Poi li fucilarono

(Archidiocesi di Bologna)


  L’essere esposto ai colpi degli uni e degli altri è il destino di chi cammina sul crinale. Ed è proprio questo l’elemento più apologetico che stacchiamo dalle testimonianze cruenti dei preti emiliani. Ammazzati prima dagli uni e poi dagli altri. Il destino — ripetiamo — di chi persegue una coerenza.
  Dell’estremismo di destra la prima vittima durante l’occupazione nazifascista fu un prete di ventisei anni: don Ubaldo Marchioni. Fu ammazzato sull’altare al termine della Messa. Stramazzò sulla predella. Per rappresaglia, i tedeschi stavano bruciando tutti i paesi della zona. Giunti a Casaglia, dove era don Ubaldo, trascinarono tutta la gente al cimitero e li fucilarono. Ottantaquattro persone, generalmente donne e bambini. Gli altri rimasti in chiesa furono finiti a bombe a mano: oltre settanta persone. Sopravvisse solamente il vecchio genitore, giacchè sia la madre che la sorella furono ammazzate nel presbiterio accanto al giovane parroco. Era il 29 settembre 1944.

  Don Ferdinando Casagrande, parroco a Gugliara, fu ucciso dieci giorni dopo. Trent'anni precisi aveva. Abbracciato alla sorella Giulia, mentre andavano al Comando tedesco, furono raggiunti dalle raffiche. I cadaveri, buttati nel precipizio vennero trovati dal padre diversi giorni più tardi. Toccò a questo vecchio seppellire, in una fossa comune, i due figli sotto il terrore della tedescheria.

  Ed ecco una medaglia d’oro al valor partigiano, don Giovanni Fornasini, 29 anni, aiutante del parroco di Sperticano. Nei momenti drammatici delle rappresaglie era riuscito, con la sua audacia e con la sua affabile maniera sacerdotale, a far rilasciare dai tedeschi diversi ostaggi. Sembra che il Comando tedesco gli avesse dato assicurazione che ai bambini e alle donne non sarebbe stato torto un capello. E don Fornasini andò a protestare per il mancato impegno. Fu così che chiamò con sé un ufficiale tedesco per dimostrargli quante vittime innocenti fossero state fatte in quelle sanguinose rappresaglie. L’ufficiale tedesco lo accompagnò. Giunti per il sopraluogo al cimitero di San Martino, il vile ufficiale lo soppresse a tradimento, con un colpo alla nuca. Per sette mesi il suo cadavere è rimasto esposto alle intemperie. Ventinove anni aveva. L’«angelo di Marzabotto» lo ha qualificato il popolo. Lo ha ucciso la carità per la sua gente.

Due confessioni


  Don Elia Comini, salesiano e Padre Martino Capelli, missionario del Sacro Cuore, si sono confessati vicendevolmente, prima di essere fucilati e riversati cadaveri dentro la melma nel serbatoio d'acqua a fianco della Canapiera di Pioppe di Salvaro.
  Il salesiano don Elia si trovava in quest'Appennino bolognese per tener compagnia alla mamma durante il passaggio del fronte. Padre Martino passava da parrocchia a parrocchia per il suo ministero missionario. Per la rappresaglia del 29 settembre, corsero ambedue dal Comando tedesco a difesa della gente inerme. I tedeschi, anzichè ascoltarli, li misero nel numero degli ostaggi. Chiusi in una stanza della canapiera fu fatto loro una specie di processo sommario. Un italiano al servizio dei tedeschi li accusò d’essere in relazione coi partigiani. Due notti e due giorni li tennero rinchiusi nella prigione improvvisata. Fu qui che i due sacerdoti, ricevuta ognuno la confessione dell’altro, trovarono il martirio. Portati, come si è detto, sulla cimasa del serbatoio dell’acqua, furono fucilati e la melma sottostante li inghiottì cadaveri.
  L’uno aveva 34 anni e l'altro 32. Il primo era nato a Finale Emilia, e il secondo a Bergamo.

  Il giovane padre carmelitano Mario Ruggeri fu rastrellato all’alba nella casa del fratello a Scopeto. Era andato lassù in convalescenza dopo un’operazione per ulcera allo stomaco. Rastrellato dai tedeschi, improvvisamente, e incolonnato con la lunga teoria dei deportati sotto l'acqua e il rigore della stagione fredda, faceva compagnia al parroco don Broccadello che aveva subito lo stesso destino. Per ore e ore, lungo mulattiere, con casse di munizioni in spalla. Debole e malaticcio, il povero Padre Mario non gliela faceva. Scherni e villanie dei tedeschi accrescevano la sua agonia. Si scambiarono la confessione con don Broccadello. I tedeschi li fecero guadare un torrente in piena. A padre Mario vennero meno le forze. S'accasciò. E il maresciallo tedesco gli sparò contro un caricatore di pistola. Poi avvicinata la canna alle tempie lo finì. Aveva trentun anni. Il cadavere rimase per alcuni giorni lungo la mulattiera, mentre la colonna dei deportati continuava il suo fatale andare.
  Si sono fatti ammazzare con la loro gente questi preti emiliani. Una testimonianza d’amore limpido che resisterà.

Tra la loro gente


  Così don Ilario Lazzeroni che la rappresaglia trovò nella chiesa di Montegranello, sotto il Comune di Bagno di Romagna. Fino all’8 settembre era stato cappellano militare. Lassù si era ritirato per restare fedele ad una coerenza di principii. Tra i ventisei uomini falciati dalle mitraglie tedesche per punizione, ci stava anche don Ilario. Avrebbe potuto sottrarsi alla brutale potatura: condivise invece il rischio con gli ostaggi ai quali amministrò il Viatico. Venuto il suo turno, tolse di tasca la corona del Rosario, i grani incominciarono a scorrergli tra le dita fino a quando una raffica di machine-pistole lo stroncò.

  Don Ildebrando Mezzetti, parroco di San Martino in Pedriolo fu invece fucilato al poligono di Bologna prima dell’alba del 20 settembre 1944.
  Questo vecchio sacerdote dalla zazzera canuta, aveva aperto il suo cuore e la sua canonica a tutti. Lo accusavano adesso di aver dato ricetto a renitenti alla leva e a ribelli. Non si scusò nemmeno, davanti al magistrato. Confermò l’universalità della sua carità. La carità sacerdotale non chiede i documenti a nessuno. Condannato a morte, a nulla valsero gli interventi della Autorità ecclesiastica presso il Comando tedesco. Fu fucilato all’alba insieme ad altre undici persone alle quali egli diede la assoluzione prima che le canne dei fucili del plotone d'esecuzione venissero puntate ai petti.

  L’uccisione del diacono Mauro Fornasari ha tutti i caratteri del martirio accettato per la fede. Rimarrà sempre un mistero perchè, quella sera, quattro sconosciuti si presentassero nella casa Fornasari, a Longara di Calderara di Reno, per invitare don Mauro con loro. Egli andò. Tre ore più tardi rientrava ansimando in casa. l’avevano caricato sopra un'automobile. Alle ingiurie volgari contro la religione e il Papa, egli aveva risposto sempre deciso. Fermatasi la macchina in un posto deserto e fatto scendere, don Mauro ebbe un’intuizione. Aiutato dalla tenebra e dalla conoscenza della località, fuggì. Ma l’indomani ritornarono a casa gli stessi individui: «O don Mauro viene con noi o noi bruciamo tutto», dissero alla famiglia. E don Mauro andò, dopo aver salutato i suoi. Lo ammazzarono lungo il tragitto. Il suo cadavere fu ritrovato sotto l’argine di Lavino. La data del martirio è il 5 ottobre 1944.

  Ed ultimo un suddiacono di 22 anni, Giuseppe Lodi, ucciso a Ronchidoso. Preso con la famiglia in una razzia di ostaggi fu portato con gli altri lungo mulattiere e montagne. La sua veste sacerdotale servì a farlo dileggiare. Gli sputarono addosso, poi fucilatolo, bruciarono il cadavere: 29 settembre 1944.