Introduzione

    Al lettore sottoponiamo le pregiudiziali che ci sembrano necessarie per chi voglia sapere della Cina e dei suoi problemi.
    Qualcuno forse subito ci vorrà domandare perchè mai abbiamo messo mano a questo fascicoletto, perchè mai abbiamo voluto esporre agli italiani — noi che siamo italianissimi — delle cose e dei fatti che accaddero e accadono a tanta distanza da noi. Diciamo subito, a questo amico lettore, che la distanza non crea difficoltà per le idee — e noi tocchiamo essenzialmente le idee-forza della Cina di Mao; che nei tempi moderni il fattore distanza è facilmente copribile coi mezzi che la tecnica mette a nostra disposizione. Ma specialmente gli diciamo che ci siamo chinati sui fogli a scrivere — noi abituati all'azione della solidarietà coi più deboli — ci siamo chinati sui fogli a scrivere della Cina e della sua grande sofferenza perchè l'amiamo. Per il diritto naturale e il dovere di difendere ciò che si ama. La Cina è come la nostra seconda patria. Nei molti anni che abbiamo trascorsi laggiù, abbiamo avuto la cara possibilità di conoscere quel popolo profondamente laborioso; ne abbiamo amato l'inarrivabile sete di ascetismo quasi penando. Pensammo infatti al tesoro di esperienza mistica che esso potrebbe apportare alla Chiesa di Gesù, se crismato dalla luce del Vangelo. Abbiamo amata ed amiamo la Cina e il suo popolo. Come una terra ricchissima di slanci per la nuova redenzione del mondo. Per questo non siamo scappati quando è arrivato lui, Mao, il tecnico della persecuzione asiatica. Siamo rimasti per difendere il popolo: ci hanno accusati di tramare contro il popolo. Avevamo sfamati i loro bimbi a migliaia: ci hanno accusati di averli mangiati. Abbiamo salvato da morte sicura decine di migliaia di persone nei nostri Asili e nei nostri Ospedali: e ci hanno accusati di aver massacrato il popolo inerme.
    Amammo la Cina quando parlavamo al popolo di Gesù e della sua dottrina, nella pace laboriosa di una tranquillità tanto benefica. l'amammo e l'amiamo ancora più nel suo calcolato martirio sotto la furia della ferocia bolscevica avida di sangue nostro.
    Abbiamo scritto per questo: per una testimonianza d'amore. Perchè tutti, ammirando, imparassero a saper lottare contro la violenza.
    A Lanlong, durante un giudizio popolare contro Mons. Carlo M. E. P. avevano proibito di difendere gli stranieri quali nemici del popolo.
    Di tra la folla una fanciulla sedicenne s'avanza: «Io conosco quel sacerdote e so che queste accuse sono una menzogna».
    Abbiamo scritto per dare il coraggio di quella fanciulla a quanti ci leggeranno. Il coraggio della verità contro la violenza.
    Chi voglia sapere della Cina e delle sue cose deve evidentemente rifiutare le testimonianze:
    1) di scrittori, viaggiatori, sportivi dei tempi passati. Gente generalmente pagata, o commercianti. Tutti interessati e superficiali che limitarono la propria visita alla conoscenza di alcune città di spiaggia, o internazionali.
    2) di visitatori invitati dal Governo di Mao, atei materialisti. Le loro riferenze hanno tutto il colore e il sapore di programmazioni propagandistiche; sia per la fede politica dei visitatori, che per la vigilanza della polizia che null'altro fa visitare se non ciò che favorisce la sua propaganda.
    Competenza, invece, sul tema hanno coloro che in Cina sono lungamente vissuti. Col popolo e per il popolo, in una fraternità che permette di avvicinare l'uomo nelle sue manifestazioni più spontanee e di coglierne il volto più vero.
    Non sfugge pertanto a nessuno la naturalezza di questa nostra conclusione: il Missionario, che divise il pane, la gioia e il dolore per lunghi anni col popolo di Cina, ha tutti i caratteri di competenza per parlare della Cina.
    Il nostro lavoro lo dedichiamo alla gente del popolo. Sarà un lavoretto breve. Breve per il numero delle pagine. Perchè la gente che lavora tutto il giorno non ha molto tempo da dedicare alla lettura. Saranno pagine però, documentatissime. Siamo troppo certi di quanto scriviamo.
    Ci vergogneremmo, del resto, al solo pensiero di poter ingannare il nostro prossimo. Non è costume nostro, di noi che abbiamo testimoniato col carcere e le malversazioni la coerenza alla nostra idea cristiana. La lealtà è tema basilare della nostra vita. Quello che andremo dicendo è ricavato o dalla nostra esperienza personale, o dalle testimonianze di altri sacerdoti, missionari come noi in terra Cinese.
    Dedichiamo il primo capitolo alla legislazione nella repubblica di Mao. Nel secondo capitolo porteremo dei fatti. I fatti come frutto della legge.
    Seguirà un’appendice. È uno tra gli ultimi reduci della Cina: Sono stato prigioniero di Mao.