbiamo un Governo di cinici.... Abbiamo un Parlamento la cui maggioranza è indifferente, cieca e sorda... Solleviamo il Paese intero contro questo stato di cose che grida vendetta al cospetto di Dio...» (Togliatti a Modena).
«E' certo che queste forze sono oggi di molto più possenti di ieri, più mature e temprate, l'ha testimoniato Modena» (Pietro Ingrao, «Unità» 13 gennaio 1950).
Non appena le bare sono calate nella fossa, ecco il clamore del Parlamentino rosso. L'opposizione vuole sfruttare questi poveri morti con una manifestazione chiassosa dalla quale Nenni, ad esempio, pensa debba uscire un appello a tutto il Paese per spezzare «il cerchio infernale di odio e di paura che dal 18 aprile preme sul Paese».
Qualche commento su questa specie di Dieta rossa ci porterebbe troppo lontano: la cortina fumogena della speculazione socialco-munista tenta polemicamente di confondere le prospettive del tragico conflitto al punto da annebbiare tutti i fatti. Nel paesaggio sconsolato di questa campagna emiliana echeggiava dagli altoparlanti solo la parola aggressiva dell'odio che scaricava tutti gli insulti sul Governo legale del Paese, sui rappresentanti dell'ordine democratico, minacciando chiunque adempie al proprio dovere di reggitore amministrativo o politico, tacciando di «sudici mentitori» (Terracini) coloro che proclamano la verità delle cose ben diverse nella loro interpretazione dalle frenetiche inscenature degli agitatori comunisti, anche se si chiamano col nome di sen. Terracini.
«La canea, scrive l'on. Raimondo Manzini, di questa propaganda è giunta al punto d'inventare in apposite conferenze stampa, la turpe menzogna di agenti della P. S. intenzionalmente ubriacati dai loro superiori, ridotti in uno stato di incoscienza per spingerli a sparare sui lavoratori, freddamente, cinicamente. Tutto questo fa parte di una campagna assurda, aberrante sulla quale non varrebbe neppure la pena di soffermarsi, se non vi fosse la denuncia del vero fondo di questa parossistica amplificazione che si tenta sui fatti di Modena. Il dovere della Democrazia è di difendersi contro ogni aggressore: dovere dello Stato è di respingere la nuova oltraggiosa offensiva di vituperio contro capi, autorità, rappresentanti legali del popolo; dovere dell'opinione pubblica non lasciarsi intossicare ed accecare dal frastuono diffamatorio... Proseguiamo risoluti nella nostra azione».
Terracini stende a Modena la denuncia per omicidio contro il Prefetto, il Questore e il Vice Questore, ma forse egli non potrà servirsi della testimonianza d'uno di quegli stessi suoi compagni lanciati all'assalto delle forze di polizia e rimasto ferito, il quale dichiara:
«Noi raccoglievamo e rilanciavamo le bombe lacrimogene contro gli stessi agenti, mentre la pressione dei dimostranti contro gli stabilimenti e quindi contro la forza pubblica si faceva sempre più minacciosa; udii degli spari di arma da fuoco, dei quali non posso precisare la provenienza. Ci fu un panico generale per cui cercai subito di allontanarmi, ma caddi subito ferito. Debbo onestamente dichiarare che se agenti e carabinieri hanno fatto uso delle armi, a ciò sono stati costretti dalla necessità di difendersi da un grave incombente pericolo. Non posso però escludere che sia stato fatto uso delle armi anche da parte dei dimostranti».
A che cosa tende la clamorosa piazzata dei 200 parlamentari dell'opposizione riuniti a Modena?
Non se ne fa mistero: i morti non sono più che un pretesto, quello che conta è di ottenere una chiara vittoria politica «dichiarano che l'ulteriore presenza dell'on. Scelba al Ministero degli Interni, dimostra la volontà determinata di proseguire in una politica di violenza e di illegalità... I deputati ed i senatori dell'opposizione rivolgono un appello a tutti gli Italiani perchè uniscano le loro energie in una vasta azione di mobilitazione...».