Elezioni con la truffa

Grida vendetta al cospetto della «cultura»

  Legge-truffa: ecco lo slogan dei compagni per l’ultima campagna elettorale.
  Legge truffaldina, legge ruba-seggi, governo ladro di poltrone, ecco le espressioni derivate dallo slogan legge-truffa con riferimento alla legge elettorale approvata il 30 Marzo '53.
  Corso Cairoli, facendosi portavoce di Via Botteghe Oscure, cominciò ad invocare il «referendum» sulla nuova legge elettorale.

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Fotografato a Massenzatico questo volo dell’aquila rossa. Un poema!

Attacchino rosso sfortunato

  Non è di tutti i giorni lo spettacolo cui hanno assistito alcuni cittadini di Quara l'ultimo giorno di Maggio del 1953.
  Il responsabile dei giovani comunisti del paese, armato di colla, pennello e manifesti, uscito di cellula, s'avviò quel giorno verso casa coll'intenzione di attaccare la «merce» che teneva sotto braccio, consegnatagli dal Partito, alle pareti domestiche.
  Ecco però che non appena il giovane attacchino si è messo fervidamente all'opera arriva suo padre a guastargli i piani.
  «No, tu alla mia casa non attacchi niente!», dovette dire il padre, mentre andava agitando a mezz'aria una frusta, disposto magari anche ad usarla per accarezzare le spalle del figliolo, se non l'avesse subito obbedito.
  Ma il «baldo garzone», vista la mala parata paterna, pensò più conveniente darsela a gambe levate e allontanarsi dal pericolo, abbandonando colla, pennello e manifesti.
  La fuga non durò molto, che il «nostro» si andò a rifugiare in cellula. Qui il «capo» pensò di mandare la «pia consorte» dal «cerbero-padre», al fine di farlo retrocedere dai suoi propositi reazionari. Però nonostante l’ammonimento di «incostituzionalità» dell’atto commesso ai danni del Partito, non c'è stato nulla da fare: la frusta continuava a restare salda nelle mani del padre dello sfortunato attacchino che preferiva rimandare «sine die» il suo lavoro.
  È importante, per altro, notare come il suddetto «padre dell'attacchino» non fosse di pelo... reazionario, dal momento che, fino a poco tempo addietro, si lamentava in pubblico della morte di Stalin, a suo avviso, vero «padre dei poveri».
  Il fatto si è che forse il nostro uomo era stanco di vedere insozzare i muri (specialmente questa volta che si trattava dei suoi).

Cavalieri della vigliaccheria

  È però sempre al piano o nella fascia pedemontana che accadono gli atti di intolleranza politica più sfacciata.
  Così ad Albinea alla metà di maggio scorso un folto gruppo di impavidi anonimi si scagliavano contro il giovane propagandista D. C. Aldo Marcucci di S. Pellegrino che ritornava dal lavoro, aggredendolo e bastonandolo a sangue. Perchè questo? Solo perchè il nostro Marcucci aveva il coraggio di proclamare piano e forte le sue idee. Già qualche sera innanzi il Marcucci era stato «fermato» ma, grazie alla sua prestanza fisica, si era sbarazzato di due che gli avevano sbarrato il passo; quella sera invece «i prodi» erano una «turba», e.... Così pure nella bassa, nei pressi di Bagnolo in Piano, oggi il Comune più rosso d'Italia come ieri era il più nero, si ebbero episodi del genere. Nel quinto anniversario della ricorrenza del 18 Aprile, una trentina di giovani di Bagnolo in Piano, che si recavano in città a sentire Pajetta, pensarono bene di dare prova del loro «entusiasmo politico» ingiuriando e percuotendo alcuni giovani cattolici che cantavano «Bianco fiore» e l'inno di Mameli.
  I giovani «pestati» hanno sporto denuncia alla competente autorità giudiziaria, chiamata a rendere giustizia sul fatto.

  Riportiamo il testo integrale della denuncia:

  I sottoscritti Laudino Enrico di Mario di anni 21, Landini Albino di Mario di anni 20, Bianchi Alfredo di Gustavo di anni 21, Fiaccadori Venanzio di Saulle di anni 24 e Simonazzi Rigo fu Luigi di 18 anni, tutti residenti a San Tommaso di Bagnolo in Piano denunciano alle competenti autorità i seguenti fatti commessi contro di loro.
  La sera di sabato 18 Aprile u. s. alle 20,30 circa, mentre in compagnia di alcuni loro amici percorrevano la provinciale Reggio-Novellara, in località Mancasale, sono stati fermati, aggrediti e percossi da un gruppo di persone, uomini e donne che apparivano capeggiati dai seguenti individui:

  1) Manicardi Olimpio di Adolfo, residente a Bagnolo in Piano, in località Frambole.
  2) Jotti Sereno, pure residente a Bagnolo in Piano via Beviera.
  3) Bagnoli di cui ignorano il nome, abitante a Pieve Rossa, Via Fornace (Bagnolo in P.); del nome di quest’ultimo non sono sicuri, ma l'individuo corrisponde ai seguenti connotati: altezza 1,80 circa, vestito con giacchetta color chiaro, col colletto di pelo, corporatura robusta, montava una bicicletta usata di colore rossastro.

  Così si sono svolti i fatti: i sottoscritti si dirigevano in gruppo verso Reggio e all’uscita di Bagnolo in Piano cominciarono a cantare gli inni «Bianco fiore» e «Va pensiero». Allora un folto gruppo di persone, una trentina, che apparentemente si dirigeva pure verso la città si dava a seguirli ed apostrofarli violentemente: «Son canti da cantare in Chiesa a San Tommaso»!
  I sottoscritti intonarono l'inno «Fratelli d'Italia» mentre dal gruppo venivano lanciati insulti e inviti a fermarsi a discutere, cui non fu ribattuto. Ad un tratto i primi del gruppo gridarono: «È ora di finirla, se volete ancora rivedere San Tommaso»! Il Landini Albino reagì gridando: «Non siamo più al 25 Aprile, è finita coll'uccìdere»! Di contro lo si offese di nuovo gridando: «Taci, perchè sei stato un fascista!», al che il Landini: «Meglio un fascista di allora di certi comunisti di oggi». Allora dal gruppo si staccarono i denunciati che sorpassati i sottoscritti costrinsero a fermarsi il Simonazzi e il Landini Albino. Mentre poi il gruppo sopraggiungeva e gli altri amici dei due fermati ritornavano sui loro passi, il Manicardi tentava di percuotere il Landini e l'individuo che crediamo si chiami Bagnoli lanciava la sua bicicletta come un proiettile contro il Simonazzi, che, cercando di evitarla, riportava una ferita al cuoio capelluto.
  Dal gruppo voci di donne continuavano a lanciare insulti contro i sottoscritti, ormai circondati, quando persone estranee sopraggiunte, cominciarono ad esortare alla calma e a proseguire ognuno per la propria strada come fu fatto.
  Pertanto i sottoscritti chiedono che si proceda a norma di legge nei confronti dei responsabili.

(Seguono le firme)

I falsi dell'aldiqua

  I comunisti si sono sbizzarriti con giochi fotografici a citare dei «presunti falsi» della «Mostra dell'aldilà». Noi, per fortuna, «aldilà» non ci siamo mai stati: però conosciamo i falsi dei comunisti dell'«aldiqua». Ecco una fotografia pubblicata in un opuscolo propagandistico preparato dalla Federazione reggiana del P.C.I. - La didascalia dei falsari comunisti dice: «Il Sen. Fantuzzi fra i contadini alluvionati della Bassa Reggiana».
  Poi c’è tutto un articolo di osanna a Fantuzzi per l’opera svolta a favore dei contadini, e particolarmente degli alluvionati. Ebbene: le facce che si vedono qui vicino a Fantuzzi sono tutte di Montecavolo e Puianello (paesi della collina!). Magica potenza dell'alluvione!...

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Il Sen. Fantuzzi riceve dal P.C.I. la potestà di appianare i monti.
Montecavolo e Puianello passano alla Bassa Reggiana (!).

Entusiasmo in declino

  I comizietti politici che i compagni organizzavano settimanalmente alla casa del popolo di Sassuolo andavano gradatamente perdendo la clientela.
  Se si dovesse fare un grafico dell'afflusso, prendendo come modello quelle colonnine che tanto piacciono alla Domenica del Corriere, si dovrebbe cominciare con dieci centimetri all'inizio della campagna elettorale, per poi scendere a due sotto le elezioni.
  La media registrata in questi giorni, è di circa 40/50 persone radiocomandate, le quali trascorrono l'ora del tormento con quella faccia rassegnata che è propria dei caffettieri quando loro si presenta una comitiva a chiedere un poco di acqua.

Carta e compagni increduli

  È venuto a Reggio l'on. Paolo Bonomi ad inaugurare i nuovi magazzini generali del Consorzio Agrario Provinciale, situati in Viale Fratelli Manfredi, nelle adiacenze del mercato boario. La facciata dei nuovi edifici era coperta in modo indegno di manifesti e di scritte inneggianti al P.C.I. e ai suoi fratelli di latte.
  Non sappiamo quale impressione avranno fatto all’on. Bonomi,
  Reggio e i suoi magazzini consorziali.... Fatto sta però che l’on. Bonomi avrà visto anche la scritta posta da gente di «altra sponda» che dice: «Il Consorzio Agrario ha costruito queste mura di pietre con due milioni di ore lavorative — il P.C.I. ha costruito il muro di carta con settanta ore lavorative — chi non è fesso giudichi! Ai posteri l’ardua sentenza!».
  Una graziosa scenetta si sono goduta coloro che stazionavano dinanzi al seggio N. 36 di Reggio Emilia, installato presso le scuole Monte Grappa, nel giorno delle elezioni. Il noto seminarista reggiano Maccaferri, che dalle file dei giovani dell'Azione Cattolica è entrato in seminario nell'anno 1951, si presentava col suo abito talare e la sua brava carta d'identità a compiere il suo dovere di cittadino elettore. Ma, ahimè, quando esibì la carta di identità che gli era stata rilasciata nel 1950, mentre ancora era rivestito di abiti borghesi, un «compagno» dal cipiglio severo, gli disse che «la carta era irregolare». Il Maccaferri soggiunse che la carta di identità era regolarissima e niente affatto scaduta e che non poteva essere irregolare per il fatto che nel 1950 egli portasse un abito e nel 1953 un altro! «Scusi — continuò il Maccaferri — lei è ancora vestito con gli abiti di tre anni or sono?».
  Lo scrutatore D.C. del medesimo seggio, visto che il «compagno» non riusciva a ragionare, disse: «Il Maccaferri lo presento io, perchè lo conosco bene come lo conoscono tutti costoro che stanno ridendo di quanto succede». Il «compagno», scrutatore-rosso, insistette nel dire che la posizione era «irregolare» e ci volle l'intervento perentorio del Presidente di seggio per troncare la vacua discussione che aveva già suscitato ilarità fra tutti i presenti.

Democrazia esagerata: votazioni per un funerale

  In località Rodano presso Massenzatico, è morta, tempo addietro, una vecchia madre di famiglia, di sentimenti profondamente cristiani (come moltissimi nostri avi, del resto) e che praticava sempre la Chiesa, quando le sue condizioni fisiche lo permettevano, s'intende.
  Certo che, se fosse dipeso da lei, i funerali si sarebbero svolti in forma religiosa; è però ridicolo pensare che i genitori comandino dopo morte, mentre, il più delle volte, non riescono neppure a comandare quando sono in vita. In casa c'è un figlio che nel comunismo «ha fatto fortuna».
  Costui, dunque, si è subito dimostrato ossequiente ai comandamenti russi e con lui anche altri della famiglia della morta.
  Una parte invece piegava per la religiosità del funerale. La defunta è sempre stata religiosa, nella famiglia mai sono state fatte cose in odio alla religione, quindi neppure in questa luttuosa circostanza tali cose si dovevano fare, sosteneva questa parte, che diremo «conservatrice».
  Ma le «sinistre» hanno controbattuto che oggi essere o dimostrarsi religiosi vuoi dire mettersi «contro il popolo» e la cellula. La «cellula» poi avrebbe dato gli aiuti necessari per un imponente funerale, sempre che fosse civile. Non accordandosi i membri della famiglia hanno poi deciso di fare una cosa mai vista da che mondo è mondo: una votazione funeratizia.
  L'esito di quest'ultima, sia pur di stretta misura, fu favorevole alle sinistre, capeggiate dal fortunato ex dirigente della, fortunata Cantina sociale rossa.

Chi ha fatto i brogli

  Non s'era ancora finito di votare che già i rossi parlavano di brogli elettorali.
  Naturalmente, a sentir loro i brogli li avrebbero fatti i clericali con alla testa preti, frati e suore. La realtà invece parla un ben diverso linguaggio. Domenica mattina, 7 Giugno, l'intraprendente signorina Maria Subellati, rientrata dal Piemonte per votare, si presentava, come un elicottero radiocomandato, alla sezione n. 8 di Villa Pieve di Guastalla e votava. E fin qui, nulla di anormale, nulla di strano: aveva fatto quello che le avevano detto di fare e nel modo preciso che le avevano insegnato di fare; ma il brutto venne dopo.
  Infatti, con aria ingenua, si ripresentava al seggio n. 8 tentando di votare per una di lei sorella inferma. Naturalmente era aiutata nella piccola truffa da un compiacente compagno di fede, per di più scrutatore, il signor Amieto Copelli. Ma il poco legale tentativo non ebbe esito felice: occhi aperti ed attenti videro tutto, e i due compagni furono denunziati.

Funerale alla Democrazia Cristiana

  Ma il colmo lo raggiunsero il 14 Giugno 1953 i compagni di Pratofontana, piccola frazione del Comune di Reggio.
  Un nutrito corteo di persone d'ambo i sessi s'incolonnava al centro del paese presso la «Cooperativa rossa» seguendo le fiammanti bandiere rosse abbrunate. «Uno dei soliti funerali civili», commentava la gente del luogo ormai avvezza a simili parodie funeratizio-politiche. No. Si trattava di qualcosa di diverso: Il funerale alla Democrazia Cristiana. Questo infatti era il recondito significato di quella silenziosa processione con bandiere rosse abbrunate; tanto è vero che il corteo s'arrestò nel locale cimitero. Non sappiamo se vi sia stato il Panegirico del morto né se siano state recitate le preghiere di rito; sappiamo solo che ci vuole un bel sangue freddo e un bel coraggio a profanare la memoria dei morti e ad esultare per un «morto»... che fino a prova contraria è molto più vivo e vegeto di loro. Bisogna pur tenere alto il morale ai compagni-allievi; bisogna pur far credere che si vince; altrimenti: pompa, pompa ma si sgonfiano!