Prologo

    La vecchia favola saggia racconta che il lupo, per riuscire ad entrare col gregge nell'ovile, si coprì con una pelle d'agnello.
    Nei loro abili sinuosi adattamenti tattici i dirigenti del PCI non hanno potuto non tenere conto della mentalità, del carattere, della educazione tradizionale del popolo nostro. Si comprende, così, perché, agli inizi, là dove c'era da fare del proselitismo (come ancora avviene nell'Italia meridionale) il PCI si era mascherato da cattolico: perché coloro che si dovevano conquistare all'idea comunista, gli Italiani, erano tradizionalmente cattolici.
    Ed è innegabile che tale travestimento del PCI ha portato molti cattolici nelle file rosse dove poi, lentamente, si è operata, esattamente secondo le previsioni di Lenin [LENIN, Sulla Religione, Ed. Rinascita, Roma 1949, p. 26: «In tali circostanze la propaganda atea può risultare superflua e nociva... dal punto di vista del progresso effettivo della lotta di classe che, nelle condizioni della società capitalistica moderna, porterà gli operai cristiani alla socialdemocrazia e all'ateismo cento volte meglio di quanto non lo possa fare una nuda predicazione ateista...».], la loro progressiva ateizzazione.
    Gli uffici psicologici del PCI non potevano, però, trascurare un fatto molto importante: la natura, il temperamento altamente individualista del popolo italiano. Se gli iscritti al PCI avessero potuto liberamente ragionare e giudicare e pensare con la propria testa, sarebbero inevitabilmente apparse evidenti le menzogne tattiche del Partito. Bisognava quindi offrire agli aderenti ed ai simpatizzanti una interpretazione
sicura degli avvenimenti, una interpretazione nella linea esattamente marxista, impedendo loro ogni contatto che potesse mettere in discussione detta interpretazione.
    E' nata, da questa necessità, la proibizione, per i rossi, di leggere la stampa che non è nella linea del Partito. E', infatti, la stampa che dà l'interpretazione degli avvenimenti, orientando a piacimento le reazioni dei lettori.
    Non è che i dirigenti rossi abbiano detto crudamente: «E' proibito leggere la stampa non comunista!» . Sarebbe stato un grave errore psicologico. Bene si sa che la proibizione ha la proprietà di aumentare il desiderio della cosa proibita. Essi hanno pazientemente ripetuto ai loro adepti che la stampa non comunista è una stampa al servizio dei signori, dei capitalisti, del clero vaticano. E siccome i signori, i capitalisti e il clero sono nemici dei lavoratori (i quali vengono identificati coi comunisti), ne è scaturita ferrea la convinzione che la stampa non comunista è una stampa reazionaria, di sfruttamento, falsificatrice; è la stampa dei nemici dei lavoratori: non bisogna leggerla. La sola stampa che dica la verità è la stampa dei lavoratori.

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    Riuscire a portare in casa di un comunista una esposizione degli avvenimenti nuda e cruda, senza colorazioni politiche, lasciando alla sua sincerità la interpretazione dei medesimi, è certo un servizio alla verità e all'uomo.
    E proprio perché — pensiamo — nella maggior parte i comunisti della base sono sinceri, ci saranno anche grati di aver fatto loro sapere le cose senza imporre loro una particolare valutazione.

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    Raccogliamo delle testimonianze. Da «L'Unità» . E le dedichiamo ai lavoratori comunisti.
    Il discorso che noi rivolgiamo loro è molto semplice.
    «I vostri capi (che, economicamente, stanno molto meglio di Voi) vi hanno ripetuto e vi ripetono che solo loro dicono la verità, solo loro fanno i vostri interessi economici. Voi siete pienamente liberi di credere loro e di seguirli. Non ci vorrete male, però, se, con sincerità, noi vi riveliamo come veramente stanno le cose:
i vostri capi barano con Voi. Ecco qui dei fatti, dei documenti che non si possono smentire.
    Leggete. Dopo che avrete letto, magari stracciate tutto e insultateci ancora: siete liberi di farlo. Non sareste, invece, intelligenti se vi rifiutaste di sentire anche l'altra campana. Non è forse vero che quando — nel passato — noi scrivevamo le stesse cose che oggi scrive anche Togliatti su
L'Unità, Togliatti e voi ci accusavate di essere dei falsi, dei venduti agli americani? Se ci aveste ascoltati allora, quante brutte cose si sarebbero evitate! Chi aveva ragione, allora? Non leggete mai una opinione sola: ci può essere sotto l'imbroglio. Leggeteci e metteteci a confronto con quello che dicono i vostri capi. Poi decidete come vi sembrerà meglio. E tanti auguri» .

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    Perché facciamo questo? Ecco:
    Se vedessimo un bimbo che, inesperto ed ingenuo, sta per mettersi in un qualche pericolo senza saperlo, noi ci sentiremmo in dovere di avvertirlo, quel bimbo. Per salvarlo.
    Ci sentiamo in dovere di avvertire i lavoratori del grande pericolo che essi corrono appoggiando certi uomini e certe idee.
    Il bimbo, perché bimbo, lo strapperemmo dal pericolo anche con la forza.
    I lavoratori no. Hanno la loro testa: debbono essere avvertiti. Poi decideranno loro stessi il da farsi.
    E siamo fermamente convinti che i lavoratori comunisti, prima o poi, scopriranno che i loro veri amici eravamo e siamo noi.

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    Il nostro argomento è Stalin.
    Lo schema che seguiremo è estremamente semplice. In una prima parte faremo alcune osservazioni sulla commedia che si è recitata attorno a Stalin. Osservazioni proprie dell'uomo comune.
    Nella seconda parte riporteremo delle citazioni da L'Unità, L'Avanti, Rinascita. Quasi tutte citazioni degli organi del PCI. Testi scritti quando Stalin era ancora vivo o nel dì della sua morte. E testi scritti ora che Stalin è davvero un cadavere.