Ventisettesima udienza

A corto di argomenti... si parla a vanvera

    15 luglio 1949. - L’avv. Sotgiu ha voluto davvero superare i colleghi che lo avevano preceduto. Non gli sono bastate neppure due udienze per esporre la sua tesi in sostegno del querelante e perciò avrà bisogno ancora dell’udienza di lunedì.
    L'inizio è in piena polemica con il P. M. e si ritorna sulla questione del numero dei caduti e dei prigionieri: «tragica contabilità», ha ammesso l'avv. Sotgiu, di cui «si sente tutto il peso sanguinoso». Ciò che non gli ha impedito una lunga dissertazione di carattere militare per dimostrare in sostanza che l'ARMIR era impreparato, che il nostro Stato Maggiore era assolutamente incapace, che è per lo meno ingenuo credere alle cifre rese note dalla propaganda radiofonica. Morale; non bisogna credere neppure a Togliatti quando parla alla radio. Se lo dice un difensore comunista...

La prova liberatoria

    Avv. Sotgiu: — Di qui non si scappa. Voi giudici per assolvere costoro, dovete affermare che essi hanno provato quello che hanno detto. Basta dimostrare che gli imputati hanno alterato le cifre dei morti, affermato circostanze almeno inesatte, indicati motivi e cause non vere, per concludere che essi, sì, hanno diffamato D'Onofrio.
    Secondo le deduzioni che si possono fare confrontando tutte le cifre conosciute, l'oratore afferma che le uniche alle quali è possibile affidarci sono quelle fornite dal Ministro della Difesa on. Pacciardi, il quale, al Senato, ebbe ad affermare che le perdite italiane dell’ARMIR, in morti, prigionieri, feriti e invalidi ascendono complessivamente a 84 mila uomini.
    Avv. Sotgiu: — Questo significa che la cifra su cui gli attuali imputati hanno voluto speculare non è stata affatto provata, che quindi essi hanno alterato tale cifra, e che, in definitiva, non c’è più dubbio che essi hanno diffamato. Altro che assoluzione per essere stati provati i fatti attribuiti al D'Onofrio!
    Ma, comunque, quale sia il numero dei morti in Russia, D'Onofrio non È entra.

La P. C. perde la calma

    L'avv. Sotgiu si è poi addentrato nell’esame della polemica che a suo tempo il querelante ebbe con il «Risorgimento Liberale». Ed è tornato sulla frase scritta dal D'Onofrio: «Voi siete entrati in terra di Russia come ladri e rapinatori», per sostenere che Quello era soltanto un giudizio politico e non ingiuria.
    Avv. Sotgiu: — Non è vero forse che Mussolini aggredì la Russia senza alcuna ragione? Se quella frase del D'Onofrio vuol essere considerata una ingiuria, altrettanto dovremmo dire del Manzoni che chiamò «strumenti ciechi di occhiuta rapina» i soldati austriaci. Questo perché non si venga a dire che gli imputati lanciarono le loro accuse contro il querelante per ritorsione. E in ogni caso non fu D'Onofrio il primo ad ingiuriare perché non da lui fu iniziata la polemica giornalistica, ma dagli stessi imputati.

Opportuna interruzione

    Mentre l'avv. Sotgiu svolgeva questa tesi un reduce dallo spazio riservato al pubblico ha gridato forte, suscitando lunghi mormoni degli altri e una sonora scampanellata del presidente.
    Un reduce — Noi siamo qui per credere a tutto quello che dice lei!
    Ma l'invito al silenzio non ha impedito al reduce di aggiungere:
    Un reduce: — Allora anche i nostri morti in Africa, in Grecia e sugli altri fronti, anche loro furono dei predoni? Se la sentissero quelli che sono rimasti laggiù!!!...

Formule addomesticate... «ad usum delphini»

    Ma l'oratore ha tirato avanti senza raccogliere le interruzioni ed è passato a spiegare che cosa fossero le scuole antifasciste, quale ne fosse il programma, quali gli scopi. Egli ha detto che nessun contenuto politico e tanto meno marxista è possibile ravvisare in quei programmi e che unico scopo di quelle scuole era di restituire all’Italia prigionieri che non fossero analfabeti. Quanto al famoso giuramento che si prestava alla fine dei corsi di antifascismo l'avv. Sotgiu ha esibito una formula, trascritta sul diario del serg. magg. Pietro Brogini da Siena, che suona così: «Io, figlio del popolo italiano, presto giuramento solenne alla mia Patria, al mio popolo, alla mia famiglia, di lottare fino all’ultimo respiro per la cacciata dei tedeschi dal sacro suolo dell’Italia; presto giuramento di essere implacabile contro tutti i traditori della Patria».
    Avv. Sotgiu: — Quindi niente di truculento e di feroce, come qualcuno degli imputati e dei testi è venuto a dirci. Ma soltanto impegno solenne a lottare per una Patria libera.

La battaglia è perduta per il querelante

    E per oggi il patrono di parte civile ha finito chiedendosi se dopo tutto quanto ha detto si può ancora affermare che gli imputati non abbiano falsato la verità. Allora è vero che la loro azione è stata mossa dal desiderio di far nascere un sentimento di avversione verso D'Onofrio.
    Avv. Sotgiu: — D'Onofrio non ha dimenticato, in Russia, il sentimento di italianità che lo ha sempre guidato. Forse che i regolamenti militari vietano la propaganda politica? O per caso essere militari significa dimenticare di essere un cittadino?

Le udienze
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