Nel suo nome

  Circa tre mesi dopo l’assassinio, nel nome di Giuseppe Fanin ebbe vita in Persiceto l’organizzazione sindacale dei liberi lavoratori. I primi a presentarsi come tali al lavoro furono sette sparuti braccianti agricoli.
  Ad attenderli sul campo c'erano già 200 persone che li accolsero con insolenze ed improperi. All’indomani i sette erano diventati 5. Ma il giorno appresso furono dodici, poi venti, poi trenta. La furia dei rossi allora crebbe a dismisura e se i liberi vollero recarsi al lavoro, dovettero per oltre un mese attendere che i carabinieri venissero al mattino a prelevarli in casa e li riaccompagnassero a casa la sera.
  Alcune libere operaie furono fermate un giorno mentre si recavano al lavoro.
  «Dove andate?».
  «Da Virgilio Fanin».
  «Non potete andare senza il permesso della Camera del Lavoro».
  E se vollero raggiungere casa Fanin dovettero fuggire.
  Doveva capirsi abbastanza facilmente come il Sig. Virgilio non potesse chiamare a casa sua operai che appartenevano alle leghe da cui erano usciti gli assassini di suo figlio; eppure «l’arbitrio» del Sig. Virgilio veniva così commentato:
  «Non ne ha abbastanza che gli hanno ucciso un figlio! va ancora cercando delle noie!».
  In questo clima dovettero lottare i liberi lavoratori; eppure non mollarono. Tante volte furono tentati di ritirarsi; la vita era diventata impossibile. Ma sul punto di cedere, la memoria di Giuseppe Fanin si ravvivava irresistibile in loro e nel nome suo riprendevano il duro cammino.
  Ma non solo in Persiceto, bensì ovunque si agitano le gravi questioni della libertà del lavoro, il nome di Fanin è diventato una bandiera e il martirio un impegno di coscienza. E così è nata l’idea di un'opera che ne fissasse il nome nel tempo.
  All’indomani dell’assassinio gli amici ed ammiratori si costituirono in Opera Nazionale pro Onoranze al Martire e fu accolta con entusiasmo la proposta di costruire in Persiceto la «CASA DEL LAVORATORE CRISTIANO G. FANIN». Ci si proponeva così di onorare il giovane sindacalista legandone il nome ad un'Opera imponente costituita da sale di ritrovo, ambulatorio medico gratuito, aule per l’istruzione professionale, cineteatro, sede di patronato; il tutto a servizio del lavoratore il quale troverà nella «sua» casa l’oasi in cui ritemprare le forze spirituali nella dura esasperante lotta quotidiana.
  Il 6 nov. 1949 è stata posta la prima pietra.
  L’impresa è ardua e le difficoltà finanziarie gravissime; ma gli organizzatori contano sulla comprensione di tutti gli onesti d'Italia: di quanti il giorno 5 nov. 1948 sentirono ribollirsi l’animo d'orrore e di sdegno nell’apprendere l’efferato delitto.
  Fanin è morto per la causa della libertà e quindi è morto per tutti. E tutti dovranno ricordare che se la battaglia sindacale sarà vinta nella terra che egli bagnò del suo sangue, questo sarà segno che la vittoria è vicina su tutto il fronte.